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Sherlock, da eroe letterario a icona televisiva

Una delle principali accuse che vengono smosse contro le trasposizioni televisive e cinematografiche di alcuni libri o fumetti è il mancato rispetto della fedeltà del prodotto su schermo rispetto alla serie originale. Guardate la Warner Bros, che nonostante l’ottimo lavoro fatto con Harry Potter, la serie fantasy creata da JK Rowling, si è attirata antipatie da parte dello zoccolo duro di fan del maghetto interpretato da Daniel Radcliffe a causa di alcuni tagli effettuati per rendere la sceneggiatura degli otto film più flessibile e leggera

Se è vero dunque che la fedeltà dovrebbe essere sempre e comunque rispettata, è anche vero che letteratura e cinema/televisione sono due forme di arte differenti che, tuttavia, possiedono numerosi punti in comune. Molti anni fa un dottore annoiato della sua carriera da medico che stentava a decollare, durante gli interminabili pomeriggi passati nel proprio studio ad attendere pazienti, inizia a scrivere le gesta di un detective saccente e geniale che passerà alla storia come Sherlock Holmes. A 128 anni dall’uscita ufficiale de Uno studio in rosso (primo romanzo dell’ufficiale canone holmesiano), ci troviamo qui per parlare di quella che a mio personale parere – e a quanto pare anche di molti fedelissimi affezionati, tra cui spuntano critici illustri del New York Times – è la miglior trasposizione televisiva del mito di Sherlock Holmes.
La serie, chiamata candidamente Sherlock, possiede la particolarità di essere ambientata ai giorni nostri e di modellare situazioni viste nei romanzi alle esigenze temporali attuali. Tuttavia, ciò che colpisce della serie prodotta dalla BBC, è la cura maniacale riservata ai (pochi ma buoni) personaggi principali.

IL SEGRETO DI SHERLOCK

Benedict Cumberbacht è un Holmes perfetto, un sapiente mix di genio e freddezza che però non pregiudica affatto l’umanità che il personaggio di Conan Doyle ha sempre e comunque posseduto. Lo Sherlock della BBC veste con lunghi cappotti invernali persino nei mesi estivi, è veloce e spiazzante nelle deduzioni, un ottimo osservatore, un sociopatico costruito in funzione della propria spalla John Watson, dottore con un passato oscuro interpretato magistralmente da un Martin Freeman in forma superba. Non c’è dunque da stupirsi se l’interpretazione dello stesso Freeman è stata, alla pari di quella del suo collega Cumberbacht, osannata sia da fan che dai membri della Writers Guild of America, una delle associazioni di sceneggiatori più famose al mondo. La versione BBC di John Watson è complessa e profonda e ci permette di scavare nell’animo di una personalità apparentemente calma come il reduce dal conflitto ambientato in Afghanistan. John è di fatto un uomo disorientato che non riesce a liberarsi dalla ragnatela velenosa delle proprie paure e dei propri ricordi di guerra. Ci riesce, alla fine, incontrando Sherlock Holmes e rituffandosi in quella parte nera della vita formata da crimini, delitti e affini.

SHERLOCK REBORN
Il binomio Holmes-Watson è reso molto meglio rispetto alla serie concorrente di stampo americano Elementary, ma questa è un’altra storia che meriterebbe un approfondimento a parte. La coppia investigativa è comunque godibile e abbina parti di dialogo basate sulla pura crime investigation ad altre che fanno sfoggio di ironia e sarcasmo che all’interno di una serie televisiva dovrebbero sempre essere presenti per stemperare toni cupi e trame complesse. In quanto alla struttura degli episodi, la BBC ha scelto di attuare una procedura quasi del tutto innovativa, anche se ciò ha comportato il consistente prorogarsi delle riprese più del dovuto: ogni stagione ha solo tre episodi e ognuno di loro è della durata di novanta minuti; assistiamo dunque a tre film tv divisi in tre stagioni, con la quarta attualmente in produzione a Londra.

I casi di Sherlock sono tratti da racconti e romanzi di Conan Doyle, adattati ai tempi odierni e arricchiti con particolari aggiunti, ma ad essere messo in evidenza è sempre il canone classico holmesiano, quell’intelligenza viva e brillante del protagonista che riesce con disinvoltura a soppiantare problemi comuni, crimini efferati, complesse reti mentali, complotti nazionali e inganni da parte di donne astute e argute quanto il detective di Baker Street.
Sherlock, ad oggi, rappresenta senza dubbio l’eccellenza per quanto riguarda serie tv poliziesche, ma atipiche. Se non l’avete mai guardato, non aspettatevi un classico police procedural alla CSI. La serie scritta da Steven Moffat e Mark Gatiss (che, curiosità, interpreta anche Mycroft Holmes) è incentrata totalmente sulle capacità intellettive e personali dei due protagonisti, un serial che è riuscito nel complesso incarico di soddisfare i seguaci più fedeli di Holmes e di far appassionare al personaggio di Doyle schiere di milioni di appassionati di età compresa tra i sedici e i venticinque anni. Non è un caso, infatti, che dalla prima messa in onda della serie – 2010 – le vendite dei romanzi e delle raccolte di racconti riguardanti Sherlock Holmes abbiano subito un’impennata fantascientifica, contribuendo, come se ce ne fosse stato ulteriore bisogno, a rendere la figura di Holmes ancora più radicata nell’immaginario collettivo.

WHY WATCH IT?
Quindi, perché guardare Sherlock? Oltre alla grande bravura del cast artistico, è da segnalare la presenza di una regia vivace, moderna e dinamica, che alterna sapienti rallenty nei momenti opportuni a cambi di scena gestiti benissimo; una menzione speciale va alla sceneggiatura, mai ridondante, né troppo semplice, e ai soggetti dei vari episodi, che di Conan Doyle hanno parecchio e che riescono a fondersi con il presente nella maniera più naturale possibile. Marchi di fabbrica della serie sono la sovraimpressione di informazioni testuali e mentali che vengono rese immediate sullo schermo come se lo spettatore fosse in grado di partecipare attivamente all’azione e l’ottima e quasi onirica percezione dei pensieri dei vari protagonisti.
C’è spazio anche per la trattazione di temi fondamentali quali l’amicizia, il libero arbitrio e l’amore, argomenti trattati con il contagocce, ma sempre in modo molto accurato e calzante alla storia che ci viene proposta.

Una serie, questa, che per qualità e narrazione entra di diritto tra le più belle scritte negli ultimi dieci, quindici anni. In attesa delle prossime avventure del segugio più famoso di Inghilterra, magari sarà opportuno fare una lista di problemi da risolvere. Tanto potete ricorrere a lui: bussate al 221B di Baker Street e sgranate gli occhi: lo show di deduzioni sta per cominciare.

A cura di Matteo Iacobucci
@MatteoIacobucci