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ATTENZIONE: questo articolo contiene SPOILER sulla quarta stagione di 13 Reasons Why.
13 Reasons Why si è conclusa definitivamente da poco (qui la nostra recensione) e, anche questa volta, non è stata esente da critiche da parte del pubblico. Dopo quattro anni si è chiuso il cerchio che secondo molti doveva chiudersi con la seconda stagione. Nel corso dei suoi ultimi 10 episodi, la serie statunitense creata da Brian Yorkey non è stata certo priva di punti deboli, rischiando di sembrare ripetitiva e noiosa. Eppure alcuni elementi dell’epilogo sono stati gestiti in modo efficace, rendendo più piacevole la visione delle puntate.
La morte di Hannah ormai non è altro che un ricordo, come testimoniano le cassette che sua madre restituisce ai ragazzi nell’ultimo episodio, ma le questioni in sospeso da risolvere non sono mancate. Alla fine però ogni personaggio ha concluso il proprio percorso, nel bene o nel male.
Ecco le 5 cose che hanno funzionato nel finale di 13 Reasons Why.
1) La gestione della morte di Justin

Justin Foley ha combattuto per anni contro sé stesso, contro la sua tendenza all’autodistruzione e proprio quando aveva deciso di regalarsi un’altra opportunità, il mondo lo ha trascinato giù un’ultima volta. A poco sono servite le premure dei Jensen, l’amore di quella famiglia che non ha mai avuto davvero, anche se fino alla fine gli hanno stretto la mano, ogni giorno in quel malinconico letto d’ospedale dove ha trascorso i suoi ultimi istanti. Eppure, nonostante le lacrime che ci ha fatto versare e l’amaro che ci ha lasciato in bocca, la morte di Justin nel finale di stagione ha funzionato.
Dopo tutto quel tempo passato per strada, con l’unico scopo di farsi ancora una volta, l’AIDS lo ha consumato lentamente. Una morte resa in modo accurato e reale che insegna ancora una volta come sia importante non trascurare i segnali e non dare mai nulla per scontato. La morte che Justin ha paura di affrontare gli offre però quella pace tanto agognata, quel silenzio eterno che tanto tutti temono.