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Come le Serie Tv hanno cambiato il concetto di vita notturna

Quel vecchio saggio di Ted Mosby sostiene che dopo le 2 di notte non succeda niente di buono. L’ha imparato a caro prezzo sulla sua pelle, ma non è certo una massima universale. Affatto. La notte è il momento particolare delle nostre giornate racchiuso tra un tramonto e un’alba. È allo stesso tempo alba e tramonto, a sua volta. È il contesto ideale dei sogni e degli incubi. Degli occhi aperti, oppure chiusi. La notte è una dimensione a se stante con regole tutte sue, insomma. E ognuno di noi le vive in modo diverso. C’è chi dorme, e talvolta non sa che si sta perdendo. Chi le vive invece con un drink in mano e dormire, certe volte, sarebbe stata un’idea migliore. E poi c’è chi sogna, tenendo gli occhi aperti. L’ultima categoria vive in uno strano limbo, nel quale si vive e non vive allo stesso tempo.

Che diavolo c’entra tutto questo con un portale che si occupa di serie tv? Tanto, forse troppo. Perché le serie tv sono le protagoniste indiscusse di molti momenti della nostra vita. Anche quella notturna, spesso. E l’hanno cambiata, talvolta radicalmente.

La notte delle avventure 

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Ci sono due parole da tenere bene a mente se si vuole rapportare l’amore per le serie tv alla vita notturna: evasione e dipendenza.

Concentriamoci sulla prima, per ora. Ad ogni immersione nella vita di tutti i giorni, deve corrispondere un’evasione. Sempre. Se così non fosse, impazziremmo. Per farlo, ci sono molti modi. Il più semplice è immergerci in una grande avventura scritta da noi. Non immaginate chissà quale impresa: potrebbe bastare il tavolo di un pub, un paio di amici, dei drink e una bella ragazza alla quale avvicinarci con le scuse più disparate. Potrebbe essere l’amore della vita, oppure la gradevole partner di una lunga notte. Siete capitati in un pub dominato da presenze maschili? I drink potrebbero essere un’alternativa interessante. Ovviamente il discorso è valido anche a parti invertite, e potreste non aver voglia di conoscere nessuno di nuovo. Le grandi avventure non hanno mai una sceneggiatura fissa: può essere sufficiente un solo amico per evadere e trascorrere una bella serata. Anche se sei astemio.

L’evasione può assumere i contorni più disparati. Anche quelli di una bella serie tv. Ci sono notti da vivere col fiato sospeso, senza nessuno intorno. Ci sono notti che non si riesce a scrivere di proprio pugno e possono diventare bellissime. Potreste entrare nello Studio Ovale della Casa Bianca, per esempio. Oppure bussare compulsivamente alla porta di Penny. Sennò prendere una TARDIS e farvi un giretto a casa di Vincent Van Gogh. L’evasione assumerebbe i contorni di una fuga alienante. Ma non bisogna esagerare: la voglia di distrarsi deve essere frutto di una scelta nei tempi e nei modi, non una necessità. Soprattutto se la necessità si trasforma in un’insanabile dipendenza.

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Nel momento in cui le serie tv non sono più una semplice opzione per evadere nella vita notturna e si trasformano nell’unica ipotesi possibile, diventano un problema. La dipendenza innesca un meccanismo morboso nel quale siamo inconsapevoli di essere in grado di scrivere la nostra sceneggiatura per una bella nottata. Una maratona lunga ore è la naturale conseguenza. Abbiamo fame di storie, soprattutto dopo una giornata faticosa. Eppure esiste un compromesso perfetto che creerebbe un equilibrio tra voglia di evadere e la fame insaziabile di serie tv: trasformare le storie scritte da altri in spunti per creare le nostre.

Chiariamo meglio il concetto. Chi sostiene che le serie tv siano un’esperienza di vita non sbaglia. Affatto. Ma non devono essere l’unica esperienza. Non passeremo mai le nostre nottate nel tentativo disperato di rispettare una consegna promessa a Gustavo Fring, sia chiaro, ma potremmo canalizzare gli spunti più nobili che ci ha offerto Walter White per vivere meglio le nostre nottate e le nostre vite, per esempio. Potremmo diventare il Barney Stinson del nostro gruppo, oppure. Le serie tv possono essere maestre di vita, anche la notte. A patto che realtà e fantasia si sovrappongano senza mai scindersi. Un po’ come è possibile farlo con un bel libro o un grande film.

Non chiudiamoci in camera, non facciamolo sempre. Usciamo, il venerdì e il sabato. Facciamolo. Se Sherlock vivesse la sua vita davanti ad uno schermo, Watson non avrebbe avuto niente da raccontare. Possiamo essere noi stessi una serie tv meravigliosa, per una notte. Almeno una alla settimana. E creare un angolo che potrebbe cambiare una vita intera. Solo a quel punto i protagonisti più amati saranno realmente i nostri amici e non solo i nostri eroi. Rischiamo di vederci sfuggire una vita che corre, sennò.

Se ci chiudessimo sempre al MacLaren’s Pub ed evitassimo l’Old Square di Cagliari, per esempio, potremmo perdere l’occasione unica e irripetibile di conoscere la donna della nostra vita. Una che si è chiusa al Central Perk, magari, e finirà tra le mani di Joey Tribbiani. Le serie tv hanno cambiato il concetto di vita notturna, ma non per forza in male. Dipende da noi, solo da noi. Dopo le 2 di notte potrebbe non succedere nulla di buono, ma non esiste niente di peggio di non scoprirlo. Nonostante tutto.

Antonio Casu