HANNAH NON DENUNCIA IL PROPRIO STUPRO
Anche qui, si potrebbe riprendere quanto detto nel punto precedente. Ognuno reagisce a un evento traumatico in modo diverso. E Hannah, che già era in preda alla depressione, in realtà prova a parlare della violenza subito con lo psicologo della scuola, purtroppo fallendo miseramente. Cosa che poi la porta ad arrendersi definitivamente, a perdere anche quell’effimera speranza che ancora aveva.
Denunciare uno stupro, comunque, non è semplice come si può credere, perché entrano in gioco diversi fattori, come la vergogna, il desiderio che gli altri non lo sappiano. Perché poi partono le accuse non nei confronti dello stupratore, ma della vittima: perché indossava un vestito troppo corto e quindi “se l’è cercata”, perché aveva bevuto troppo (ricordiamo che essere ubriachi NON è consenso!), perché era troppo sconvolta (o troppo ubriaca o troppo drogata) per pronunciare la parola “no”, perché è una “facile” (e quindi se ha tanti partner sessuali allora perché avrebbe dovuto dire di no a qualcuno?), perché magari all’inizio c’è stata, ma poi ha cambiato idea…
Biasimare la vittima, scavare nella vita della vittima, quando questa è una donna è “facile”, perché nel sentire comune una donna deve essere tutta casa e chiesa, deve avere una condotta irreprensibile (e poi è frigida o una figa di legno, perché – diciamocelo – comunque ci comportiamo, in realtà, non va mai bene), e se non ha questa condotta irreprensibile allora se l’è cercata.
Denunciare uno stupratore è la cosa “giusta” da fare, certo, ma non si può biasimare chi non lo fa. Certo, non denunciando si rischia che lo stupratore commetta nuovamente quel reato con un’altra donna, ma bisogna tenere conto anche che un ragazzo giovane e ricco come Bryce avrebbe anche potuto cavarsela con i servizi sociali – sempre se fosse stato condannato, visto che era la sua parola contro quella di Hannah e lui aveva una condotta irreprensibile, mentre Hannah era la sgualdrina della scuola.