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Gomorra è famiglia, famiglia è Don Pietro Savastano

Sono state spese milioni di parole su Gomorra. Su questa serie tutta italiana sono state dette e scritte un sacco di cose, anche noi ne abbiamo parlato più volte cercando di capire, insieme a voi, le ragioni del successo.
Abbiamo sviscerato tutto, abbiamo scomposto e ricomposto episodio dopo episodio tutto quello che c’era da analizzare. Gomorra è stata criticata, osannata, emulata. E’ diventata in tempi brevissimi un cult sociale, è entrata nelle case di tutti, nel nostro parlare quotidiano, nei pensieri e nella carne di ognuno di noi.
E’ stata definita tremenda, per la violenza narrativa, e sublime, per lo stesso motivo. Abbiamo amato la crudeltà della storia che ci ha violentato l’anima e la coscienza, e ci siamo fermati sul concetto di realtà seriale perchè – abbiamo concluso – essere questa la vera ragione del successo di Gomorra.
La serie è stata esportata all’estero con grande successo, ma questo non ci sorprende perchè sappiamo bene che in fondo noi italiani esportiamo da secoli tutto quello che sappiamo fare meglio ad esempio il parmigiano, il vino, la pizza, la pasta di gragnano, la mozzarella di bufala, la mafia..
Insomma, potremmo continuare a parlarne per settimane, e lo faremo ma in maniera diversa! Questa volta l’occhio di Hos si ferma a focalizzare uno per uno i personaggi della serie, perché è vero che si è detto di tutto.. ma non tutto! Ogni settimana, infatti, assoceremo ad un personaggio un sostantivo, e proveremo ad analizzarlo attraverso l’uso del termine scelto.
Oggi Gomorra parla di Famiglia, e se Gomorra parla di famiglia, la Famiglia di Gomorra è la famiglia Savastano, e se la la famiglia Savastano è la famiglia di Gomorra, il Capo Famiglia della famiglia Savastano è Don Pietro Savastano.
Per me che sono siciliana, il termine famiglia assume diversi significati: la famiglia è quella di nascita ma è anche il gruppo che ti accompagna durante la vita. Sono gli amici veri, sono i genitori, famiglia è tutto quello che ti circonda, che ti lega alla realtà di quello che sei.
Famiglia è ciò che ti identifica nella società. Chiaramente, in una società di contesto mafioso, si identifica famiglia anche la cricca di colleghi che ti legano alla malavita. Famiglia mafiosa, appunto.
Don Pietro Savastano è la prima figura di potere e comando che Gomorra ci presenta, è ‘o boss, è quello che comanda, che decide.
E’ curioso, e particolarmente emblematico aggiungerei, risentire con quale battuta esordisce questo protagonista: “ ‘a prima cos, e parole.. ce sta na signora.
Chi ha scritto i dialoghi è stato geniale, pensate: un boss camorrista, assassino e senza scrupoli esordisce dopo pochi minuti con una frase per difendere la moglie dall’offesa di un termine scurrile usato in sua presenza; avrebbe potuto dire qualsiasi cosa, avrebbe potuto ordinare un omicidio o semplicemente una frase di comando e potere, e invece no, si presenta come un uomo. Un uomo che è a capo della famiglia più grande ed importante di tutte, un uomo che come ogni padre, si dimostra sempre forte e non cede alla vulnerabilità, o meglio non lo fa davanti ai suoi figli, per non spaventarli, un uomo che difende la sua donna come una madonna sacra, inviolabile, un uomo che come ogni padre giusto, punisce i figli cattivi e onora quelli buoni.
Don Pietro non è un buono, non è un sensibile. E’ un boss, un capo, uno forte e lo sarà in tutta la prima parte del serial. Lo vediamo muoversi lento e sicuro in ogni scena, re indiscusso e protetto nella sua reggia dorata tra le case popolari di Scampia.
Lo vedono tutti, lo ascoltano tutti. Li vede tutti, li ascolta tutti ma decide solo lui. Parola come legge, parola come comando di una sorta di Dio potente che tutti devono rispettare e che tutti devono temere. Padre benevolo, questo Don Savastano, che sacrifica i figli più deboli per arricchire quelli più forti. Ma ci vien detto da subito :” Iss nun è diventat Don Pietro Savastano pecche’ tiene l’uocch bell…” come a volerci far intendere che lui, Iss, la strada l’ha fatta e parecchia, e ha dato ad ogni suo passo un peso che incide come lama tagliente ogni parola da lui pronunciata.

Chissà cosa è successo durante quella strada, chissà quali e quanti eventi si sono dovuti succedere per diventare Don Savastano.
Nella prima parte vediamo tutto questo, il potere, la ricchezza ed il rispetto. Il padre padrone è centratissimo nella trama, con maestria ed eleganza gelida intreccia le fila di tutto, gestisce gli affari e risolve i problemi, è apice e perno del meccanismo e dalla storia ma la carcerazione ed il 41bis lo cambiano, o meglio cambiano il meccanismo che senza quel perno si inceppa.
Da buon padre tenta di affrontare anche questo intoppo, ed in un primo momento sembra riuscirci senza troppo sforzo. Il codice del carcere è sempre lo stesso, lui comanda anche li, ma comanda solo i suoi figli e li istiga alla ribellione, alla protesta, per difendere i privilegi del re e non del regno. Da dentro comanda fuori, comunica e ordina, coordina gli affari ma poi, inevitabilmente cede, e cede per stanchezza – dice – e quindi abdica al figlio prima, e alla moglie poi. Ma il cedimento è solo un altro gioco di prestigio. Lascia credere di aver mollato, di essere ormai alla fine del suo mandato ma usa questa arma per un fine pedagogico. Sfida il fato, da buon dio, per creare intorno a lui una rete ancora più fitta e potente. E vince la sfida, infatti la moglie dimostra di essere stata una buona discepola, ed il figlio divent ‘om.
Questa svolta di percorso e pensiero è davvero sottile, e ancora una volta ci dimostra che noi italiani se vogliamo le cose le sappiamo fare bene. La crescita ed il cambiamento muovono tutti i personaggi in tempi ed azioni diverse. Tutti loro compiono un percorso nella storia ben definito. La potenza introspettiva è impressionante, la si coglie in diverse sfumature. Una tra tutte la voglio analizzare con voi.
Mi è gelato il sangue durante la scena in cui Ciro comunica a Don Pietro la morte di Attilio durante il fuoco contro Conte, per la freddezza con cui il Boss davanti alla disperazione di Ciro risponde che l’operazione è andata comunque bene, perchè la fazione opposta aveva subito più perdite, come a voler dire che non importa chi, ma quanti.

Quanti. Quanti uomini, figli, anime perse che se sono di un’altra famiglia sono trofei non vittime, e che Attilio con la sua morte aveva contribuito al successo dell’operazione. Attilio, morto con il ferro in mano e sepolto senza funerale. Ma riposa in pace, il povero martire, perchè sua moglie ed i suoi quattro figli vivranno bene.. non ci mancherà nient.
Qualche episodio dopo Don Pietro assiste in carcere al suicidio del giovane compagno di cella; un ventenne al quale aveva prestato la camicia buona per il processo. Processo che nonostante la camicia bianca che gli dava una parvenza meno criminale – “Song i sord che fann l’omm onest..“- finisce con una condanna e la conseguente morte del ragazzo. Qui vediamo e viviamo un uomo diverso da quello visto con Ciro. Qui è il padre che prevale, è l’uomo vulnerabile latente che si svela e si mostra allo spettatore, in una sequenza di scene alternate tra dentro e fuori dalla cella – dentro c’è la morte, fuori l’amore con il figlio Genny che dal balcone dedica la serenata alla fidanzata – in cui la compassione e l’empatia con quest’uomo raggiungono l’apice assoluto.
Don Pietro si costerna, si indigna, si impegna, poi getta la spugna con gran dignità (per dirla alla Don Raffaè) e noi insieme a lui.
Ma i giochi di prestigio non sono finiti, Savastano intavola la sceneggiata perfetta. Ormai destinato al carcere a vita, simula l’infermità mentale e mantiene il ruolo in quella che tra tutte è la scena che più rappresenta questo straordinario personaggio. I primi minuti dell’ultimo episodio ci mostrano quel che rimane di Don Pietro, un uomo sfatto e malandato, con la barba lunga e con la solita tuta. Occhio spento, sguardo vuoto, che non cambia neanche quando gli viene comunicata la morte dell’adoratissima moglie.
Niente. Nessuna reazione, nessuna parola. Nessun gesto impulsivo, nessun alito di vita. Resta immobile ed impassibile, è pazzo. Adesso lo è davvero. E presto sarà libero.
Ormai l’attesa sta per finire, ad aprile inizierà la seconda stagione e noi vi faremo compagnia di settimana in settimana con la nostra rubrica, che analizzerà personaggio dopo personaggio tutti i grandi protagonisti di questo grande serial made in Italy.
STAY HOS, STAY SENZ PENSIER

 

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