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Cosa ha reso Lost veramente originale

In molti considerano Lost la Serie Tv, il perno su cui si basa l’intero concetto di serialità dell’ultimo decennio, un punto di partenza per tutte le grandi Serie Tv che abbiamo visto e apprezzato a partire dalla seconda metà degli anni duemila. Indipendentemente dalle posizioni del fandom, Lost ha senza dubbio delle caratteristiche (di composizione e di sviluppo) che raramente si erano viste fino a quel momento e che, in determinati campi, continuano ad essere prerogativa unica della serie di Abrams e Lindelof.

Proprio i due creatori hanno spesso raccontato quanto complesso sia stato convincere l’ABC a produrre il pilot e quanto entusiasmante sia stato costruire una storia che non era destinata a durare così tanto nel tempo, raggiungendo un obiettivo difficilmente pronosticabile: di Lost si parla ancora e ancora. Ma cosa ha reso Lost una serie veramente originale? Cerchiamo di capirlo insieme.

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Come abbiamo già visto per Breaking Bad, il concetto di originalità si riferisce a qualcosa che non era esistita fino a quando non viene creato il prodotto in questione. Anche nel caso della serie di cui parliamo oggi sono diversi i motivi e le condizioni che possono portare a comporre l’idea di originalità, ma ce ne è uno che si eleva rispetto agli altri.

Lost, infatti, ha avuto il grande merito di fare del mistero non il mezzo per raccontare una storia, ma il fine della storia stessa.

Dunque, creando circostanze che possono essere considerate in determinati casi addirittura uniche, la serie crea l’obiettivo del mistero attraverso il mistero. Soprattutto per coloro che l’hanno seguita in diretta, guardando dunque un episodio a settimana, questo elemento dell’ambiguità aveva una grande presa, creando quello che può essere definito un vero e proprio “Fenomeno Lost”. Proprio questo aspetto, ci porta al secondo fattore che determina l’originalità della serie del duo JJ Abrams-Lindelof.

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La serie infatti è stata protagonista di lunghe ed estenuanti discussioni fra gli spettatori, con la creazione di forum appositi in cui parlare della puntata appena uscita, ipotizzare gli sviluppi futuri e soprattutto esprimere i numerosi dubbi che l’episodio suscitava nelle menti di chi lo guardava. Oggi potrebbe sembrare scontato che una grande serie venga seguita con una vasta rete di mezzi comunicativi (si pensi, su tutte, a Game of Thrones); ma circa 10 anni fa, quando Lost era diventata ormai popolare, questo fenomeno rappresentava una novità, dettata proprio dall’entusiasmo (o, in alcuni casi, la delusione) che la visione della serie suscitava.

Conseguentemente dunque la questione del mistero e l’affermazione della serie come fenomeno sociale sono collegate da un terzo elemento, che potremmo collocare al confine tra l’originalità e la specialità: la costruzione dei personaggi nell’economia della trama.

Se è vero che è innegabile che altre serie hanno operato al riguardo in maniera eccellente, anche prima che lo facesse Lost, è anche vero che l’incrocio tra il passato, il presente e (da un certo punto in poi) il futuro per permettere agli spettatori di capire i protagonisti è stata una mossa praticamente unica nel panorama delle Serie Tv dell’epoca, visto e considerato come in Lost sia facile legarsi od odiare un personaggio.

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Ma proprio questo è il punto: la presentazione completa nel corso delle stagioni di ognuno dei personaggi principali impedisce allo spettatore di avere un’idea definitiva sui loro comportamenti e, alla fine, accetta tutti per come sono. A pensarci bene, questo potrebbe essere un insegnamento di vita da non sottovalutare.

Se Lost ha segnato, nel bene e nel male, un’epoca televisiva e ha cambiato per sempre il modo di approcciarsi alla serialità, è inevitabile che al suo interno ci sia qualcosa di speciale, qualcosa di originale che le ha permesso di diventare indimenticabile (sia per coloro che hanno amato o per quelli che non hanno sopportato il finale) agli occhi di tutti i telespettatori che si sono imbattuti in questa avventura unica nel suo genere.

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