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I fantasmi di American Horror Story si preparano a dirci addio

  1. “Cerchiamo di non dare nell’occhio e mescoliamoci ai fantasmi“.

Ecco l’espediente cui si sono ridotte le protagoniste di American Horror Story 6 per sfuggire ai dannati spettri che saltano fuori e cercano di ucciderle proprio nei momenti in cui, guarda caso, manca un elemento che scuota la situazione.

In effetti potremmo dire che ormai i fantasmi di My Roanoke Nightmare abbiano assunto quasi la stessa funzione degli zombie in The Walking Dead: complicare il gioco mentre i personaggi sono impegnati in tutt’altre faccende. Perché, questa nona puntata ce lo conferma una volte per tutte, a fare paura nella sesta stagione di AHS non sono i mostri, sono i media.

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Ma andiamo con ordine…

Episodio 6×9: fantasmi del tempo e
fantasmi del web

Dopo il reality show e l’audience televisivo, ora American Horror Story ci presenta l’ennesimo fenomeno mediatico (e stavolta si tratta di quello più moderno e virale): nel nuovo episodio conosciamo infatti tre giovani blogger che, beffandosi del pericolo, si sono avventurati a Roanoke in cerca di notizie interessanti da postare sul loro sito; com’è ovvio ben presto si trovano in un mare di guai, a cominciare da un infelice incontro con l’anima vagante di Diana Cross (la ricordate? Si tratta dell’ex assistente di Sidney, scappata dal set dopo aver capito che qualcosa di molto losco stava per accadere e poi misteriosamente uccisa).

Lo spettro mostra loro il proprio cadavere in putrefazione, cosa che naturalmente sconcerta questi ignari blogger venuti in cerca di guai… A onor del vero, però, va detto che non se la danno a gambe e anzi decidono di raccontare alla polizia l’accaduto (rispondendo così alla richiesta di aiuto dello spirito di Diana: se la storia della sua morte verrà alla luce, lei potrà forse ottenere giustizia o almeno riposare in pace).

Peccato che tra fantasmi e assassini a Roanoke le cose raramente vadano come dovrebbero, infatti i poliziotti non trovano traccia del corpo della giovane donna e scacciano i tre poveretti in malo modo.

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A questo punto i tre potrebbero ancora salvarsi la pelle, se avessero compreso la lezione e fossero pronti a lasciare per sempre l’isola maledetta: ma no, il desiderio di realizzare un documento visivo che sveli agli utenti del loro sito la realtà di Roanoke è ancora troppo forte (si sentono in dovere di dire al mondo la verità oppure vogliono semplicemente diventare famosi immischiandosi in un vicenda scabrosa?), perciò continuano a girovagare per i boschi durante la notte e, com’era prevedibile, vengono ammazzati uno dopo l’altro.

Beh, credo che la loro sorte debba farci riflettere su una questione importante, ossia la differenza tra la missione sacra del giornalista che smaschera inganni e scandali (come quella che si propone di compiere Lana Banana in Asylum, girando un servizio sulle condizioni terribili dei pazienti del manicomio) e la pura stupidità, l’inutile smania di andare a ficcare il naso in faccende che non si capiscono.

I tre blogger, pur animati dalle migliori intenzioni e, ammettiamolo, da una certa dose di coraggio, rischiano di incarnare quest’ultimo aspetto: il web consente a chiunque di diventare reporter di ogni tipo di cronaca, ma non tutti possiedono i mezzi e il cervello per farlo.

Che i nostri sventurati amici fossero destinati a morire era evidente, ma quello che forse può stupire lo spettatore è l’identità dell’assassino: perché a massacrarli è niente meno che Lee, la giusta, integerrima ex poliziotta sopravvissuta al fratello Matt (dal momento che a differenza di lui ha gli attributi).
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Per quale motivo Lee se la prende con tre persone innocenti? Per trovare la risposta dobbiamo fare un piccolo passo indietro e tornare all’inizio dell’episodio: già, perché mentre i blogger intrattenevano gli agenti con il racconto del cadavere trovato nella foresta, Audrey, Lee e Dylan cercavano di raggiungere la casa dei Polk per distruggere il filmato che ritrae la morte della madre.

E qui assistiamo alla scena che mi ha fatto pensare alla frase con cui ho aperto la recensione: innanzitutto Dylan viene trucidato da Ishmael Polk, ma ormai siamo abituati alle carneficine e non ci facciamo più caso, poi le donne riescono a fuggire e a disperdersi nel bosco confondendosi nell‘orda di fantasmi arrabbiati che le assale.

Vediamo dunque come i fantasmi siano trattati alla stregua di un branco di pecore ignoranti, accecate da un odio che non si sa bene da dove derivi: se nelle scorse puntate abbiamo avuto occasione di ammirare il libero arbitrio di alcuni spettri presi singolarmente (la capacità di negoziazione della Macellaia, l’iniziativa di Edward Mott, la determinazione del figlio di Thomasin e il sentimento della bambina fantasma che ha salvato la piccola Flora), se considerati in gruppo anche gli spiriti diventano una folla inconsapevole.

A questo punto però entra in gioco Scathach, che prende possesso del corpo di Lee e la porta a uccidere. Ecco spiegato l’inghippo!

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L’assatanata Lee e la vera Thomasin sono pronte a completare la loro strage ammazzando anche Audrey, che riesce però a sopravvivere miracolosamente sino alla mattina dopo, quando sulla scena arriva (finalmente!) la polizia.

La nostra Audrey, la stella dello show, è quindi pronta a regalarci il suo canto del cigno, la migliore delle interpretazioni: credendo che Lee sia ancora posseduta dalla diavolessa prende la pistola di un agente e cerca di spararle, però viene fermata e a propria volta uccisa dalla polizia stessa.

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Insomma, American Horror Story ci sta preparando un finale grandioso… Avevamo detto che uno dei personaggi del reality sarebbe sopravvissuto, e se vi siete fatti due conti sapete anche di chi si tratta.

Tra fantasmi “veri” e fantasmi del web questa straordinaria stagione si sta dunque avvicinando all’epilogo. Eppure tutto può ancora accadere.