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Breaking Bad non è una serie tv. E’ un’esperienza di vita

Ci sono cose più o meno facili di cui parlare. Ci sono serie tv più o meno facili da recensire. Ebbene, quello che sto per provare a fare in questo articolo va oltre. Perchè provare a contenere in un unico pezzo tutti i motivi per cui Breaking Bad è di gran lunga la miglior serie televisiva mai prodotta nella storia, rappresenta impresa ben più che ardua. Breaking Bad dice e racconta talmente tanto che di articoli ce ne vorrebbero almeno 150, e mi son tenuto basso. Ma un tentativo va fatto. A costo di farsi dare dell’eretico dai fans più appassionati.

Breaking Bad è forse l’unico prodotto che rasenta la perfezione assoluta nel sempre più vasto panorama della serialità televisiva. E’ talmente potente da assomigliare più ad un’esperienza di vita diretta, che ad una semplice forma di intrattenimento. E’ talmente intenso, che ad un certo punto tendi a dimenticarti del fatto che ciò che stai guardando rappresenta comunque finzione. No, Breaking Bad non può essere catalogato come finzione. Breaking Bad è vero, come forse non è mai stato vero nient’altro in tv fino al 2008, anno in cui quel genio di Vince Gilligan ha deciso di regalare al mondo intero questo straordinario capolavoro.

Breaking Bad è perfetto perchè è ragionato in ogni minimo dettaglio. Al di là della storia base, del ritmo e di tutto il resto, sono i sottotesti ad essere qualcosa di incredibile. Perchè Breaking Bad non racconta semplicemente la storia di un professore di chimica che alle battute finali della propria vita decide di mettersi a produrre metanfetamina per salvare la sua famiglia dalla futura rovina economica cui sarebbe andata incontro dopo la sua dipartita. In molti provano a sintetizzarlo cosi’, per invogliare chi non l’ha ancora visto a vederlo. No. Errore colossale. Non si può sintetizzare cosi un masterpiece del genere. Se lo si vuole consigliare, l’unica cosa da fare è dire ‘Guardalo’. E basta. Ogni altra parola sarebbe fuori posto. Non si può spiegare brevemente Breaking Bad a chi non l’ha ancora visto. Non si può.

No, non è solo la storia di come un uomo in fin di vita prima si mette a produrre metanfetamina per tutelare i propri cari in prospettiva futura, e poi prendendoci gusto si mette in testa di diventare un criminale leggendario. Cosi è troppo poco. I sottotesti, dicevamo. Walter White non cambia programma solo perchè, banalmente, ci ha preso gusto. Per Walter White l’ascesa criminale rappresenta la rivalsa rispetto ad una vita che gli ha dato troppo meno rispetto a quel che lui si aspettava. Quel che lui pretendeva. Walter White è un genio. Ma si ritrova a fare una vita da uomo medio, lui che di medio non ha proprio nulla. Perchè è stato fregato dai suoi amici della Grey Matter Technologies, i quali anche grazie al suo cervello superiore sono riusciti a creare un colosso multimilionario, senza poi rendergli mai i giusti meriti. Ne’ economici, ne’ personali.

E’ pure vero che però White s’era in parte fregato da solo. Vendendo la sua quota per 5 mila dollari a seguito di un litigio, aveva sputato addosso al suo futuro, al suo potenziale. Gli ‘amici’ erano degli stronzi, ma pure lui non si era comportato in maniera troppo furba. Perchè quello che a White è sempre mancato, prima del fatidico 50esimo compleanno, era la determinazione. La voglia di emergere dalla mediocrità, la voglia di diventare chi poteva essere davvero. A White mancava la personalità. 

Ossessionato e terrorizzato da tutto, è come se Walter si fosse dimenticato di vivere. Per davvero. Ma ad un certo punto quella diagnosi: lung cancer, inoperable. E paradossalmente, White torna a vivere. Comincia a vivere. Proprio mentre sta per morire.

Il piano cambia perchè White pian piano scopre se’ stesso. E prova a prendersi all’ultimo minuto tutte le rivincite possibili nei confronti di una vita che fino a quel momento era stata troppo vuota di contenuti, di significati. White ha sempre saputo di essere un potenziale Premio Nobel per la Chimica, o qualcosa di simile. Ma vedere tutti i suoi vecchi colleghi di università – non solo Gretchen ed Elliot – pian piano sopravanzarlo e distaccarlo nella scala sociale, non lo ha motivato. Anzi. Lo ha abbattuto pian piano, lo ha fatto morire lentamente. Schiavo di un carattere che proprio non voleva saperne di uscir fuori, Walt si è trincerato in un oblio mentale autodistruttivo, solo in parte edulcorato dal fatto di avere una bella famiglia intorno pronta a sostenerlo sempre e comunque.

La voglia di dimostrare al mondo intero di essere ciò che lui ha sempre saputo di essere, non ha stimolato a dovere White. Ci voleva qualcosa di più forte per svegliarlo. La morte incombente. La famiglia. Che però da fine si trasforma in mezzo. Con la scusa di aiutare la famiglia, White aiuta se’ stesso ad uscire finalmente fuori per quel che è davvero. Solo che lo fa immergendosi nel lato oscuro. 

Si scopre carismatico White, non solo intelligente. Si scopre Heisenberg. Un genio del male per mancanza di alternative. Poteva essere anche un genio del bene, ma ormai era troppo tardi. Non c’era tempo per diventare Premio Nobel per la Chimica, non c’era tempo per diventare multimilionario facendo le cose per bene. Diventare il più grande produttore di metanfetamina d’America era l’unico modo per farsi ricordare, per far scrivere il suo nome a caratteri cubitali da qualche parte. E non gl’importa più del conto da pagare, che prima o poi sarebbe arrivato – giustamente – salatissimo. White ad un certo punto vuole solo diventare leggenda. Non importa come.

Liberatosi dalla paura di vivere, resosi conto del fatto che ormai non c’è più nulla da perdere, il suo genio esplode. White rinasce mentre sta per morire. E rinasce anche fisicamente, perchè il cancro ad un certo punto sparisce. Per lui si tratta anche di una sorta di vendetta cosmica. Nei confronti di chi non lo ha considerato, di chi lo ha sempre sottostimato, di pensava che mai e poi mai si sarebbe riuscito a scrollare di dosso le sue insicurezze. Di Gretchen ed Elliot, che di fatto sono i suoi veri nemici della serie. Molto più di Gus Fring. 

Ad un certo punto dice a Jesse che vuole costruire un impero. ‘I’m in the empire business’. Ma non sono tanto i soldi in se’ e per se’ ad interessargli. E’ più che altro la possibilità di fare ciò che non è riuscito a fare prima. Diventare famoso e potente grazie al suo cervello superiore. L’impero della metanfetamina è il surrogato infernale della Grey Matter Technologies. 

Say my name’. E’ il momento più alto dell’ascesa di WW. E non tanto criminale, quanto caratteriale. White ha finalmente la forza di guardare in faccia l’interlocutore, chiunque esso sia, senza il timore di esserne sopraffatto. Ed ha pure la sfrontatezza di chiedergli di pronunciare il suo nome. Perchè lui ormai è leggenda, e lo sa. Del timido uomo incapace persino di guardare negli occhi il cognato Hank che lo sfotteva il giorno del suo compleanno, non c’è più traccia.

Il problema è che White ad un certo punto rimane completamente schiavizzato dal suo ego. Perde contatto con la realtà, diventa inverosimilmente narciso e rimane solo. Prima era solo con le sue paure, poi rimane solo in quanto schiavizzato da un autocompiacimento compulsivo. Allontana tutti. Diventa spietato killer, pur continuando a negarlo a se’ stesso. E’ fuori controllo, pur ripetendosi all’infinito che ha sempre il controllo della situazione. 

E’ sempre stato più un genio dell’improvvisazione che della pianificazione, e viene sgamato dal cognato poliziotto Hank in maniera addirittura banale per uno come lui. Di li’ in poi, è un susseguirsi di eventi che porteranno alla fine della sua rapida – ma indelebile – leggenda.

Il cancro torna, come a punirlo per le sue malefatte. Il conto da pagare si rifà sotto, salatissimo. White però non demorde e prima di morire riesce a saldarlo in qualche modo, quel conto. Si libera dei suoi nemici, muore ucciso da se’ stesso. Non è il cancro ad abbatterlo. Ne’ la polizia riesce a prenderlo. Muore crivellato dagli stessi colpi provenienti dall’ultima macchina infernale che ha inventato dal nulla. Muore in un laboratorio, il luogo più importante delle sue vite. Sia della vita di Walter White, che della vita di Heisenberg. Maledettamente poetico. 

In definitiva, Breaking Bad può lasciare in regalo allo spettatore un insegnamento strepitoso, per chi riesce a coglierne il senso ultimo. Se si va oltre l’involucro – è ovviamente sbagliato oltrechè immorale, aberrante ed illegale fare ciò che fa Walter White, inutile specificarlo – e si scava in profondità, l’insegnamento è bello potente. Non bisogna aspettare che la propria vita scorra lentamente, prima di decidersi a tirar fuori il proprio potenziale. Non bisogna aspettare di non aver più nulla da perdere, per mettersi in gioco una volta per tutte. Non bisogna aver paura della vita. Bisogna viverla. E bisogna viverla prima di trovarsi in punto di morte. Altrimenti è altissimo il rischio di pentirsi. E considerevole può essere anche il rischio di incorrere in scelte sbagliate come forma di compensazione. Quelle di Walter White sono state eccessivamente sbagliate, trasformandolo nell’antieroe per eccellenza. 

E comunque no, non ci sono riuscito. Avrei voluto parlare pure della bravura incredibile degli attori, della superlativa caratterizzazione di tutti gli altri personaggi, da Skyler a Jesse, passando per Hank, Mike, Walter Jr, Saul, Jane, Todd, Gus, Marie e chi più ne ha più ne metta. Avrei voluto pure parlare del fatto che Breaking Bad non usa facili escamotage scenici per tenere alta l’attenzione dello spettatore: uccisioni e sesso – pane quotidiano dei drama di oggi – sono centellinati, mai abusati per coprire eventuali buchi della storyline e dare allo spettatore qualcosa di forte a tutti i costi ed immediatamente fruibile. Anche perchè buchi nella storyline non ce sono. La trama è perfetta, non si contraddice mai. Ogni dettaglio è strutturato in maniera tale da non rappresentare mai un elemento a se’ stante: ogni cosa, alla fine, ha un posto ed una spiegazione precisa. Non ci si chiede mai perchè è successo questo che senso ha questo, come accade altrove. Breaking Bad è perfetto.

Ci ho provato, ma non ci sono riuscito. Non si può spiegare Breaking Bad in un articolo. Ce ne vogliono davvero almeno 150, e mi sono tenuto bassissimo. E no, non è una serie tv: è un’esperienza di vita. Ed invidio tantissimo chi ancora non ha idea di cosa sia e si appresta a guardarlo in questo momento per la prima volta. Perchè ancora non lo sa, ma sta per godersi quello che forse, ad oggi, rimane un capolavoro irripetibile.

“Chemistry is the study of matter, but I prefer to see it as the study of change. It is growth, then decay, then transformation”. Sottotesti, la chimica come spiegazione indiretta della vita. Breaking Bad è geniale già solo cosi’.

 

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