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Male e paradosso fra la neve di Fargo

La serie “Fargo” dei fratelli Coen ha sfornato finora due stagioni di grande successo, non solo di pubblico ma anche di premi ottenuti (si pensi che la prima stagione ha trionfato addirittura su “True Detective“); vedendole non c’è dubbio: si tratta di piccoli capolavori. Le due stagioni sono legate non da una trama comune, ma da diversi fili conduttori: ci concentriamo in particolare su quello del “male” e quello, ad esso legato, del paradosso.

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Lorne Malvo

Come è noto, la struttura portante della prima e della seconda stagione in relazione ai personaggi è profondamente diversa: infatti, a rappresentare l’antagonista nella prima c’è un solo soggetto, nella seconda il male spazia su più fronti e quindi su più individualità. Partendo proprio dalla seconda stagione, siamo di fronte a due filoni molto differenti che però inevitabilmente si congiungono: da un lato la malavita di Fargo (la famiglia Gerhardt) e di Kansas City, in lotta gli uni contro gli altri, dall’altro i più insospettabili criminali del paese Luverne (MN), Peggy e Ed Blumquist. Costoro sono infatti all’apparenza persone normali, ma ben presto emergerà una insana follia sia (e soprattutto) in Peggy che in Ed, la cui incapacità di imporsi con la moglie sarà elemento condizionante per molte vite. Si pensi alla assoluta freddezza con cui Peggy, dopo aver investito Rye Gerhardt, prosegue la strada verso casa con il corpo dell’uomo infilato nel parabrezza e si comporta come se nulla fosse accaduto; o ancora alla scientifica macellazione dello stesso Rye ad opera di Ed: entrambi, che sembrano persone “ordinarie”, fanno tutto tranne quello che definiremmo ordinario. A questo proposito nasce il paragone con Lester Nygaard della prima stagione: se le premesse sono diverse, è invece chiaro che Lester rappresenti, come i coniugi Blumquist, un soggetto ingenuo, timoroso, ordinario che si ritrova ad essere quasi un “cattivo” e, in virtù di questo cambiamento, un “vincente“. Ed è proprio questo il collegamento fra le due stagioni, il paradosso di cui si parlava: l’ultimo degli ultimi diventa colui che primeggia e sconfigge coloro che si ritengono i veri maestri del vivere senza regole, per finire a sua volta sconfitto dal destino (Lester) o dalla legge (Peggy).

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Peggy e Ed Blomquist

Tornando alla seconda stagione, e parlando dell’altro filone, la mafia (locale e non) dimostra di essere un male disposto a tutto pur di ottenere profitto o di mantenere il predominio del territorio: sia per la morte di Rye che per l’ictus di Otto si scatena una faida tra le due “associazioni mafiose” che porterà ad una quantità incredibile di morti; in questo fenomeno, ad emergere è senza dubbio l’indiano Hanzee: non tanto per il suo ruolo di sicario della famiglia Gerhardt, quanto per il suo repentino cambio di posizione, nato con l’uccisione del suo “capo” Dodd. Da quel momento egli diventa una pedina impazzita, molto più imprevedibile di quanto già non fosse; tuttavia appartiene ad una tipologia di male che possiamo ancora definire “normale”, come normale è uno scontro tra famiglie mafiose, e forse è addirittura provocatoriamente “necessario” ai fini della vita del poliziotto Lou Solverson. Il male della seconda stagione ha un elemento comune ai due filoni: sia nel caso dei Blumquist che in quello dello scontro fra mafie, l’esito è la distruzione della famiglia; ci si può interrogare a lungo se tale distruzione vada presa semplicemente per quella che appare oppure se c’è un significato più celato di critica all’ipocrisia di alcuni valori tanto decantati della società americana.

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Lester Nygaard

Analizzando invece la prima stagione che, a mio parere, presenta una situazione di più complessa interpretazione, si nota subito come il male sia rappresentato da un solo uomo: Lorne Malvo. Questo personaggio è sicuramente tutto fuorché ordinario; in realtà dopo le 10 ore della prima stagione non sarebbe azzardato parlare in riferimento a costui del “male in persona”, quasi di un demonio. Tuttavia questa descrizione sarebbe incompleta; infatti, oltre ad essere l’artefice della trasformazione di Lester già citata, egli sembra provare godimento nel creare disagio e cattiveria nel mondo (dal più banale caso del Motel e dell’urina nel serbatoio all’uccisione dell’insegnante di ginnastica ad opera della polizia nella storia del ricatto), vivendo secondo un ideale: non esistono regole da rispettare; “in passato vivevamo come gorilla” dice in un fondamentale discorso a Lester, e la sua sembra quasi una lotta contro la civilizzazione che ha privato l’uomo della capacità di seguire i propri istinti primordiali. Nonostante ciò, egli lavora come killer (nel senso che viene pagato per ciò che fa) o come truffatore (assume infatti diverse identità), anche se in ciò che ci viene mostrato sembra essere uno che facilmente si lascia trasportare dalle cosiddette “questioni personali“: Sam Hess, la mafia di Fargo, Lester. L’utilizzo di similitudini con animali è un altro aspetto molto caratterizzante: si è detto dei gorilla, ma non va dimenticato il lupo; questo animale sembra ben individuare il male all’interno di Lorne Malvo: l’essere un cacciatore che si insinua silenziosamente nella vita di tutti, sconvolgendone la quotidianità. Non a caso, dunque, l’ultimo animale che egli vede prima di morire è proprio un lupo: il pauroso Gus, che aveva già incontrato in passato facendolo fuggire come un lupo farebbe davanti ad un cagnolino, diventa il lupo della situazione e lo uccide senza pietà, completando il paradosso. In quel frangente, l’ultimo atto di vita di Lorne Malvo sembra essere un sorriso, o perlomeno un ghigno: si potrebbe pensare che egli ha effettivamente vinto, portando a termine il suo intento di trasformare in lupi persone che inizialmente erano pecorelle; da ciò dunque la sua soddisfazione.

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La famiglia Gerhardt

È perciò evidente come il male di Lorne Malvo sia molto più insolito e diverso rispetto a quello dei delinquenti di Fargo e Kansas City, e tuttavia diverso anche da quello dei coniugi Blumquist: il filo rosso che tiene tutto collegato è quel paradosso, instancabilmente riproposto dai fratelli Coen e che conferisce a Fargo quel tocco in più rispetto ad altre produzioni televisive.