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Better Call Saul: nel quarto episodio emerge tutta l’ambiguità morale dei personaggi

Il quarto episodio di questa terza stagione di Better Call Saul è dedicato per una buona metà alle vicende di Gus (a conferma delle anticipazioni che avevamo dato nel nostro gruppo Facebook). Per certi versi, una puntata interlocutoria a far da ponte verso sviluppi più ampi per ora solo accennati. Gilligan inverte ancora una volta la rotta, abbandonando le piccole trame autoconclusive dei precedenti appuntamenti di Better Call Saul e puntando dritto verso gli intrecci principali.

Tornano in scena Don Eladio e Juan Bolsa, rispettivamente leader e braccio destro del Cartello messicano. E la scena iniziale è ancora una volta un omaggio a Breaking Bad. “Sabrosito” – questo il nome della 3×04 di Better Call Saul – si apre infatti con un bel tuffo in piscina dello stesso Eladio, strizzata d’occhio alla conclusione dell’episodio 4×10 della Serie Madre. In quella circostanza, come ben ricorderanno i fan più accaniti, il boss del Cartello era stato protagonista, nella stessa piscina, di un tuffo ben diverso.

Nonostante qualche ulteriore rimando (su cui torneremo) a Breaking Bad, Vince Gilligan abbandona in questo episodio un eccessivo gusto autoreferenziale e si concentra sulla caratterizzazione dei personaggi. Better Call Saul

Non tanto prendendoli singolarmente, quanto analizzandoli in un ideale confronto all’americana. Jimmy, Kim, Chuck, Mike e Gus si sovrappongono, si distanziano, si fondono in un’analisi della morale e dell’etica dei loro caratteri mai banale. Si percepisce lungo tutto il corso degli eventi lo sguardo sempre più pressante della telecamera che indugia con aggressivi primi piani sui protagonisti delle vicende. Un’attenzione morbosa per ogni loro indugio, tic, sospiro. Gilligan si intrufola con interesse curioso nei meandri dell’ambiguità morale di ognuno di essi. Ne tira fuori tutte le contraddizioni e mette di fronte lo spettatore a figure interamente destrutturate. In Better Call Saul non distinguiamo più il buono dal cattivo, il bene dal male, il giusto dallo sbagliato. Il relativismo morale investe ogni cosa e ci lascia interdetti.

Jimmy, Kim, Chuck, Mike, Gus: in nessuna di queste figure possiamo ricavare un modello d’integrità. Mentono, ingannano, dissimulano. Soprattutto nelle parole: Gus con un discorso patriottico ai suoi dipendenti sul “sogno americano” di cui noi spettatori possiamo cogliere tutta l’ipocrisia; Mike nascondendo le sue preoccupazioni alla famiglia; Jimmy rivolgendo scuse forzose e per nulla credibili al fratello. Quelle stesse scuse diventano a ben vedere un’accusa neppure troppo velata a Chuck stesso: “Tu sei mio fratello e nessuno dovrebbe trattare il proprio fratello in quel modo”. L’astio nel pronunciare queste parole chiarisce il vero senso della frase. Quel modo non è l’atteggiamento di Jimmy che ha fatto irruzione e aggredito il fratello, ma la condotta di Chuck stesso che non ha avuto scrupolo a denunciare Jimmy.

Non esistono figure totalmente positive. Chi conosce Breaking Bad lo sa.

Esistono inclinazioni, giustificazioni, compromessi morali. Se Walter White è sempre stato, in fondo, Heisenberg, Jimmy non è altri che Saul. Nell’uno come nell’altro sussiste una connaturata propensione agli atteggiamenti che, grazie alle circostanze, li porteranno in corso d’opera a mettere in mostra le loro personalità più autentiche. Non sono maschere quelle di Heisenberg e Saul, sono essenze del loro carattere. In un capovolgimento di prospettive ci accorgiamo che le vere maschere sono quelle di Jimmy, avvocato d’ufficio, e di Walt, remissivo padre di famiglia.

E lo stesso vale per gli altri protagonisti. Gustavo ancora una volta viene mostrato, come già accaduto in Breaking Bad, mentre è elogiato da un ufficiale di polizia per la sua beneficenza. I suoi modi, il suo esser quasi timido e impacciato, i pantaloni a vita alta, lo sguardo innocente non sono altro che apparenza. Il contrasto, per noi spettatori che conosciamo la sua vera natura, è totale. Solo in rari momenti, in istanti fuggevoli, Gus non osservato da nessuno, se non dall’occhio invisibile della telecamera, si rivela per quello che è. Lo sguardo si incupisce, si fa fisso e agghiacciante e possiamo percepirne la personalità più oscura e vera.

Negli altri personaggi l’opposizione è naturalmente più sfumata.

In Jimmy, come già sottolineato, è tutta espressa dall’esteriorità del vestiario. Anche in questo episodio, una volta ancora, si dirige l’occhio dello spettatore sul primo piano delle sue scarpe. Su quei mocassini finto-Gucci, tutta apparenza. Kim non mostra cedimenti: paradossalmente appare il personaggio più granitico nelle sue convinzioni. Anche lei, forse, dietro gli esteriori scrupoli morali di una stagione orsono sta rivelando una natura diversa, quella già emersa e ben documentata nella 3×03. Al termine del terzo episodio Kim, infatti, torna a essere Giselle, nome fittizio che si era data nella puntata 2×01. Quando risultò piacevolmente coinvolta dalla truffa organizzata da Jim – Viktor ai danni di un borioso broker. Forse anche lei sta scoprendo che quel fantasma di Giselle non è altro che parte integrante della sua personalità.

C’è un Gus pubblico e uno privato, un Jim e un Saul, una Kim e una Giselle.

Nel solco di queste dicotomie si colloca anche Mike. Conosciamo la sua storia: era un poliziotto corrotto, ha vendicato la morte dell’onesto figlio, ha provveduto alla sua famiglia anche ricorrendo a metodi poco ortodossi. In lui, come in tutti gli altri, sembra esserci una moralità perversa: rifiuta i soldi di Gus, riscatta il delitto compiuto dai Salamanca, va in soccorso di Saul. Ma in ogni circostanza si macchia di crimini spesso violenti e non disdegna l’omicidio ben giustificato (vedi: Hector).

Eppure, forse più che in chiunque altro, in Mike c’è anche un germe di scrupolo. C’è il peso opprimente di un mestiere in cui risulta essere sempre più invischiato senza possibilità di scampo. “È bello aggiustare qualcosa ogni tanto”, confida Mike a Jim. Quest’ultimo non può capire il senso di quelle parole, ma noi spettatori forse sì. Mike è sempre coinvolto in missioni che inevitabilmente comportano dei danni. Sono azioni distruttive, ‘in negativo’. Per una volta, un insolitamente riflessivo Ehrmantraut, vorrebbe poter produrre. Vorrebbe ‘aggiustare una porta’ piuttosto che scardinarla o manometterla. Vorrebbe costruire. ‘In positivo’.Better Call Saul

Uno spazio molto contenuto in questa recensione va riservato anche agli scorci di trama che prendono avvio. Il sorriso di Fring che guarda il cestino dei rifiuti e ‘fa canestro’ non può essere casuale, così come il suo dialogo con Mike. Ha in mente qualcosa. E per mettere in atto il suo piano ai danni di Ektor Salamanca non dubitiamo che si servirà di Mike.

Ancora più nebulosa la strategia di Jimmy e Kim. Le foto ottenute da Mike forse sono in grado di dimostrare che Chuck è un pericolo per sé stesso. Quella della lanterna a gas sui giornali in particolare potrebbe essere usata come prova del rischio di incendio. Il tutto finalizzato a ottenere la procura del fratello e annullare ogni accusa. Il misterioso foglietto che Mike dice di aver trovato “nella rubrica sulla scrivania” potrebbe forse contenere le indicazioni sulla cassetta di sicurezza che contiene il nastro originale. O forse l’indirizzo di Rebecca, la ex-moglie di Chuck, misteriosamente sparita di scena. Che le motivazioni del loro divorzio possano risultare utili a Jimmy? Per ora solo speculazioni.Better Call Saul

Interessante poi, e certo non casuale, la correzione nella confessione di Jimmy relativa alla distruzione di “proprietà personale”. La genericità della definizione potrebbe forse essere usata in un secondo momento per dimostrare che essa si riferisce alla porta (distrutta nell’irruzione) e non al nastro, che, tra l’altro, come rivela candidamente Chuck, non è altro che una copia. La presenza di una registrazione “originale” annullerebbe così l’accusa di “distruzione di prove”. Ipotesi, ovviamente. Anche se tutto sembra andare secondo i piani, come conferma il “bingo!” a cui Kim si lascia andare a conclusione di questo episodio di Better Call Saul.

Una suggestione priva di fondamento sembra invece quella che vuole Hank Schroeder fare una brevissima apparizione in “Sabrosito”.

Nella scena in cui la Dea sequestra i beni della gelateria dei Salamanca, per un istante appena possiamo intuire la sagoma di un corpulento uomo calvo. Che sia proprio Hank? Chissà. Di sicuro l’evoluzione della trama in Better Call Saul non renderebbe del tutto inverosimile un suo (graditissimo) ritorno.

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