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9 volte in cui 1899 si è rifatta a 9 grandi opere

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Dove volesse andare a parare 1899 lo si capiva già abbastanza bene dopo i primi episodi e no, non serve una laurea in criminologia seriale o una discendenza diretta da Sherlock Holmes. Solo, probabilmente, la presenza di un buon curriculum di serie tv e film. Perché, per quanto i creatori siano restii ad ammetterlo, c’è davvero parecchia roba alla quale 1899 si è ispirata, tra cult, piccoli tesori poco conosciuti e persino la sorella maggiore Dark. La critica principale che i detrattori della nuova serie creata da Baran bo Odar eJantje Friese muovono è proprio la presenza massiccia e non tanto velata di riferimenti ad altre opere cinematografiche e seriali. Contrariamente a una fetta di pubblico che osanna 1899, un’altra nutrita fetta lo ritiene non solo un prodotto sopravvalutato ma, in fin dei conti, un grande pastiche di cose già viste. E se alcuni rimandi sono così evidenti da rasentare il plagio, altri risultano chiari solo per occhi più esperti. ATTENZIONE SPOILER! L’articolo ch segue contiene spoiler relativi al finale della prima stagione.

Voi siete riusciti a individuare tutte le reference seriali e filmiche presenti in 1899? Vi sfidiamo a trovarne altre.

1) Dark

1899
Sic mundus creatus est (640×479)

Iniziamo subito con il rimando più evidente, ovvero quello con la prima creatura di Baran bo Odar e Jantje Friese: Dark. La serie tv, anche in quel caso targata Netflix, è stata un fenomeno mondiale che ha raccolto attorno a sé un vastissimo pubblico di appassionati, tra coloro che lo sci-fi lo hanno sempre amato (e per questo motivo non sono rimasti particolarmente impressionati) e quelli invece che si sono così avvicinati per la prima volta la genere. I punti di connessione con Dark sono parecchi: il loop temporale, la simbolicità del triangolo, il significato del numero 3, l’immagine della piramide e quella maledetta canzone che parte sempre a dieci minuti dalla fine.

La presenza di elementi simili potrebbe anche dare un senso di continuità e coesione tra i due progetti ma la differenza con “riciclaggio” di idee è davvero molto labile. Uno dei primissimi pensieri che sorgono dopo appena un episodio è se non ci troviamo di fronte alla quarta stagione di Dark.

Sensazione non delle migliori visto che 1899 si propone di trattare una storia completamente diversa.

2) Matrix

L’agente Smith (640×360)

Eccolo, il grande elefante nella stanza. Il riferimento cinematografico al quale abbiamo pensato tutto ma non volevamo crederci. Come si fa a non mettere a paragone la serie tv Netflix e il film Matrix, quando tutta la trama della prima sembra scopiazzata senza mezzi termini dal secondo? Abbiamo una realtà simulata, abbiamo un architetto e per non farci mancare nulla abbiamo anche un risveglio nel mondo reale (che poi sarà davvero così o si tratterrà di una altra simulazione?). Siamo di fronte a un citazionismo palese ma che non permette a 1899 di distinguersi avendo a che fare con un paragone così illustre.

Inoltre, il supposto colpo di scena della realtà virtuale non è neppure gestito al meglio. Già nel secondo episodio vediamo le numerose telecamere che ci fanno intuire la verità ma di lì a poco la rivelazione viene nascosta sotto il tappeto. Un altro esempio è dato dal ruolo giocato da Maura, che da eroina vittima di suo padre viene rivelata essere l’architetto che ha creato tutto. Informazione che ci viene ripetuta fino alla nausea perdendo così il proprio impatto emotivo.

Per finire, la stessa canzone utilizzata in Matrix Resurrections fa da intro in 1899.

3) Il Cubo

1899
La camera blu (640×428)

Corridoi claustrofobici, camere cubiche e trappole mortali. Questi sono i pochi e semplici elementi che caratterizzavano The Cube, il tesoro sci-fi del 1997 ideato da Vincenzo Natali che ogni appassionato di fantascienza dovrebbe assolutamente recuperare.

In 1899, il riferimento è molto sottile ma un occhio attento se ne accorgerà. Stiamo parlando delle scene in cui Maura e gli altri personaggi principali si addentrano negli stretti cunicoli che li portano in altri punti della realtà virtuale, come l’ospedale e il cuore della piramide. Se siete tra coloro che hanno visto la trilogia di The Cube e l’hanno apprezzata, sicuramente queste scene ve lo faranno tornare in mente.

4) Westworld

Westworld
Robert Ford (640×357)

La prima stagione di Westworld non la dimenticheremo mai, tutto il resto è solo un brutto sogno. Lo show creato da Jonathan Nolan e Lisa Joy ha segnato un traguardo importantissimo nel mondo seriale, aprendo la strada a un nuovo tipo fare storylines. Non più una linea dritta, in cui passato, presente e futuro sono ben delineati ma un intricato ed elaborato labirinto in cui è facile perdersi. Il labirinto, d’altronde, è la metafora per eccellenza utilizzata da Robert Ford per spiegare il lento viaggio di autoconsapevolezza che gli host affrontano, passando per il dolore.

Ed è proprio questo topos che affonda le sue origini nel folklore più antico a venire ripreso all’interno di 1899. Basta per essere considerato un riferimento a Westworld? No, almeno non da solo. Il rimando arriva sotto forma di sceneggiatura, quando alcuni monologhi recitati dallo pseudo cattivone sono ripresi quasi per filo e per segno dai monologhi di Ford in Westworld.

5) Titanic

La maledetta trave di legno (640×360)

Non credo ci sia bisogno di spiegare quale sia la connessione qui. In un’intervista il creatore Baran bo Odar ha così affermato: <<La prima cosa che abbiamo detto a tutti i reparti, dai costumi alla scenografia, è stata: la serie non dovrà mai assomigliare al Titanic, mai. Non perché non abbiamo amato il film, ma perché lì si trattava di una storia d’amore, un dramma romantico in costume mentre noi volevamo fare qualcosa di totalmente diverso. L’abbiamo sempre immaginata come la nave dei Cure, la versione più dark possibile del Titanic>>.

La connessione con Titanic è però inevitabile, anche dal punto di vista romantico perché se Maura e Daniel sembrano gli eredi di Jonas e Martha in Dark, Clémence e Jérome ci appaiono molto simili a Jack e Rose (quando DiCaprio e la Winslet ci hanno triggerato per sempre), Soprattutto in quella dinamica povero-ricco che rendeva il loro amore osteggiato e mal visto da tutti.

6) The Shining

I corridoi dell’Overlook Hotel (640×256)

I lunghi corridoi che caratterizzano la Prometheus e che sono protagonisti di numerose inquadrature sembrerebbero un chiaro rimando a The Shining, capolavoro di Stephen King e uno dei film più famosi firmati dal genio di Stanley Kubrick. Anche in questo caso, gli ideatori non hanno mascherato l’influenza subita e hanno commentato così: <<Pensiamo a Shining, all’atmosfera da mondo confinato che là è l’albergo mentre nel nostro caso il piroscafo, basti pensare a tutti i corridoi. In comune c’è questo elemento inquietante dell’essere chiusi in un posto dove non si capisce cosa sta succedendo. Volevamo creare un’esperienza veramente immersiva per lo spettatore perché ne venisse totalmente risucchiato>>.

7) Alien/Prometheus

1899
Ridley Scott (640×326)

Stavolta il legame che unisce le opere di Ridley Scott alla serie Netflix non è di carattere narrativo ma estetico. A ben vedere durante la sequenza finale, la struttura della nave spaziale Prometheus (!) è molto, davvero molto simile all’architettura iconica delle astronavi presenti nella saga di Alien. Le visionarie creazioni di Hans Giger che, nel 1979, diedero vita agli xenomorfi di Alien hanno da quel momento influenzato gran parte della cinematografia di fantascienza. E non solo. Un esempio molto recente è Scorn, videogioco che risente molto dello stile surrealista e da incubo del pittore e designer svizzero.

Anche 1899 sembra aver subito, in parte, quel fascino come è possibile notare durante gli ultimi cinque minuti del finale di stagione in cui Maura si risveglia a bordo di una navicella spaziale che sembra uscita dritta dritta da un film di Ridley Scott.

8) I Have no Mouth and I Must Scream

1899
Una scena del videogioco (640×295)

Rimaniamo in ambito videoludico con un’ultima chicca risalente al lontano 1995. Basato sull’omonimo racconto di fantascienza di Harlan Ellison, I Have no Mouth and I Must Scream è un videogioco di avventura grafica che solo i veri amanti del settore conosceranno o avranno addirittura giocato. La storia ruota attorno alla creazione di una intelligenza artificiale denominata AM (Allied Mastercomputer) creata da tre super potenze mondiali. Tale computer, però, sviluppa una coscienza e un conseguente odio per qualsiasi essere umano. Agendo di propria iniziativa, AM compie un genocidio su scala mondiale risparmiando la vita di soli cinque esseri umani – Gorrister, Banny, Nimdok, Ellen e Ted – per poterli torturare e manipolare a suo piacere.

I cinque esseri umani sono tenuti prigionieri all’interno di una realtà virtuale dove sono costretti a rivivere in un loop infinito esperienze traumatiche del passato e altri orrori sepolti. Vi ricorda vagamente qualcosa? In misura minore, anche un altro videogioco più recente come Soma potrebbe aver influenzato il progetto 1899.

9) Lost

Desmond, Charli e Hurley (640×356)

Ancora una volta, come era stato per Dark, anche 1899 ci riporta alla mente certe Lost vibes.

I creatori continuano a smentire con insistenza di aver anche solo visto Lost ma noi non ci crediamo per niente. E non si tratta solo della narrazione corale ma del modo in cui questa narrazione procede, in 1899 soprattutto. Nel corso delle puntate, infatti, ci viene mostrato il passato di diversi personaggi, attraverso dei flashback tanto traumatici quanto confusi. Un tentativo di caratterizzazione che riesce solo a metà, visto che non per tutti raggiungiamo lo stesso grado di empatia. Altro accostamento con Lost è il primissimo piano su un occhio che si apre, come avviene nel pilot della serie tv che le regole della televisione le ha cambiato davvero per sempre.