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George Warleggan non è un nemico. George Warleggan non è un villain. George Warleggan è, (come troppo, troppo raramente si vede su uno schermo seriale), l’antagonista.

Questione di sinonimi? No, per niente, è una scelta di campo che Debbie Horsfield, la sceneggiatrice di Poldark, ha saputo tratteggiare alla perfezione e Jack Farthing ha reso con una bravura che gli varrà per i prossimi dieci anni di carriera. Ma andiamo con ordine, non prima di ricordarvi che il suddetto articolo contiene spoiler sulla terza stagione di Poldark da poco conclusa. Se non siete in pari, leggerete a vostro rischio e pericolo.

È narratologia, è serialità: da che le storie sono state inventate abbiamo, di base, un protagonista e un antagonista (e un obiettivo che li vede rivali). Cambiano i numeri, cambia la consistenza delle fazioni, ma, da quel conflitto, raramente si scappa. Per comodità e automatismo morale, poi, in genere diamo al protagonista la patente di buono (o comunque di portatore di messaggi e comportamenti per i quali potremmo tifare) e all’antagonista quella di cattivo. Per comodità, appunto, ma spesso travisiamo i loro ruoli e la nascita di determinati personaggi.

“Antagonista” è molto più di “cattivo”, come “protagonista” è molto di più di “buono”. E, della prima comparazione, George Warleggan è esempio eccellente.

Chi è l’antagonista, quindi? Non semplicemente, “chi agisce contro (il protagonista)”, ma più precisamente il portatore di una morale e di un pacchetto di valori contrario a quello dell’eroe. Se il protagonista ha dei lati oscuri, quindi, l’antagonista li compenserà perchè in quel campo è, appunto, il contrario. E quando nella terza stagione di Poldark, Ross, il protagonista, il centro di tutto, l’onnipresente, il convitato di pietra di ogni sguardo, sorriso, attenzione, cade ripetutamente vittima dei valori della sua positiva grandezza, allora il personaggio di George si staglia nel firmamento della Serie. Non solo si prende rivincite su rivincite (anche se, con il discorso alla spiaggia, il contrasto si chiude in un ideale pareggio), ma soprattutto permette agli spettatori di godere di una sua splendida evoluzione.

George Warleggan non è un cattivo per piacere, ma ha sviluppato una sua morale spietata: nella vita nessuno mi ha concesso mai nulla, quindi non posso comportarmi diversamente.

Ma George non è affatto alieno ai sentimenti umani: può reprimerli, combatterli, ma nonostante tutto non riesce a negarli. Ha un modo assolutamente suo di dimostrare sentimenti positivi, ma una volta entrato nella sua mente, lo spettatore non può negare di trovarsi davanti a delle importanti concessioni di bontà, per un personaggio freddo e meschino. Sentimenti che si mostrano verso le uniche due persone delle quali gli interessino le azioni e i giudizi.

Il primo, ovviamente, inevitabilmente, non può che essere lui

Non si muove foglia che Rossano da Nampara non voglia, in Cornovaglia. E George nonostante tutto vorrebbe l’attenzione di Ross, anche se è il suo acerrimo nemico. Basta guardarlo nella scena dell’accordo, nel primo episodio. George fa due cose che nel corso della Serie non farà più: sorride senza costrizione e soprattutto, gli offre un drink. Banale educazione? Non per il Warleggan, che non si fa scrupoli a usare gli uomini come semplici pedine per i suoi scopi e che dona riverenze solo per ingraziarsi i superiori.

E quell’accordo, piaccia o meno, George lo mantiene finchè può. Vuole davvero quella tregua armata ma, da bravo “cattivo”, non esita a vendicarsi di chi, dal campo di Ross, quell’accordo lo infrange.

George Warleggan è un uomo d’affari, anche se opportunista, e i patti (soprattutto quelli a lui favorevoli) vanno onorati, pena una vendetta subdola.

E come un rapporto di affari era iniziata anche la seconda eccezione alla sua generale insensibilità. Un’eccezione dalla bellezza mozzafiato

George si innamora di Elizabeth per i motivi più sbagliati: vuole toglierla a Ross, cogliendo un punto fondamentale nell’eterna lotta tra i due, e vuole il titolo nobiliare del defunto Francis. Ma si trova ad amarla davvero, e lo dimostra ancora una volta nell’unico modo in cui sa farlo, annullando il male e il nero che filtrano i suoi rapporti con tutti gli altri personaggi della Serie.

Molto semplicemente

Elizabeth è l’unico personaggio in tutta la Serie che può dire di no ai voleri di George senza che quest’ultimo renda la sua vita un inferno. E, nella scena finale tra i due, i rapporti si delineano in maniera meravigliosa

Al di là di Elisabeth e Ross, tutti gli altri sono investiti dalla sua aura di fiele e supponenza, dal suo comportamento meschino e classista (le sue decisioni da uomo del popolo, e non solo, finiranno per ritorcerglisi contro), ma in George fa tutto parte di un piano prestabilito. 

George Warleggan vuole il potere e lo ottiene, nel corso delle tre stagioni, con una scalata inarrestabile

Prima il potere economico (miniere, case, banche), poi quello politico (giudice di pace – “uomo del popolo” – , e finalmente rappresentante della Cornovaglia nel Parlamento britannico) e, nel mentre, quello dinastico, con il tanto atteso figlio avuto da Elizabeth (figlio al quale mostrerà il suo affetto enorme, anche se, come sempre, nel suo modo “particolare”). La trasformazione è alla fine giunta

Da uomo senza nobili natali, George si crea da solo la propria nobiltà. Seguendo, tra l’altro, uno dei principi di Ross, che nella 3×07 dice “l’ambizione va premiata”. E nessuno in Poldark è più ambizioso di George Warleggan.

Quella di George è, tra l’altro, una lotta di classe senza esclusione di colpi. Odia Zia Agatha perchè portatrice dei valori della nobiltà di stirpe e in quel “There Will Be No Party”, le vomita addosso tutto l’odio che ha sapientemente accumulato per l’occasione giusta. E odia Demelza, che apostrofa come “prostituta, moglie di uno sbruffone”, perchè ai suoi occhi ha compiuto il suo stesso percorso, riuscendoci prima di lui. 

Poco importa del passato: per George Warleggan non esiste riconoscenza!

Ma una volta arrivato alla fine della sua ascesa, almeno per ora, George non ha più bisogno di essere cattivo e toglie la sua maschera, soprattutto con le due persone con le quali ha più bisogno di essere sincero. Con Ross, nella straziante scena della spiaggia, a cui sbatte in faccia di essere finalmente diventato “il suo superiore” e tutti i suoi successi. Ma è un elenco effimero e con una sola frase Ross mina tutto il suo castello di carte.

E prima ancora con Elizabeth, di cui cade vittima degli stessi inganni che hanno costellato il suo percorso e con la quale si può scoprire fragile, tormentato, capace di cambiare e tormentato. Perchè nulla è facile, tutto può essere perduto, e gli sbagli sono dietro l’angolo. E del resto, George Warleggan non potrà vincere a lungo. Lui è portatore di valori contrari a quelli Ross. Non è semplicemente il cattivo, lui è

L’antagonista!

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