In questo ottavo episodio di 13 Reasons Why i sospetti lanciati sulla figura di Clay vengono messi in discussione dai suoi amici.
Nei momenti difficili, c’è ancora chi gli sta vicino, chi crede in lui ed è pronto a difenderlo a spada tratta, anche quando tutto sembra contro di lui.
Interviene anche il consulente Porter che già in passato aveva commesso grossi errori. La sua oscura figura, avvolta sempre da un alone di parole non dette, è coinvolta nella vicenda di Bryce. È stato a casa sua, ha parlato con la madre, poi il ragazzo è morto.
Il rapporto sfibrato tra i due ex migliori amici, Clay e Ani, è ormai all’apparenza privo di vie d’uscita. Dopo aver passato l’episodio precedente a negare, sviare e a non assumersi alcuna responsabilità, finalmente Ani ammette che, se Clay si rivelerà l’assassino di Bryce, sarà stato solo per colpa sua.
Alla buon’ora.
Porter stava cercando di aiutare Bryce che, nei loro colloqui, ammette di provare qualcosa per una ragazza, che ha paura di rovinare tutto e prende in esame anche il rapporto burrascoso e complicato con la madre.
Bryce stava facendo un percorso introspettivo con lo psicologo e, mettendosi nei panni della madre, scrive un orribile ritratto di se stesso: un bambino capriccioso diventato un uomo mostruoso. Sua madre è per natura obbligata a rimediare ai suoi errori, ma non lo ama.
La mia vita sarebbe migliore senza di lui.
Questo è ciò che Bryce pensa sia l’opinione di sua madre su di lui. C’è un rapporto conflittuale, un’inadeguatezza alla maternità, un figlio visto quasi come un peso, arrivato al momento meno opportuno, poi la depressione, una montagna di parole non dette che dovrebbe spiegare perché Bryce sia diventato l’uomo che è ora.
Bryce è stato un bambino poco amato, con dei genitori inadatti, ma basta questo per riabilitarlo agli occhi del pubblico di 13 Reasons Why?
È davvero difficile e, per certi versi, fastidioso e sgradevole, averlo visto in azione per tre stagioni e averlo riconosciuto come il vero villain della storia, per poi cercare di riabilitarlo con la storia del bambino infelice.
Bryce Walker è uno stupratore seriale, un violento che stenta a trattenere i propri desideri sadici anche con la donna che dice di amare.
Niente può cambiare queste cose e lo spettatore di 13 Reasons Why farà fatica a provare compassione nei suoi confronti.
In questa storia ci sono davvero molte persone infelici: dal povero Tyler (bravissimo l’attore che lo interpreta, a proposito), a Jessica, ad Alex o Justin. Lo stesso Clay è un irrequieto che non ottiene mai ciò che desidera e per il quale si può provare empatia.
Dovremmo provare pena per Bryce Walker? Ci dispiace per lui, ora che sappiamo che ha avuto un’infanzia difficile? Che sapeva essere divertente, ma anche fragile e insicuro? In qualche modo, aver riconosciuto il proprio lato oscuro lo ha reso più umano?
Onestamente no.
Bryce non è meno colpevole per il suo background familiare. La sua vita è stata fondata sull’arroganza e sulla prevaricazione, niente e nessuno potrà mai cancellare i suoi peccati. Nemmeno, se c’è qualcuno di più meschino, violento e privo di scrupoli di lui.
Montgomery de la Cruz, al momento, diventa l’indiziato principale per l’omicidio di Bryce, a patto che la cortina di segreti e reticenze venga finalmente dissipata. Monty ha preso il posto di Bryce come mostro di 13 Reasons Why: è lui il nemico da affrontare adesso.
Clay, però, ha promesso a Tyler di non rivelare il suo drammatico segreto e non lo tradirà: dovrà solo trovare un modo diverso per smascherarlo.