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Frank Underwood: paura, disprezzo e rispetto

Frank Underwood è un personaggio molto complesso; ovviamente grande merito della riuscita di House of Cards è da attribuire da un lato alla “scrittura” del personaggio e dall’altro all’incredibile capacità recitativa di Kevin Spacey. Ma la domanda è: che cosa ci trasmette un personaggio simile? Cosa suscita nelle nostre coscienze? Inutile dire che in questi casi non è tutto bianco o tutto nero. Cerchiamo dunque di cogliere le sfumature.

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Una scena molto emblematica, fra le prime della serie, è l’uccisione del cane da parte di Underwood, cane che era rimasto ferito in seguito ad un incidente: colpisce, e non poco, l’assoluta freddezza con cui “finisce” l’animale, spiegando che è meglio evitare di far soffrire qualcuno che sta morendo. La stessa freddezza e determinazione si sviluppa nella sua scalata al potere: si dimostra infatti gravissimo l’errore di non concedergli il promesso posto di Segretario di Stato, visto che tale “tradimento” scatena la parte peggiore di Frank, sostenuta paradossalmente dalla sua parte migliore; l’ambizione infatti è certamente ammirevole e rispettabile, mentre i mezzi con cui persegue il compimento della sua vendetta sono tutt’altra cosa. Si potrebbe dire che l’aver negato la concessione di quel ruolo ha portato Frank a volere, dal “dito”, l’intero “braccio”. La meticolosità con cui Underwood persegue il suo obiettivo è impressionante e suscita, se vogliamo, una certa stima nei suoi confronti.

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La complessità e il fascino proveniente da un personaggio come Underwood ci porta a notare come effettivamente i sentimenti e le sensazioni che genera in noi sono tutte inevitabilmente collegate; infatti è vero che la sua ambizione è, da un punto di vista meramente “lavorativo-professionale“, ammirevole, ma tale ambizione (e io direi sete di potere) lo porta ad essere e diventare un vero e proprio assassino: egli è disposto veramente a tutto pur di raggiungere il suo obiettivo (oppure pur di mantenere il posto raggiunto), anche a uccidere. Uccide prima Peter Russo giusto per seguire una sua tattica politica, uccide Zoe perchè stava diventando troppo pericolosa (scoprendo troppe cose) e, indirettamente, porta Doug ad uccidere Rachel, l’unica rimasta che collegasse Frank all’omicidio di Russo. Lo spettatore rimane basito e spaventato di fronte ad una tale freddezza e fermezza, e capisce bene che il fascino relativo all’ambizione si ferma immediatamente, perchè colui che la cova non è in grado di rispettare il confine fra legalità e illegalità.

La paura, che Underwood trasmette, si cementa nella convinzione che costui è capace di fare qualsiasi cosa: un ottimo mezzo per bloccare l’attenzione su di lui, creando suspense in momenti in cui normalmente non ci sarebbe. Ma è molto facile che questo sentimento verso il personaggio si trasformi in uno decisamente peggiore: il disprezzo. Se infatti la morte di alcuni personaggi giunge nel momento in cui si inizia a provare verso costoro dell’empatia, di contro Frank diventa più spregevole man mano che si avvicina alla Presidenza (la morsa entro cui chiude il Presidente cui subentra è una sublime azione politica, tuttavia priva di un minimo di moralità e sensibilità). Senza dimenticare inoltre il discorso rivolto alla moglie alla fine della terza stagione, in cui emerge tutta la falsità del loro rapporto: le vomita odio addosso, la distrugge con tutti i mezzi verbali che conosce. Tuttavia non aveva fatto i conti con il fatto che Claire lo potesse lasciare: a questo ci risponderà la prossima stagione.

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Frank Underwood è qualcuno. Già questo potrebbe bastare, ma egli va oltre perchè vuole diventare più di qualcuno: e non gli importa come e a scapito di chi, chiunque incroci la sua strada deve essere eliminato, se non vorrà unirsi a lui, persino se si tratta della moglie. È questo che ci porta a sottolineare la complessità del personaggio nel suo essere intrigante e spregevole allo stesso tempo.