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Le tre favole della buonanotte di Everwood

L’aggettivo più frequente che si può porre su Everwood è “rassicurante”: sai come andrà a finire, ma non per questo smetti di vederlo, anzi, forse proprio per quello non smetti. I riferimenti classici sono molti, ma sapere già la fine della strada ci permette di goderci molto meglio il percorso, e il percorso di Everwood è ricco di piccole gemme che saltano fuori quando meno te lo aspetti.

Una di queste sono le storie nelle storia, presenti in questa soap series come in ogni bel romanzo che si rispetti. Per dirla in altro modo, in Everwood troviamo delle piccole favole, di quelle che potremmo raccontare ai nostri piccoli per la buonanotte lasciandogli un messaggio positivo. Per voi ne ho scelte tre, con la prima un po’ più dura delle altre, dando loro un titolo e spiegando in brevissime didascalie, dove servisse, il contesto

L’ESEMPIO – (Dr Brown e Dr Abbott, allo studio del primo)

A: “Quando ci incontrammo qui disse di conoscermi”

B: “Forse eravamo vicini di culla” (con un sorriso)

A: “Già, bella battuta! Invece ci conoscevamo eccome: finivo il mio tirocinio in ospedale e lei arrivò! Il mio volto non le era nuovo, ma niente di più; invece per lei, era diverso! Eravamo tutti consapevoli di essere al cospetto di qualcuno molto più grande di noi: eravamo come la squadra di basket del liceo con Michael Jordan. Il primario descriveva ogni sua nuova sfida, rodendosi dalla gelosia, credo la odiasse…”

B: “Davvero? Ero convinto di piacere a Doug!”

A: “Oh no…. La odiava! Conoscendola capì che nella sua carriera non sarebbe mai stato straordinario; incontrandola, disse addio ai suoi sogni di grandezza, e non è stato l’unico…”

B: “Quindi lei voleva diventare…

A: “Un chirurgo, sì! Ce l’avevo quasi fatta quando scoprii che le mie mani… non erano adatte per quel mestiere […] ma LEI! Lei è un uomo che ha avuto un dono molto più grande di lui, oserei dire perfino più grande del suo smisurato e inguaribile ego…. sempre che questo sia possibile… I genitori di Colin non sanno chi è lei, ma io lo so, io lo so; gli Hart non sanno quello che può fare per loro figlio, hanno una paura matta di sbagliare, ma io lo so, e lo sa anche lei, che ha il dovere di compiere il miracolo, glielo deve a quel ragazzo, non si può ricevere un dono prezioso come il suo e poi non regalarlo a Colin,  a suo padre e a sua madre e alla mia… mia… povera bambina col cuore spezzato, lo deve a chiunque nell’universo abbia deciso che sarebbe diventato il Leonardo della medicina, basta girarci intorno, lei è in debito con me”

IL REGNO DEI DUE RE – Tanto tempo fa, in un regno lontano, vivevano ben due re, non uno solo. Uno che non sapeva cosa aveva, e l’altro destinato a ricordare quello che aveva perso. E c’erano un impavida gigantessa e uno spiritello dei boschi che amavano giocare con le loro ombre, la luce della luna illuminava i loro occhi. C’era addirittura un mago che sapeva bene come addomesticare le creature selvatiche. E un bellissimo principe e una splendida principessa che ignoravano che di li a poco i loro destini si sarebbero incrociati. C’era l’adorabile sempliciotto con il suo bicchiere di vetro soffiato, ma c’erano anche altri in questo luogo distante e non dissimile del posto che conoscevate da bambini, dove i racconti venivano narrati e le leggende scritte. È possibile che il vero nome di questo reame non sarà mai più pronunciato e che ormai sia stato spazzato via dal tempo e dalla memoria? Quello che so è che tutte quelle creature fatate l’hanno sempre chiamato in un solo modo…casa.

 E poi lo ammetto, c’è la mia preferita, forse a metà tra le due, con un piccolo cuore di sofferenza dentro il testo di una vera e propria favola, tanto più bella perché poi sfocia in una vita “reale”. Un uomo spiega in un processo perché sta costruendo un faro, di quelli da porto, grandissimi, nel giardino di casa sua, quando Everwood dista oltre 15000 km dal mare

IL FARO – Non sono bravo a parlare: ho sempre amato vivere in questa città, come ho sempre amato scendere ogni giorno sottoterra e lavorare in miniera, non lo so perché, ma è così…. Mia moglie, Milly, forse qualcuno di voi la conosce, ha sempre avuto altri progetti, avrebbe desiderato viaggiare, ma soprattutto vivere in una città sul mare, sulla costa, da qualche parte dove al tramonto possa correre sulla spiaggia e far volare un aquilone, un posto…dove ci sono i gabbiani, i cormorani, e… un grande faro, in cima alla scogliera, che ci dica che siamo a casa! “Portami là!”, è questo che mi disse la notte che accettò di sposarmi, e io glielo promisi, però….. non ho mantenuto la parola, non l’ho mai fatto,! Lei non me l’ha mai fatto pesare, perché sa quali sono le cose che amo, e così in tutti questi anni non ho mai portato Milly a vivere… in una città sul mare, con la spiaggia, i gabbiani e un grande faro in cima alla scogliera… ma dal momento che è rimasta per 15 anni con me ad Everwood, il minimo che io possa fare, è portare il profumo del mare proprio qui… da lei…

MORALE DELLA FAVOLA – Everwood mescola sapientemente zen e religione nei loro principi più elementari: esistono principi che valgono più di una vita, bisogna saper fare un passo indietro, sprecare i propri doni è un sacrilegio, bisogna mettere l’energia al servizio degli altri e così via. Si accetta il dolore presente nell’attesa della felicità futura, che sia in questa o in un’altra vita ed è questo a rendercelo indispensabile: in fondo, tutti noi abbiamo bisogno di qualcosa che ci ricordi che andrà tutto bene…