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Perché BoJack Horseman è destinata a diventare un cult

South Park, I Simpson, Futurama, i Griffin, American Dad, sono solo alcune delle serie animate dal taglio dissacrante e politicamente scorretto, categoria in cui si colloca anche BoJack Horseman, prodotta da Netflix e mandata in onda per la prima volta il 22 agosto del 2014. La serie si contestualizza in una Hollywood stremata dalle droghe, dal sesso sfrenato e dal divismo, che sforna star dalla fama fulminea tra cui anche il protagonista, BoJack, l’uomo cavallo diventato famoso con la sitcom anni ’90 Horsing Around. La chiusura della sitcom ha coinciso con la fine del successo per BoJack che, a distanza di anni, non è riuscito a superare la perdita della notorietà. Così il protagonista ci viene presentato come un uomo/cavallo di mezza età, patetico e alcolizzato che riguarda in loop le vecchie puntate di Horsing Around.

Horsin' Around
Horsin’ Around

Sin qui niente di eclatante. Il tema del divo decaduto non è certo una novità, anche se forse è la prima volta che lo si sviluppa in chiave serie animata. Quello che rende speciale BoJack Horseman non è neanche la connivenza tra personaggi umani e animali antropomorfi, sebbene dia modo di creare situazioni particolarmente ironiche come gli uccelli paparazzi o gli avvoltoi becchini che ronzano ai funerali.

Princess Carolyn
Princess Carolyn

Persino l’arredamento degli appartamenti di alcuni dei personaggi ricalca il loro aspetto, per così dire, animalesco. Ad esempio, l’attore nemesi di BoJack nonché uomo cane, Mr Peanuts Butter sfoggia quadri con palline da tennis sulle pareti di casa sua mentre l’agente/amante occasionale Princess Carolyn, essendo una gatta agile e scattante, nel suo ufficio ha sempre a portata di zampa un tiragraffi con topolino annesso.

Mr peanutbutter

Sulla stessa scia, anche BoJack, coerentemente con la sua natura, ha bisogno delle così dette dosi da cavallo per raggiungere lo stato di ubriachezza desiderato. Ed ecco che le bottiglie di whisky si accumulano nel pavimento dello studio dove racconta la sua vita a Diane, la ghost writer assunta per scrivere la sua biografia nel tentativo di farlo tornare nuovamente sulla cresta dell’onda.

Todd e Bojack
Todd e Bojack

In fondo, dopo tutto, come dice la sigla di chiusura firmata Grouplove, neanche lui sa esattamente se è più uomo o più cavallo tanto da non essere in grado di raccontare la storia della sua vita. Inconcludente, egocentrico e vizioso, BoJack potrebbe apparire del tutto sgradevole come protagonista. Lui stesso ammette con una battuta di trovarsi fastidioso. Il contesto è quello della pubblicazione della sua biografia a cui Diane ha dato un taglio iperrealistico e che invece BoJack avrebbe preferito decisamente più soft. In una telefonata con Diane, dice:

 “È l’ultima possibilità che ho di farmi amare dalla gente. Se venisse pubblicato, tutti vedrebbero chi sono veramente. Vedi, io ho trascorro molto tempo con la persona che sono veramente e credimi…nessuno la amerà”.

Con questa risposta il profilo del protagonista è tracciato perfettamente.

Potremmo dire che allora è proprio questo il cardine della serie: BoJack Horseman ha una trama solida, portata avanti più come per una serie classica che per un prodotto animato. In un mondo dove tutti ambiscono alla celebrità, chi l’ha perduta non può che rimpiangerla. Chiunque può immedesimarsi in lui o trarne conforto per non essere arrivato a quell’imbarazzante stato di imbruttimento. È questa la chiave di lettura che ci viene consigliata da Diane in persona rendendo geniale la serie BoJack Horseman proprio per la sua autoreferenzialità:

Diane: La gente si immedesima nel modo imperfetto in cui ti ho descritto. Si rivedono in te. Perché ti piace Secretariat?

BoJack: Perché era un grande?

Diane: No, perché era imperfetto. BoJack, quando la gente scopre che qualcuno come te, che sembra straordinario, in realtà è tormentato e fragile come loro…li fa sentire meno soli.

BoJack: Oh. No! Forse è quello che certi ciccioni tristi e imperfetti vogliono dalle altre celebrità, ma per BoJack Horseman, vogliono uno stallone eroico, che sia fantastico e che possa salvarli dalle loro imperfette e tristi vite da ciccioni.

BoJack dice le cose che tutti pensano ma che nessuno ammetterebbe mai e non solo per via del perenne stato di ubriachezza in cui versa, ma soprattutto a causa della sua natura sfrontata che lo porta ad odiare ogni forma di perbenismo ipocrita. Lo dimostra perfettamente quando si rifiuta di chiamare eroe un marine – foca di ritorno dall’Afghanistan dichiarando al telegiornale che definire eroi tutti quelli che decidono di andare ad ammazzare la gente in altri paesi è del tutto fuorviante.  Lo dimostra anche nella totale incapacità di essere sincero con se stesso ed ammettere che Todd, coinquilino fannullone di BoJack, è la cosa più vicina ad una famiglia che abbia mai avuto.

Dalla seconda stagione, il fulcro tematico della trama segue una evoluzione positiva almeno per quanto riguarda il destino attoriale del protagonista. In realtà, intorno a lui, chi godeva di un invidiabile stabilità, affettiva e non, si perde d’improvviso. Al contrario BoJack, è riuscito a risalire il torrente e tornare alla ribalta. È persino riuscito a cominciare una relazione con una civetta a capo di un network televisivo. Eppure BoJack non è felice. L’insoddisfazione cronica gli appartiene e non se ne libererà mai.

Wanda Pierce
Wanda Pierce

Con acutezza, lo sviluppo dei personaggi e della trama è calato costantemente in tematiche di attualità, sorvolando con cinica leggerezza le questioni che affollano i dibattiti da social network, lasciando quell’amaro in bocca che soltanto un breve guizzo mirato e diretto al punto può dare.

Ecco perché BoJack Horseman è destinato a diventare un cult.

Non per tutti questi motivi ma perché il risultato è maggiore della somma delle parti.  La cura dei disegni nati dalla penna di Lisa Manawalt, la sigla azzeccatissima, le musiche, la caratterizzazione dei personaggi, sono tutti elementi di qualità a cui si aggiunge qualcosa che le altre serie dissacranti non hanno: riuscire in venti minuti a coinvolgerti come una serie drammatica, a svagarti come una sitcom e ad amareggiarti come un opera satirica.