13 Reasons Why, la serie tv originale Netflix uscita nel 2017, è giunta al capolinea con ormai 4 stagioni. Il drama atipico, tra alti e bassi e critiche e riconoscimenti, è riuscita a guadagnarsi un posto tra le più discusse e guardate perle del catalogo Netflix, conquistando un pubblico vasto e di tutte le età.
Il titolo, Tredici nella traduzione italiana, nasce per via dalla storia iniziale che sarà poi il fulcro di tutto quello che avverrà nelle altre tre stagioni: 13 cassette registrate da Hannah Baker per dire addio a tutte le persone che l’hanno portata verso la strada del suicidio, 13 motivi che l’hanno spinta verso la morte.
Scopriamo ogni tipo di verità con le tredici puntate della prima stagione: ogni puntata è dedicata a una persona che ha contribuito al suicidio di Hannah, le ragioni e gli episodi sono descritti dettagliatamente e lasciano poco spazio ai dubbi.
Ma questo non ha soddisfatto gli autori che hanno deciso di non fermarsi, ed ecco che arriva la seconda stagione solo un anno dopo dalla prima.
La seconda stagione affronta quelle che sono le conseguenze della morte di Hannah nella vita delle persone: la scuola va incontro a un processo e la vita degli studenti coinvolti in questa vicenda viene completamente stravolta. Una stagione che mette troppa carne sul fuoco, così tanta da confondere le idee che ci eravamo fatti sulle vicende raccontate nella prima, aggiungendo dettagli non poco rilevanti riguardo alle relazioni interpersonali nella vita di Hannah e lasciandoci confusi e interdetti.
Una seconda stagione con un potenziale che non viene sviluppato neanche un po’, il brodo viene allungato tramite i vari ostacoli che Clay e gli amici devono affrontare per portare avanti la verità di Hannah e per portare Bryce – accusato di stupro – alla condanna.
Il season finale è amaro, non ci sazia di giustizia: Bryce se la cava con una condanna di soli tre mesi di libertà vigilata, la scuola non viene ritenuta colpevole degli atti di bullismo subiti da Hannah, Jessica è solo all’inizio della sua battaglia contro la violenza che ha subito. Tutti temi che, per quanto amari, potevano considerarsi un finale per 13 Reasons Why e che sarebbero bastati per chiudere il cerchio e la storia di Hannah.
È il 2019 e gli autori continuano a non ritenersi soddisfatti del loro secondo finale, ed ecco qui la terza stagione.
Un nuovo capitolo che sembra abbandonare la prima parte della serie per iniziare una seconda parte che risulta forzata e inutile: un modo per continuare la storia che ha fatto storcere non pochi nasi.
La terza stagione si apre con un omicidio e un mistero: è morto Bryce Walker, chi è stato? Tutti sono potenzialmente colpevoli e tutti hanno un motivo: il mistero è seguito da vicino da vicino facendo risultare tutti indiziati nella stessa maniera, introducendo personaggi nuovi e nuove verità.
Una stagione che termina, anche in questo caso, con la verità dei fatti, un colpevole e un finale che, ancora una volta e forzatamente, lascia spazio a una stagione successiva.
13 Reasons Why è arrivata al suo epilogo il 5 giugno 2020 e non possiamo che confermare che la quarta stagione risulti molto superflua.
La narrazione è forzata e, sostanzialmente, mancante di una cosa fondamentale: la trama. Cosa succede realmente nell’ultimo capitolo di 13 Reasons Why? Clay esce fuori di testa immaginandosi delle cose e scoprendosi bisognoso di aiuto, Justin viene fatto fuori senza alcun motivo e vengono introdotti personaggi a caso che non sembrano ricoprire un ruolo importante.
Dell’ultima parte si salva giusto l’ultima puntata, un’ora abbondante dove (anzi: finalmente) i ragazzi salutano definitivamente la scuola e quel pezzetto di vita che non li lascerà mai andare del tutto e con cui faranno sempre i conti (fortunatamente senza farci un’altra stagione sopra però), lasciando un ultimo saluto a Justin e Hannah.
È stata una buona idea continuare così tanto 13 Reasons Why?
La risposta è NO.
13 Reasons Why doveva fermarsi alla seconda stagione (e anche in questo caso si è generosi) e al massimo pensare di aggiungere quest’ultima puntata come extra e tirarne fuori una specie di film conclusivo.
I personaggi, eccetto quello di Justin e pochissimi altri, non vengono più costruiti da un punto di vista interiore: le loro peculiarità, i loro caratteri vengono nascosti, chi sono veramente, se sono degli approfittatori o se si vogliono bene sul serio, nessuno lo saprà mai. Tutto è visto solo dal punto di vista degli omicidi e di come salvarsi le chiappe tramite il principio di una sola verità concordata, per il resto, dopo quattro stagioni non siamo in grado di definirli davvero.
Il viaggio all’interno delle quattro stagioni di Tredici è giunto (finalmente) al capolinea, ci hanno risparmiato la quinta stagione e finalmente hanno capito di aver detto tutto (troppo), portandoci a un finale che poteva essere anticipato un paio di stagioni fa. Le pretese avute dagli autori e dalla produzione di questo prodotto sono state troppo alte e hanno inevitabilmente portato Tredici a snaturarsi, a vivere di sottotrame, vicende forzate e inutili eventi.
Chiunque dovesse non aver visto 13 Reasons Why che lo faccia, ma che si ricordi di farlo solo per le tredici puntate della prima stagione: quel che viene dopo è da dimenticare, rimuovere, cancellare con la gomma girata dalla parte blu.