Vai al contenuto
Serie TV - Hall of Series » Suburra » Suburra, l’apocalisse romana dal film alla Serie Tv

Suburra, l’apocalisse romana dal film alla Serie Tv

Suburra è il nome di una regione della Roma antica, situata nella depressione fra i colli e, dalla fine della Repubblica, popolata fittamente da piccoli commercianti e gente di malaffare.

L’omonimo film del 2015 e la Serie Tv prossimamente in uscita su Netflix, entrambi diretti da Stefano Sollima (Romanzo Criminale; Gomorra), trattano il concetto di palingenesi. Questo, in termini filosofici, indica il processo secondo il quale l’esistenza avrebbe una natura ciclica tendente sempre a compiersi per poi ricominciare. Non bisogna però immaginare un cerchio che costantemente ripercorre il proprio perimetro, quanto una sorta di spirale, che lentamente conduce l’esistenza sempre un passo avanti.

Tutto ciò comporta che alla fine di ogni ciclo vi sia un lungo e doloroso processo di trasformazione che, passando attraverso una fine, porterà a un nuovo inizio.

Il titolo dell’opera non è casuale, come non lo è il fatto che la corruzione del territorio a cui fa riferimento sia avvenuta come conseguenza della caduta dei valori repubblicani. Portate tutto questo al ventunesimo secolo, nello stesso luogo di allora e vi accorgerete che nulla è cambiato. Questa è la palingenesi.

L’abbattimento dei pilastri, ovvero la preparazione all’Apocalisse

La storia di Suburra ci viene raccontata tramite delle didascalie che preannunciano l’avvento dell’Apocalisse. Un’accezione metaforica dell’evento biblico, che porterà semplicemente al totale ribaltamento della condizione iniziale da cui è partita la vicenda. Si susseguono avvenimenti che determinano la fine di un’era, mettendo in crisi il potere spirituale, con le dimissioni del Papa e il potere temporale, con la caduta del Governo. I due pilastri fondanti della nostra società.

Ma un evento di tale portata non arriva improvvisamente. Vi è una minuziosa preparazione che strappa radici e abbatte pilastri, per trovare campo libero alla fine e spazzare via tutto. Nel tempo l’indebolimento istituzionale di uno Stato, dovuto all’inadeguatezza dei suoi membri, porta il proprio popolo a una condizione di umiliante abbandono. Le reazioni possono essere molteplici: c’è chi fugge e chi resta, tra questi ultimi c’è chi continua ad essere umiliato, chi combatte e chi gode della possibilità di rubare ad altri un pezzo di benessere. Che in queste condizioni non è che effimero appagamento.

Come è normale immaginarsi, nella lotta per la sopravvivenza resistono i forti e i ricchi. Tutti gli altri sono divisi, si odiano e hanno paura, perché chi ha già vinto in partenza sa che è meglio così e che la vita è troppo breve per pensare a cosa sarà tra vent’anni.

Suburra parla di entrambi, politici corrotti e criminali che non hanno niente da perdere e che affondano sempre di più nella misera ricerca del potere. Un potere che porta solo ad affogarsi.

E la pioggia pulirà via il fango… durante l’Apocalisse

La pioggia non è buona né cattiva. È una condizione di passaggio che determina un cambiamento di stato. Passa sopra tutto, senza eccezioni.

In Suburra la pioggia è un elemento fondamentale. Ci viene mostrata una Roma buia, sporca, brutta e continuamente schiaffeggiata dall’acqua. A prova del fatto che anche le cose più belle, se corrotte dall’interno, possono marcire e perdere il loro splendore. La pioggia inizialmente sembra solo un tocco di stile, una scelta registica per rendere tutto più drammatico, poi diventa una compagna di viaggio e infine un presagio che tutto ciò che stiamo vedendo sta procedendo attraverso un passaggio, un cambiamento di stato. L’Apocalisse è in corso.

Tutto sta scorrendo al ritmo che la pioggia detta e sembra che non sia lì solo per lavare via tutto il fango che per anni è stato accumulato, ma anche per rifertilizzare quella stessa terra e prepararla a una nuova fioritura.

L’assordante silenzio del vuoto dopo l’Apocalisse

Non bisogna farsi ingannare dalla trama stile Scorsese che Suburra presenta. Gli intrighi politici e il business del gioco d’azzardo fungono solo da pretesto per raccontare un qualcosa di molto più grande. Proprio quell’Apocalisse che a lungo si è preparata per incombere. Le vicende d’intreccio non fanno altro che mostrare coloro che ne saranno in qualche modo travolti e non potranno reagire.

Ed è così che alla fine, quando l’escalation disastrosa ha trovato il suo compimento, troviamo i nostri personaggi perduti in un contesto di assordante silenzio. La situazione limbica dopo L’Apocalisse necessita di tempo per assestarsi e passerà attraverso crisi e guerre sanguinose, in piccola e larga scala, a tutti i livelli della società. La stratificazione sociale, in Suburra, è rappresentata da i politici, che hanno in mano responsabilità di primo piano e agiscono dall’alto, e da i criminali, che dal basso tentano di emergere per ottenere sempre più denaro e potere. Viene analizzato benissimo il modo in cui queste due realtà vanno a mescolarsi per formare un pericoloso ibrido, tra gli artefici della disfatta apocalittica.

Stefano Sollima gioca con il ritmo e con i toni magistralmente, restituendo allo spettatore un’opera impavida, tra le migliori degli ultimi anni.

Suburra come Gomorra: l’era delle città del male raccontata da Sollima.

Suburra riesce a raccontare una storia coinvolgente che presenta, come per le opere mature, tanti livelli interpretativi. Inoltre risulterà essere negli anni un prodotto profetico, poiché durante e dopo la sua lavorazione, molte delle vicende fittizie narrate hanno trovato riscontri nella realtà, arrivando agli onori della giustizia e della cronaca.

Il padre di Romanzo Criminale e Gomorra – la Serie non poteva che confezionare un prodotto interessante e che al solo annuncio della Serie Tv ha generato un grande hype tra gli ammiratori del film. L’ennesimo prodotto italiano che si sta imponendo come opera di punta per la serialità e per la cinematografia moderna.

Leggi anche: Suburra: Netflix riuscirà a redimere la serialità italiana?