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Che bella Becoming Karl Lagerfeld, peccato per il finale

Attenzione: evita la lettura se non vuoi imbatterti in spoiler di Becoming Karl Lagerfeld

È uscita il 7 giugno 2024 su Disney+ e a pochi giorni dal debutto, Becoming Karl Lagerfeld, può contare già un successo enorme (e non è la sola, qui per approfondire i successi di giugno). E il motivo è che è molto bella, ben scritta e soprattutto magistralmente interpretata. Non solo da Daniel Bruhl, da cui onestamente non ci aspettavamo niente di meno, ma anche da Theodore Pellerin, il malizioso e insicuro Jacques. Becoming Karl Lagerfeld, come suggerisce il nome, è la storia che sta dietro al successo dello stilista Karl Lagerfeld, di come ha dato vita alla sua firma parigina ma anche di come è diventato l’uomo che è stato. L’uomo della moda, ma anche l’uomo fragile e malinconico, in continua rivalità con Yves Saint Laurent, ma anche un po’ con se stesso.

Becoming Karl Lagerfeld fa un ottimo lavoro di narrazione temporale e cronologica, che non confonde e che, anzi, aiuta molto nella comprensione di alcuni processi fondamentali per conoscere i passaggi dietro l’ascesa del brand.

L’idea vincente, nella serie tv, è sicuramente quella di aver posto l’accento sull’uomo più che sulla sua carriera. Sulle insicurezze di Karl, più che sulle sue mire avveniristiche. La scelta di concentrare l’attenzione sulle sue emozioni ci porta a empatizzare con lui, in modo genuino e onesto. Capendo anche come ha fatto a diventare Karl Lagerfeld.

Becoming Karl Lagerfeld

Becoming Karl Lagerfeld è ben strutturata, suddivisa in sei episodi molto densi ma allo stesso tempo mai confusionari. Daniel Bruhl (recentemente sul piccolo schermo anche con The Alienist) fa un lavoro sulla mimica del grande stilista che va oltre qualsiasi finta imitazione; riesce, infatti, a restituirci magnificamente un senso di inadeguatezza e di forte malinconia che ha sempre accompagnato il personaggio, anche all’apice del suo successo. Il lavoro sulla persona di Karl da parte di Bruhl è un lavoro certosino, attento al dettaglio e assolutamente coerente. Conosciamo grazie a lui, molti per la prima volta, l’uomo che si nasconde dietro la spavalderia necessaria per vivere nel mondo della moda. E soprattutto veniamo a conoscenza di quella disputa con Yves Saint Laurent che molti non avrebbero mai pensato fosse così predominante.

È attraverso questa continua lotta tra i due, che nasce un amore profondo, che si delinea lungo l’intera serie Becoming Karl Lagerfeld, ed è questo l’espediente che permette alla narrazione di essere molto tensiva, molto ritmata e mai noiosa.

Becoming Karl Lagerfeld, infatti, in generale è una serie tanto movimentata, i colpi di scena non mancano e i momenti di suspence sono ciò che delineano i vari salti temporali a cui assistiamo. Il risultato sono sei episodi più che godibili, appassionanti e divertenti.

Poi succede qualcosa. In una frazione di secondo, proprio quando pensavamo di essere soddisfatti. Dopo un’intera serie quasi perfetta, una narrazione lineare e coerente con se stessa. Ma soprattutto dopo una scena finale piena di tensione, piena di pathos, piena di aspettative. Arriva il finale. Per meglio dire, arrivano gli ultimi trenta secondi di puntata, perché definirlo finale ci sembra addirittura strano. Siamo in quel momento della storia in cui la tensione sembra allentare, in cui sembra andare tutto per il meglio, Jacques e Karl sono insieme e l’irrequietezza dell’uno pare essere placata dalla soddisfazione dell’altro. Ma sentiamo che qualcosa non va, perché sappiamo che non può durare (certamente complice il fatto che conosciamo benissimo quale sarà il futuro di Karl).

Becoming Karl Lagerfeld

E quindi ci aspettiamo che accada qualcosa, così come la serie ci ha abituati, ci aspettiamo un colpo di scena che sia impattante, conclusivo, uno di quelli che si ricordano. Uno di quei finali di cui si parla per settimane. E invece, letteralmente non succede niente.

Uno sguardo, una telefonata, un documento via fax. La richiesta di ingaggio da parte di Chanel. Un altro sguardo, fine. Perché non ci basta? Perché non è il finale ideale di Becoming Karl Lagerfeld?

La risposta pare abbastanza ovvia: Becoming Karl Lagerfeld (qui per leggere la nostra recensione) ci abitua, da subito, a un ritmo incalzante che ci porta a guardare tutti e sei gli episodi di fila. Tutti d’un fiato e senza sosta. Gli ingredienti principali di Becoming Karl Lagerfeld sono l’amore, la passione, la moda (qui per farvi suggerire altri prodotti sulla moda) e l’insicurezza. Tutte cose che, se mescolate bene, creano una storia appassionante e soprattutto in grado di tenere lo spettatore sulle spine. Per tanti motivi. Becoming Karl Lagerfeld è un cambiamento continuo, sia in senso lato che in senso letterale; il protagonista viene analizzato anno per anno, mentre modifica il suo stile di vita, le sue relazioni, il suo approccio al lavoro. Cambia città, cambia look, cambia atteggiamento. Becoming Karl Lagerfeld è una serie che racconta molto il cambiamento, come era intuibile dal titolo stesso.

Perché parla di un uomo che di chiama Karl Lagerfeld ma che lo diventa davvero solo attraversando una serie di sfide personali.

E tutto questo crea inevitabilmente una tensione narrativa da non sottovalutare, anzi. È proprio quest’ultima a rendere Becoming Karl Lagerfeld tale. Il motivo per cui non ci basta quel finale è che smorza l’entusiasmo che crea dalla prima puntata. Ci porta fino in cima e nel momento della discesa folle, ci fa scendere dalla scala d’emergenza. Togliendoci tutto il divertimento.

Becoming Karl Lagerfeld

Non che questo pregiudichi l’intera serie, chiaramente non si può cancellare il magnifico lavoro che è stato fatto e che comunque ci fa apprezzare il prodotto nella sua interezza. Ma rimane un po’ di amaro in bocca per la mancata chiusura che, invece, avrebbe potuto essere il coronamento di sei episodi splendidi. Quello che viene un po’ spontaneo pensare è che sia stato fatto appositamente per lasciare il finale il più aperto possibile. Il problema, in questo senso, è che si sarebbe potuto fare in ogni caso ma lasciando qualcosa in più allo spettatore. Perché il punto è proprio questo: il problema della mancata chiusura è sicuramente legato a una coerenza della narrazione ma è anche molto legato alla percezione dello spettatore di questa narrazione.

Se Becoming Karl Lagerfeld fosse stata da subito una serie con un ritmo lento, magari più ragionato, con meno alti e bassi, probabilmente non ci avrebbe dato così fastidio quel rallentamento di tensione.

Anzi, lo avremmo trovato perfettamente in linea. Invece, anche se la scrittura di Becoming Karl Lagerfeld è sicuramente molto razionale, la sua è una storia troppo turbolenta ed emozionante per quel finale.

C’è un aspetto importante da chiarire: la fine del sesto episodio non si riferisce assolutamente alla fine della storia di Karl Lagerfeld. Anzi, al contrario, dovrebbe darci proprio l’idea di un inizio. Ma, tirando un po’ le somme, questo nuovo inizio è stato forse troncato troppo di netto. Considerando, di nuovo, la bellezza della serie Becoming Karl Lagerfeld e la sua struttura, non si può che fare un plauso agli sceneggiatori e ai creatori Isaure Pisani-Ferry, Jennifer Have e Raphaëlle Bacqué che hanno fatto un lavoro di rifinitura sui personaggi e sulla storia in sé, da tenere in considerazione. Ed è in quest’ottica che dispiace molto per la conclusione, su cui si creano inevitabilmente tante aspettative. Ma forse il problema è un po’ anche questo; potrebbe essere vero che, in qualche modo, tendiamo troppo a giudicare un prodotto dall’effetto sorpresa, dalla sensazionalità estetica e narrativa.

Becoming Karl Lagerfeld

Forse, e questo si intende anche solo in modo provocatorio, siamo abituati ad alzare le aspettative in un mondo saturo di prodotti che non ci sorprendono più.

Forse la sensazionalità di Karl Lagerfeld, e quindi anche di Becoming Karl Lagerfeld, sta proprio nello scorrere lento del cambiamento. Nell’eccezione che non fa altro che confermare la regola. E chi può insegnarcelo meglio di Karl Lagerfeld.

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