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I 5 cattivi più cattivi di Once Upon A Time

C’era una volta una fiaba piena di personaggi cattivi, mostri e folletti malvagi che tramavano dentro a neri castelli per rovinare il lieto fine della storia… C’erano streghe e maghi dotati dei poteri più grandi, poteri sgorgati dalle delusioni dei loro cuori spezzati, dei loro sogni infranti.

C’era una volta un regno incantato, tanto bello e misterioso, in cui sembrava che potessero vivere solo abitanti felici; ma le esistenze di alcuni di loro erano amare, ed è proprio queste che la favola vuole narrare…

In un racconto che si rispetti non possono certo mancare “i cattivi“, quei personaggi che turbano la serenità dei buoni e che così facendo indirettamente li spingono a crescere e a dare un senso alle loro vite, a raggiungere uno scopo.

Once Upon A Time è la fiaba per eccellenza (in campo cinematografico potremmo trovare il suo corrispettivo nel film “Il racconto dei racconti“, diretto da Matteo Garrone nel 2015 e vincitore di sette David di Donatello), ambientata in un mondo parallelo dove tutte le storie che conosciamo si intrecciano e si influenzano, provocando risvolti inaspettati. E naturalmente anche qui i cattivi giocano un ruolo fondamentale nei destini dei personaggi con i quali almeno all’inizio siamo portati a immedesimarci, ovvero Biancaneve, il Principe Azzurro, Belle e gli altri…

Eppure noi spettatori, che non abbiamo un autore benevolo pronto a regalarci sempre e comunque un finale allegro, forse finiamo per assomigliare di più ai protagonisti che hanno subito ingiustizie, agli infelici e a coloro che per il dolore diventano malvagi: perchè in Once Upon A Time i cattivi sono così ben motivati da rivelarsi molto più umani degli scontati, e a dirla tutta un po’ noiosi, eroi della bontà.

Scopriamo insieme i 5 villain che abbiamo preferito a Emma e compagni!

 

1. Tremotino, colui che diventò cattivo per necessità

Tremotino

 

L’Oscuro Signore sedeva di notte nel suo palazzo, solo con le carte che riempiva di incantesimi arcani, solo con un calice di vino profumato alla ciliegia; nel fuoco vedeva una povera capanna, una donna e un bambino, e il proprio viso un tempo pulito e un po’ sciupato, ma sereno… Quel volto lo guardava beffardo dal passato in frantumi, mentre il vino scorreva in gola a fiumi.

Tremotino, il Tremotino padre di Baelfire e marito di Mira, non avrebbe mai voluto essere uno dei cattivi: non ci pensava neppure, era un uomo semplice che desiderava soltanto invecchiare con la sua sposa e sognare un futuro migliore per il figlio… Eppure a un tratto le scelte compiute ed eventi apparentemente casuali lo hanno condotto sulla strada della magia.

Inizialmente i nuovi e fantastici poteri acquisiti sono stati per lui una fortuna, una meritata rivincita su una sorte che fino a quel momento l’aveva solo punito (chissà poi per quali colpe?); ma ben presto il prezzo da pagare per tali straordinarie capacità si è fatto sentire, ed era la solitudine: e nonostante i vari tentativi attuati durante gli anni di abbandonare il male per tornare a essere l’umile Tremotino di un tempo, in un modo o nell’altro è sempre tornato al punto di partenza, alla magia e all’infelicità.

Le ragioni che potremmo addurre alla strana condanna di Tremotino sono numerose e riguardano la sua brama di potere, il suo desiderio di interferire nelle vite di coloro che lo circondano, la sua probabile convinzione di non essere in grado di cambiare e molte cose ancora. Ma forse tutto ciò semplicemente non dipende da lui; forse questo è solo il ruolo che gli è stato affidato dall’autore della fiaba, ed egli non può sottrarvisi.

Forse l’amara verità è che affinchè gli altri possano sperare in un lieto fine è necessario che lui rappresenti l’ostacolo da superare, l’antagonista da sconfiggere.

A volte abbiamo l’impressione che Tremotino osservi le vicende dei compagni d’avventura come una specie di divinità superiore, la quale interviene solamente per aggiustare gli eventi nella direzione che preferisce e per garantire che i propri interessi vengano salvaguardati: ecco, magari la sua presenza in qualità di cattivo è necessaria perchè qualcuno deve fare il “lavoro sporco”.

In tal caso, il nostro giudizio sui ripetuti errori da lui commessi potrebbe assumere una luce più compassionevole che severa

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