Negli ultimi anni il mondo dell’adolescenza ci è stato raccontato sotto aspetti sempre più crudi, proprio grazie a serie come 13 Reasons Why ed Euphoria. Per anni, la giovinezza e i suoi precoci turbamenti sono stati rappresentati da serie come The O.C. e Gossip Girl, che hanno tentato a modo loro di raccontare i facili pericoli in cui può cadere un adolescente mentre scopre la propria identità all’interno della società in cui vive.
La rappresentazione di queste tematiche, però, è sempre avvenuta in un modo decisamente troppo glamour all’interno di questi show, così tanto da non permettere agli adulti di identificare in quei patinati adolescenti i loro figli, così come gli stessi faticavano a riconoscersi nei drammi spesso esagerati di Blair Waldorf o Marissa Cooper.
Fino all’arrivo di 13 Reasons Why, che con la sua prima efficace stagione ha colpito nel segno in un modo nuovo e decisamente più incisivo.
Le vicende di Hannah Baker, adolescente decisamente più credibile e di conseguenza più spaventosamente familiare rispetto alle ragazze dell’Upper East Side, hanno generato un interessante rumore superando la barriera dello schermo di casa, tanto da attirare l’attenzione non solo degli adolescenti ma anche dei loro genitori.
Puntando l’obiettivo sul tema del bullismo, degli stupri, e infine del suicidio tra gli adolescenti, la serie televisiva di Netflix ha acceso il focus su argomenti che non sempre sono stati raccontati adeguatamente nel panorama televisivo. E grazie al suo meritato successo, la serie tratta dal romanzo di Jay Asher ha saputo raccontare in modo toccante e originale gli effetti devastanti che una violenza sessuale può scatenare all’interno di una piccola comunità.
13 Reasons Why avrebbe potuto ambire davvero al titolo di serie manifesto dei drammatici eventi che possono rovinare un adolescente, ma due anni più tardi è arrivata Euphoria e la musica si è fatta decisamente diversa.
Il perché è presto detto: seppur dopo un convincente esordio, la serie con protagonista Katherine Langford ha iniziato a perdere colpi, finendo per esasperare le corde drammatiche della narrazione e cadendo nel tranello in cui inciampano facilmente molti teen trama, e cioè quello di rivelarsi molto più teen che drama.
Se le confessioni purgatoriali che ci venivano svelate dalle cassette di Hannah e il lento isolamento che l’ha spinta alla morte hanno avuto un effetto originale e coinvolgente sugli spettatori, nel resto delle stagioni questo fascino ambiguo è andato esaurendosi, finendo per far percepire la serie come pretenziosa ed eccessivamente disperata.
Al contrario Euphoria, la serie che ha confermato il già sospettato e carismatico talento della sua giovane interprete, questo vanaglorioso obiettivo non sembra porselo affatto.
Benché la serie HBO affronti tematiche ancora più spinose e difficili da digerire da un organismo genitoriale, lo fa sviluppandosi in un racconto asciutto e privo di artifici. Lo spettatore affonda nelle dipendenze di Rue e nel suo apatico smarrimento quasi senza accorgersene, restando tuttavia colpito da come il mondo scorretto e borderline della ragazza venga inesorabilmente attratto nell’orbita gravitazionale del primo vero oggetto luminoso che attraversi il suo cielo, Jules.
Perché è un terribile errore etichettare Euphoria come una serie drammatica sul sesso e le droghe tra gli adolescenti di oggi, dal momento che il vero cuore pulsante dello show è sicuramente rappresentato dai sentimenti che muovono le scelte di questi giovani adulti.
La loro assenza, come nel caso di Rue, e la necessità di sostituirli a qualsiasi costo, ma anche la loro presenza, rappresentata dall’amicizia che lega le protagoniste e che racconta un aspetto incredibilmente promettente delle nuove generazioni. Il bisogno di creare legami stabili e autentici e di sdoganare certi arcaici ruoli sociali.
Euphoria è una serie drammatica che non cerca di esserlo a tutti i costi, che affronta temi come la dipendenza, il sesso, la prostituzione, con il coraggioso bisogno di sensibilizzare piuttosto che di sconvolgere, bisogno che forse si respirava di più nei primi tredici episodi di 13 Reason Why.
Una parte decisamente fondamentale all’interno dei due show la fanno anche gli adulti e la società in cui fanno crescere i loro ragazzi. Se nella serie Netflix questi sono distratti e marginali, arrabbiati e in cerca di una disperata vendetta o un determinato bisogno di proteggere la propria reputazione dalla vergogna e dall’opinione pubblica, in Euphoria i genitori non sono che l’evoluzione dei figli.