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AlRawabi School for Girls è un racconto forse imperfetto, doloroso, ma necessario

Quello che mi accingo a raccontare potrebbe apparire come il solito teen drama dalle note femminili tra dispetti, innocenti cotte e i problemi scolastici. AlRawabi School for Girls è però molto di più. Innanzitutto ci troviamo in Giordania, Stato del Medio Oriente di religione in prevalenza musulmana sunnita e di nazionalità principalmente araba. Nonostante il respiro occidentale che appartiene non a caso anche ad Amman, la florida capitale economica, politica e culturale, numerosi e drammatici sono i riferimenti a certe forti tematiche legate al Paese.

Le protagoniste di entrambe le stagioni non sono altro che giovani studentesse del prestigioso liceo privato AlRawabi. Queste trascorrono le loro giornate a recitare la parte di vittime e carnefici a intervalli regolari, praticando un bullismo più esasperato (qui l’analisi dello stereotipo del bullo che diventa “buono” nelle serie tv). Sia Layan con Rania e Roqayya nella prima battuta che Tasneem con Hiba e poi Sarah nella seconda, partono per la tangente con atti piuttosto riprovevoli nonché violenti. Le vittime, così come possono essere Mariam prima e Farah poi, acquisiscono un’identità borderline, creata da svolte inaspettate e decisamente tragiche.

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Rania, Layan e Roqayya

Tra queste ragazze non esiste complicità

L’atteggiamento quasi antifemminista all’AlRawabi, camuffato dallo sfarzo rosa candido di divise e ambienti, rimanda al background familiare di ognuna delle ragazze. Queste, infatti, coltivano il sogno di libertà ed emancipazione dell’altra parte di mondo (qui una nuova serie che condivide alcune tematiche importanti). Tengono appesi manifesti di lotta contro le disuguaglianza nelle loro camerette, ma la realtà è ben diversa. Sono infatti immerse in un sistema che sembra più evoluto e quindi equo dei loro vicini di casa, ma scavando nelle loro profondità culturali ecco che tutti i nodi vengono al pettine.

Si tratta infatti di giovanissime donne che vivono sotto il potente giogo di padri padroni mascherati da influenti uomini all’avanguardia, ma non solo. Anche di madri che non possono far altro che essere le fedeli alleate dei mariti, seppur anche queste carismatiche e affascinanti agli occhi di chi le osserva fuori casa. Il loro margine di azione infatti è la diretta imposizione, sulle figlie, di ideali e proibizioni che i padri veicolano appunto attraverso le loro mogli. È infatti questo il modo in cui “si porta avanti una famiglia in quei luoghi”.

La consapevolezza della loro “potenza” sta nel fatto che sono uomini fortemente coinvolti nella società

Ciò li rende, per questa, quasi indispensabili. Basti pensare al padre di Layan che finanzia da anni l’AlRawabi ed è ben visto da insegnanti e genitori. A questo proposito, appare dunque evidente come non possa essere diverso il loro ruolo in famiglia. Anzi, semmai esacerbato e subdolo. Fanno rabbrividire le parole spese dalla madre di Roqayya, quando scopre che la figlia ha osato scoprirsi il capo e mandare un selfie ad un ragazzo sconosciuto. Così come l’atteggiamento iracondo della madre di Mariam dopo aver creduto che la figlia avesse molestato le sue compagne. Per non parlare della disperazione e della collera di quella di Sarah, dopo essere venuta a conoscenza del suo incriminante video.

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Mariam

Fa tanta rabbia e tristezza, in AlRawabi, la condizione di tutela in cui vengono posti i responsabili del più feroce patriarcato

Gli stessi responsabili spalleggiati da quelle consorelle che dovrebbero combatterlo con ferocia ogni giorno. È dunque per questo che le nostre protagoniste covano dentro così tanto astio e aggressività. Non hanno mai conosciuto l’amor proprio e la più pura e reale autostima. Non a caso, mi riferisco soprattutto alle reginette della scuola, che sembrano raccontarci tutt’altro della loro personalità. Nessuno, sin da piccole, ha insegnato loro a essere davvero persone indipendenti, confidenti nelle proprie qualità e a lottare per far sentire la propria voce.

Coloro che incassano i colpi hanno il medesimo loro vissuto. Tuttavia, rimangono sottomesse a ulteriori punti deboli come può essere la mediocre condizione economica, il limitato fascino estetico e una maggiore sensibilità agli eventi che le circondano. In ALRawabi era dunque scontato che, in disseminati momenti cruciali, le succubi impugnassero le armi e agissero alle spalle di chi le aveva colpite in tutto quel tempo. Rincarando il più delle volte le dosi. Gli strumenti utilizzati non potevano che essere in prevalenza i social media (qui un articolo su social e serie tv), i quali però non smettono di accompagnarsi comunque al cattivo vecchio sgambetto, agli spintoni, agli insulti e alle offese più spinose.

Tuttavia il risultato finale della storia non cambia

Che si tratti di scrivere a una compagna con il profilo falso di un ragazzo, di conquistare la tanto agognata fama su Tik Tok o di cadere nella trappola di un depravato da tastiera, non fa differenza. A queste operazioni si annettono infatti le condivisioni virali, i commenti degli haters, gli hackeraggi e quindi la corruzione della reputazione delle persone. Questo discorso diventa universale in quest’epoca in cui chiunque si affaccia in un mondo iperconnesso ma individualista, indipendentemente da età, provenienza, genere e religione. La sua inafferrabile pericolosità viene in AlRawabi permeata attraverso gli apparenti drammi adolescenziali, che celano però tanta verità e senso di colpa.

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Hiba, Tasneem e Farah

Quest’ultimo in Alrawabi è il destino che spetterà per sempre a Mariam

La ragazza, dopo aver subito i soprusi più sgradevoli, svilupperà infatti una vendetta così accanita che diverrà poi irreversibile. Con lo stesso telefono con cui aveva messo nei guai Roqayya poco prima, invierà la posizione di Layan al fratello furioso. Niente di compiuto c’era ancora stato tra lei e il ragazzo che frequentava da poco. Eppure, non poteva che ricevere una sentenza di morte da colui che possedeva il suo stesso sangue. E, ahimè, Layan non rimarrà l’unica vittima, a dimostrazione che la storia si ripete senza remissione di peccato.

Anche la dolce Farah, mai carnefice e sempre vittima delle ipocrisie della cugina Tasneem e del linciaggio perpetuo di un’esaltata Hiba, non farà una fine diversa. Nella seconda stagione, infatti, colei che avrà la peggio rimarca non poco le deleterie conseguenze dell’essere invisibile per le persone a lei vicine. O meglio, del venire notata soltanto per essere messa alla berlina e non avere alcuno spazio per dar adiro ai propri talenti. Farah voleva soltanto cantare una canzone allo spettacolo di fine anno. Voleva dimostrare al micro-mondo scolastico e alla famiglia che sapeva farlo bene e che in maniera decisamente latente ne sapeva essere anche fiera. Tuttavia, non gliel’hanno permesso e qui la colpa non può ricadere soltanto sulle compagne. Questa ricade sui genitori assenti, sugli insegnanti e su tutti gli adulti che non le sono mai davvero venuti incontro, abbagliati solo dal mantenere la condotta ammessa dalla loro legislazione.

Non c’è niente di più tragico di un giovane che sceglie di recidere il suo contratto con la vita

Un’anima malleabile che decide mettere un punto in un momento in cui non può essere in nessun caso tanto maturo e consapevole della sua stessa esistenza, da padroneggiare una delibera così atroce. Può significare soltanto che è abbandonato a se stesso, subissato da una solitudine assordante e priva di soluzione. Ecco come il protagonismo di Sarah, che ha cercato in tutti i modi di essere accettata dalle più popolari, così come il suo infelice caso di revenge porn (qui una serie che tratta approfonditamente il tema), passino inevitabilmente in secondo piano. Questo non significa assolutamente che possiamo facilmente dimenticarci di quest’ultimo. Tuttavia, la risposta sta nel fatto che nonostante il suo opprimente trascorso, si sia ritrovata a essere irrimediabilmente complice della brutta sorte di Farah.

Sarah

Pertanto, tutto sembra così intricato ma trasparente da rendere AlRawabi delicata e impattante nel panorama seriale

Malgrado la fotografia tenue e la scrittura macchinosamente teen, le storie che racconta la serie segnano in profondità chi le guarda e aprono vasti argomenti di discussione. Dietro una talvolta ingessata interpretazione, queste giovani attrici portano alto il nome delle loro origini e delle idiosincrasie da cui queste sono intrinsecamente macchiate. Se non l’avete ancora fatto, dunque, cedete alla scelta di questo toccante show di Netflix, fitto di messaggi che non possono essere facilmente deducibili previo un loro approfondimento.

Detto ciò, quando ultimamente ci imbattiamo in prodotti che spesso ostentano una lotta femminista alle volte estremizzata e dai tratti illeciti, siamo giustamente scettici. Qui i messaggi diffusi risultano non poco ridondanti e parecchio anacronistici per il pubblico a cui sono rivolti, spesso per il contesto sociale in cui sono ambientati. Gli ideatori dovrebbero dunque affinare il target di riferimento, puntando tanto alle donne quanto agli uomini. AlRawabi ci mostra quali sono queste realtà e come, dietro le più false patine di progresso, si nascondano ancora molti ostacoli elusi e un irrisorio desiderio di superarli col fervore del cuore.