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La parola subtext sarà familiare a chiunque – come me – è cresciuto con Xena. Per chi invece ha avuto la sfortuna di non diventare adulto insieme a questa donna fantastica – poraccio!! Il subtext si ha quando due personaggi dello stesso sesso si comportano in maniera ambigua e l’UST (la tensione sessuale) è alle stelle. Ecco, questo è quello che succede in Sherlock della BBC.

Ma qui non si tratta solo di attrazione sessuale tra i due protagonisti: c’è molto, molto di più, Sherlock Holmes e John Watson sono soulmates, cioè anime gemelle.

In qualsiasi modo, in qualsiasi tempo, in qualsiasi universo, sono destinati a trovarsi e a stare insieme.
Insomma, se non è ancora chiaro, li shippo: quei due sono l’OTP della vita!
E anche i due autori della serie sembrano essere d’accordo con me. Infatti mi aspetto da un momento all’altro che diventino canon, ma non perché uno dei due, Mark Gatiss (che interpreta anche Mycroft Holmes), è gay, ma perché Steven Moffat è così Johnlocker trash che li ha già canonizzati in versione femminile in due altre sue serie, Doctor Who (Madame Vastra e Jenny) e Jekyll.
Su, Stefano, che aspetti?? Lo so che ti diverti a farci soffrire, ma stavolta non potresti darci una gioia? Non chiediamo molto, eh, solo una…
Ma, lasciando stare Moffat – me ne devi una, Stefano! – vediamo i motivi per cui proprio non si può non shippare Johnlock.

CANONE

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Come sapete, Sherlock Holmes e John Watson non sono nati dalla fantasia di Moffat e Gatiss, ma dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle. Il primo romanzo, Uno studio in rosso, è stato pubblicato nel 1887 e ambientato nel 1881. Già in questo primo romanzo, che contiene un abbozzo dei personaggi che saranno poi sviluppati meglio, è chiara come il sole l’attrazione che Watson, medico militare in congedo, prova per Holmes, il suo nuovo coinquilino. È affascinato al punto da osservarlo in continuazione, fare congetture sulla sua vita, redarre una lista con le conoscenze e le deficienze di quell’uomo enigmatico e affascinante.
Doyle stesso si deve essere accorto che il rapporto tra i due rischiava di provocargli rogne – in quegli anni, in Inghilterra, l’omosessualità era reato – e così nel secondo romanzo, “Il segno sei quattro”, ha fatto sposare Watson con una cliente conosciuta due giorni prima, Mary Morstan. Una moglie per niente di copertura, eh, specie visto che il detective continua a fare il bello e il cattivo tempo nella vita del suo dottore, che scappa da (e con) lui ogni volta che può, senza interpellare la moglie e ignorando i suoi doveri di medico. Molto antisgamo, Watson, complimenti!

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