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Rust Cohle è per me fonte di ispirazione

Il personaggio di Rust Cohle, interpretato magistralmente da Matthew McConaughey, è una delle stelle che illuminano la prima stagione di True Detective. Con il collega Marty Hart, impersonato dal grande Woody Harrelson, ha costituito una coppia perfetta, grazie alle profonde differenze che li separano nel corso degli otto episodi. Ma il livello di intensità che è riuscito a trasmettere questo personaggio ha avuto su di me un impatto tale da poterlo considerare una fonte di ispirazione. In questo articolo cercherò di spiegarvi perchè.

rust cohle

Partiamo da una breve spiegazione del significato della parola “ispirazione”; nell’Antica Grecia, la parola corrispondente significava “respirare su”, concetto che è stato ereditato dal latino tardo da cui deriva la parola (inspiratio-onis) e da intendere come l’intervento del respiro divino che influenza il comportamento umano nelle più svariate arti della vita. Dice l’Enciclopedia Treccani:

“Intervento di uno spirito divino che, con azione soprannaturale, determina la volontà dell’uomo ad agire o pensare in un determinato modo, o rivela alla sua mente delle verità, spesso stimolandolo e guidandolo a esprimerle con la parola o con gli scritti”.

Più in generale, tuttavia, questo significato può essere esteso a qualsiasi genere di suggerimento o stato di eccitazione che permette al soggetto di comportarsi in un determinato modo.

Rust Cohle si fa portavoce di diverse filosofie in True Detective, e questo è il primo motivo per considerarlo fonte di ispirazione: rappresenta uno stimolo di ricerca filosofica e di significato attraverso libri, film e Serie Tv.

Posso al proposito portare due esempi: le parole del detective mi hanno portato ad un percorso di lettura che ha sfiorato l’argomento della Metafisica (con la lettura della Metafisica dei Costumi di Kant), toccato la questione dell’Etica (leggendo l’Etica Nicomachea di Aristotele) e infine addentrandomi in uno degli argomenti più cari a Rust Cohle (su cui torneremo a breve), quello dell’eterno ritorno (teoria assaggiata in Così parlò Zarathustra di Nietzsche).

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L’altro esempio che chiarisce come il personaggio di McConaughey mi abbia ispirato è legato alla generale ricerca di Serie Tv che siano generalmente introspettive e riflessive, quindi non semplicemente qualcosa da vedere per passare e impiegare il tempo. Il caso che riporto potrebbe sembrare strano in un primo momento, ma in realtà è estremamente calzante: mi riferisco alla visione del cartone animato BoJack Horseman.

Mi è stato consigliato di vederlo proprio per la profondità dei temi trattati, ma senza quel consiglio non avrei mai pensato che un cartone animato potesse dare continuità alle riflessioni di Rust Cohle; in BoJack Horseman una delle tematiche preponderanti è quella del Nichilismo: esistenziale, principalmente, ma facilmente individuabile anche sotto diverse forme. È arrivato dunque il momento di spiegare brevemente cosa Rust Cohle ha inteso dire quando ha parlato di Nichilismo e di Eterno Ritorno.

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Il pessimismo del personaggio fa riferimento ad una specie di rassegnazione che egli prova nei confronti degli eventi della vita; sia ragioni personali (la morte della figlia piccola) che professionali (lavorare da infiltrato sotto effetto di droghe per la narcotici) hanno portato Rust Cohle a credere che non ci sia nè speranza nè tantomeno motivo per l’uomo per proseguire la sua esistenza.

Quello del detective è senza dubbio un nichilismo esistenziale, in quanto di fatto sostiene che la vita non abbia alcun senso estrinseco. Tale visione non è dunque tanto diversa da quella del pessimismo cosmico (evoluzione di quello storico) di Leopardi, che però trova il senso dell’esistenza affermandone la sua malignità: si può vivere, è vero, ma solo se si considera che la vita non è altro che sofferenza.

Rust così si esprime nella prima puntata, in una conversazione con Marty:

Io mi considero una persona realista, ma in termini filosofici sono quello che definiresti un pessimista. Credo che la coscienza umana sia un tragico passo falso dell’evoluzione. Siamo troppo consapevoli di noi stessi. Siamo delle cose che si affannano nell’illusione di avere una coscienza. Questo incremento della reattività e delle esperienze sensoriali è programmato per darci l’assicurazione che ognuno di noi è importante, quando invece siamo tutti insignificanti. E io credo che la cosa più onorevole per la nostra specie sia rifiutare la programmazione, smetterla di riprodurci, procedere mano nella mano verso l’estinzione.

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Al centro di questa sua impostazione c’è, come anticipato, l’applicazione dell’eterno ritorno di Nietzsche; quest’ultimo nella sua opera principale – Così parlò Zarathustra – sostiene la cosiddetta “infinità circolare del tempo”, affermando che la nostra vita non sia altro che un continuo ripetersi di azioni che si ripropongono ciclicamente, intrappolandoci.

Rust Cohle, nella quinta puntata, dice ai detective che lo stanno interrogando:

La nostra vita si ripropone ciclicamente come dei kart su una pista. Tutto quello che è al di fuori della nostra dimensione è eternità. L’eternità ci osserva dall’alto. Nell’eternità dove il tempo non esiste niente può crescere, niente può divenire, niente cambia. Quindi la morte ha creato il tempo per far crescere le cose che lei ucciderà e ognuno poi rinasce, ma sempre nella stessa vita in cui si è vissuti in precedenza. Nessuno è in grado di ricordare la propria vita, nessuno può cambiare la propria vita e questo è il terribile segreto della vita stessa. Siamo in trappola come in un incubo dal quale continuiamo a svegliarci.

Infine, un accenno va fatto in relazione all’interpretazione di Matthew McConaughey: sono stato talmente conquistato dalla sua bravura che mi sono detto che voglio trovare, per quanto possibile, Serie Tv che abbiano dei personaggi scritti bene e messi in scena da performance perlomeno ricercate e studiate. Grazie a lui ho iniziato, ad esempio, Fargo, una Serie Tv fenomenale con interpretazioni magistrali (soprattutto nella prima stagione).

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Ed eccoci dunque all’idea di ispirazione: in cosa mi sono sentito ispirato? Nel riflettere, innanzitutto; condividere (anche solo in parte) questi pensieri deve essere frutto di un’autoanalisi importante, che non può essere fatta da un giorno all’altro. L’ispirazione in sé, invece, è nata nel momento in cui il finale di True Detective ci presenta un Rust che vede un lumicino di speranza accendersi:

Una volta c’era solo oscurità. Ora la luce sta vincendo

Questo Rust Cohle, che accetta l’idea della reazione respingendo quella della rassegnazione, è per me fonte di ispirazione.

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