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Perché dovreste iniziare Code Black

CODE BLACK

Sui monitor della reception lampeggia un segnale.

In apparenza scontato, quasi automatico, un improvviso caos che si alterna ad una temporanea pace, così banale, così scontata.
Basta voltarsi alle proprie spalle per far sì che i rumori, le voci e lo spazio diventino più stretti, opprimenti, ingestibili e che l’aria pian piano acquisti nitidezza e profondità.

CODE BLACK

imminente.
Tutto, improvvisamente, diventa imminente. Quasi a voler travolgere anche te, che sei lì, uno spettatore che non dovrebbe far altro che osservare e che invece non può smettere di pensare di dover fare qualcosa.
Coprirsi le orecchie non è sufficiente, quel suono ormai è dentro la tua testa, non riesci a farlo smettere.
Continua ad essere codice nero, per tutti, anche per te, che dovresti essere lì solo per osservare.

Ed è così che cominci a viverlo.
È così che la quiete si frantuma, in un terribile istante che precede l’esplosione dei sensi. In un attimo, basta voltarsi per ritrovarsi immersi in un vero e proprio campo di battaglia, dove quel segnale luminoso e rumoroso sugli schermi dei computer della reception non prevede un qualcosa, ma lo sottolinea.

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È da quel segnale luminoso che prende il via la puntata.

Una qualsiasi puntata.

Da uno stimolo visivo semplice, da cui Code Black non può che prendere il nome.

Iniziare Code Black significa accettare di entrare una volta a settimana in una dimensione temporale parallela, dove il tempo è fondamentale ma non può che essere finto. Dove siamo costretti a trattenere il fiato ed iniziare un inevitabile countdown…

10…9…8…7…

Si inizia così.
Nel pronto soccorso dell’Angels Memorial Hospital.

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Questa è la fase in cui le storie hanno inizio e cominciano ad avere importanza, abbiamo appena iniziato a trattenere il respiro e come se fosse un’automatica conseguenza, i battiti aumentano e gli occhi seguono i movimenti rapidi, rumorosi e al tempo stesso raffinati che si susseguono nella scena.

I pazienti non sono solo pazienti, come sempre; come sempre siamo stati abituati a considerarli in anni e anni di madical drama. Ma qui c’è qualcosa di diverso, c’è una sommessa sofferenza di fondo su cui la trama poggia e avanza.
Code Black è un attimo della nostra vita, che ci racconta ogni episodio, scavando sempre più a fondo, frammenti di vite altrui. Quelle dei pazienti, ma soprattutto quelle di chi i pazienti li cura.

…6…5…4…

Non c’è tempo per cercare di capire cosa succede.

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La narrazione è dinamica, veloce. Le uniche cose certe sono legate al luogo in cui i protagonisti si trovano e quello che devono fare.
Nel pronto soccorso più affollato di Los Angeles, Leanne Rorish con la sua equipe medica accoglie i pazienti più gravi cercando di evitare l’inevitabile.
L’aspetto che per primo colpisce è appunto la velocità: non permette allo spettatore di rendersi conto di ciò che sta succedendo, lo trasporta improvvisamente nel vivo dell’azione senza neanche chiedere il permesso.
Nei primi minuti di puntata il passato non esiste, i sentimenti non esistono, l’unica cosa che può essere vista è il futuro, non c’è tempo per ricordare, in quei pochi attimi in cui assisti al primo intervento su un paziente non puoi far altro che osservare inerme.

…3…2…

L’Angels Memorial è Leanne Rorish.

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È lei ad avere sempre una visione completa di ciò che sta per accadere. Ha negli occhi la solita romantica sofferenza di chi ha visto la propria vita andare a fondo.
Tiene le fila del pronto soccorso in cui è (ri)nata ed è la persona di cui tutti hanno bisogno.
Sa sempre cosa fare ma non sempre riesce a sopportarlo, a quello pensa Jesse, o meglio, mama, l’unico infermiere e in generale, l’unica persona che mantiene stabile l’equilibrio interiore di Leanne, che non a caso è da lui soprannominata daddy, come a voler consolidare il loro rapporto, che non poche volte viene messo a dura prova.

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I must be about to die because you are going to say something touchy-feely

Non sono gli unici a portare Code Black su un piano del tutto umano. I rapporti che si creano tra tutti i personaggi che intravediamo agli inizi si evolvono, a volte, in maniera del tutto inaspettata.

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…1…

Ad un passo dalla fine sono inaspettate anche le trame.

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Quando tutto sembra rimettersi a posto e possiamo finalmente concentrarci sui dettagli e sfogare i nostri sentimenti nella maniera più naturale e ovvia possibile.
Code Black è uno spazio che diventa necessario, una nicchia di cui abbiamo bisogno. Un luogo che ci permette di esplorare storie mai viste, e trame che invece conosciamo benissimo. Qui possiamo, e siamo costretti, ad affrontare le nostre lacrime, in ogni puntata.
Come prendersi un momento per essere soli, senza esserlo realmente, e riflettere.
Perché è questo che ci permette di essere salvi e di salvare gli altri.

…0!

La fine.
Quel momento in cui cominci ad essere consapevole che la realtà sta pian piano riaffacciandosi timida intorno a te.

Tutte le storie, o quasi, cominciano a concludersi e quel senso di malinconia mista a tristezza si sta trasformando in un finale che vede scorrere dentro di te e sul tuo volto un flusso di lacrime in apparenza inarrestabile.

È questa la fine, non quella decisiva, non quella che porta alla conclusione di una stagione, è soltanto una fine, la fine di una puntata. La fine di un altro meraviglioso capitolo di Code Black.

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Il momento perfetto in cui quel segnale luminoso smette di lampeggiare e noi finalmente possiamo smettere di trattenere il fiato e riprendere a respirare.

Ed è così che cominci a viverlo.
È così che la quiete si frantuma, in un terribile istante che precede l’esplosione dei sensi. In un attimo, basta voltarsi per ritrovarsi immersi in un vero e proprio campo di battaglia, dove quel segnale luminoso e rumoroso sugli schermi dei computer della reception non prevede un qualcosa, ma lo sottolinea.

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