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1923 2×06 – La motosega di Taylor Sheridan

Jacob mangia a tavola, impartendo le sue perle di saggezza, in 1923
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ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su 1923.

Ci eravamo lasciati con una domanda: Taylor Sheridan riuscirà a chiudere questa immensa stagione? Con il sesto episodio della seconda stagione di 1923, abbiamo avuto la risposta. Ed è davvero brutale.
Sheridan comincia a tirare le fila della sua storia. E lo fa senza utilizzare i guanti. Senza delicatezza, non sistema le cose con eleganza: prende la motosega e taglia, senza guardare in faccia nessuno. Personaggi costruiti con cura vengono spazzati via in un batter d’occhio, il sangue scorre senza tregua, e il racconto si trasforma in una mattanza che lascia lo spettatore stordito. Senza fiato. Non importa se i rami siano secchi o ancora verdi: si pota tutto.

Il risultato è un episodio che, pur mantenendo intatta la potenza emotiva della serie, si prende alcune inaspettate libertà con la trama. Certe scelte narrative sembrano eccessive, altre appaiono addirittura quasi sadiche e dolorose. Ma una cosa è certa: Sheridan non ha pietà per nessuno. Né per i suoi personaggi, né per noi.
E visto che gli eventi si accavallano con un ritmo frenetico, proviamo a ricostruire la puntata seguendo il destino dei personaggi principali.

Teonna Rainwater: la vendetta ha un prezzo

Teonna e il padre affrontano il dolore condividendolo
Credits: Paramount+

Teonna si è ormai lasciata alle spalle l’incubo del collegio cattolico, ma il suo viaggio di fuga si trasforma in un’odissea di sangue. Dopo aver trovato il corpo di Pete Plenty Clouds, capisce che la sua battaglia non è ancora finita. Padre Renaud è sulle sue tracce, e la resa dei conti arriva nel modo più violento possibile.

Il prete, che fin da subito si era capito non essere uno stinco di santo, completa il suo percorso nel sentiero della perdizione uccidendo il maresciallo Kent con una freddezza sconcertante. La scena è di quelle che restano impresse. L’uomo di Dio è stufo di vedere il maresciallo abusare del suo ruolo e gli chiede di smetterla. Non lo fa educatamente ma con la pistola che porta al suo fianco. Una cosa piuttosto sorprendente, che lascia il segno. Ma che intanto chiude una sottotrama.

Quando raggiunge Teonna prima ne ammazza il padre, senza pietà. Poi cerca di costringerla a pentirsi. La ragazza rifiuta il pentimento, rifiuta Dio ed è pronta a raggiungere i suoi antenati. Ma la pistola di padre Renaud è scarica e la ragazza può eliminarlo con una brutalità che riflette anni di sofferenza repressa.

Se il pubblico ha tifato per lei sin dall’inizio di 1923, è impossibile non notare che il prezzo pagato è altissimo. Pete è morto, suo padre anche, e lei è rimasta sola con le mani sporche di sangue. Non possiamo dimenticare che, già all’inizio della stagione, aveva ucciso alcune suore. La sua storia è quella di una sopravvissuta, ma a quale costo? Sheridan ci mostra una vendetta che, per quanto giusta, non porta sollievo, solo ulteriore dolore.

Jack Dutton: l’ingenuità si paga cara

Se Teonna si trova in una situazione disperata, Jack Dutton si conferma invece come il personaggio più impulsivo della serie. Ha ricevuto un ordine preciso da parte di suo zio, Jacob. Che lo vuole a proteggere il ranch dove c’è la sua famiglia. Ma lui, contro il parere dei suoi compagni, decide di lasciare il ranch per raggiungere la stazione ferroviaria e proteggere l’arrivo di Spencer. Di notte. Ora che la natura si sta risvegliando per la primavera. Con gli orsi affamati, i lupi e chissà quali altri essere pericolosi. Tipo gli uomini, per esempio.

L’idealismo di Jacob si scontra contro la dura realtà. Il giovane cade in una trappola prevedibile, abbocca come un pesce e si consegna al suo carnefice su un piatto d’argento. Clyde, assunto da Cara ma che fa il doppiogioco, gli spara senza pietà e fa sparire il corpo.
E qui si apre una delle falle narrative più evidenti: Jack, che conosce i pericoli che la sua famiglia sta affrontando, rivela con troppa leggerezza la sua identità e i suoi piani. Sheridan lo sacrifica con una semplicità quasi irritante, come se il suo destino fosse stato scritto dall’inizio. Era troppo ingenuo per sopravvivere in questo mondo spietato, e lo sceneggiatore non ha perso tempo a dimostrarcelo.

1923: Alexandra e una tragedia annunciata

Alexandra è una delle figure più tragiche e sfortunate dell’episodio. Tanto per cambiare. Dopo aver trovato rifugio presso una coppia britannica, Paul e Hillary, sembra finalmente avere un momento di pace. Ma 1923 non concede tregua a nessuno, e l’inesperienza dei suoi compagni di viaggio si rivela fatale.
I due inglesi sono estremamente generosi. Prendono a cuore le sorti della loro connazionale e il loro gesto è encomiabile, di quelli che lasciano senza parole. Ma hanno quella leggerezza tipica dei nobili, convinti di poter prendere tutto sottogamba perché in qualche modo sono destinati a salvarsi sempre. Lo abbiamo visto fin dalla scorsa stagione, in Africa.

Per cui decidono di prendere l’auto e partire verso Ovest. Un viaggio infinito durante il quale sembra andare tutto per il verso giusto. Senonché la natura selvaggia bussa alla porta per reclamare il suo prezzo. Arrivati all’ultima stazione di servizio, nonostante gli avvertimenti di un benzinaio, decidono di proseguire il viaggio senza fare rifornimento. Il risultato? Restano bloccati nella neve e, mentre Alexandra riesce a sopravvivere per miracolo, Paul e Hillary muoiono assiderati.

Questa sottotrama è quella che lascia i maggiori dubbi. Perché nessuno ha pensato di riempire delle taniche di benzina? Perché insistere nel viaggio di notte? La risposta sembra chiara: Sheridan voleva semplicemente aggiungere un altro strato di sofferenza al percorso di Alexandra. Certo, il suo viaggio è epico e il suo sacrificio la avvicina sempre più ai Dutton, ma viene da chiedersi se tutta quest’ultima tragedia fosse davvero necessaria o solo un modo per allungare, eccessivamente, la storia di Alexandra. Anche perché adesso, nel completo deserto di neve, come riuscirà a salvarsi?

Donald Whitfield: troppo spazio alle perversioni

Parliamoci chiaro: che Donald Whitfield fosse il villain senza scrupoli di 1923 lo sapevamo già. Ma il continuo insistere sulle sue pratiche sadiche inizia a risultare ripetitivo. Se inizialmente il personaggio era intrigante, il focus sulle sue pratiche sessuali sembra un po’ fine a sé stesso.
Scopriamo che Lindy non è solo una sua amante, ma un vero e proprio strumento del suo piano: addestrarla a sedurre e manipolare politici per i suoi giochi di potere. Un’idea interessante, ma che arriva tardi nella narrazione. Con una sola puntata rimasta, ci chiediamo se questa sottotrama avrà davvero un impatto significativo sulla storia o se resterà solo un inquietante dettaglio del personaggio.

Ciò che invece resta affascinante di Whitfield è la sua visione del futuro: mentre tutti si combattono per il presente, lui sta già guardando avanti. Il suo obiettivo non è solo il controllo del ranch Yellowstone, ma di tutto il Montana. Se il West è il simbolo della libertà e della frontiera, lui rappresenta il futuro dell’America: il capitalismo spietato e la corruzione che ne deriva.

Jacob e Cara Dutton: il cuore pulsante di 1923

Al ranch Dutton si chiacchiera mentre fuori la morte imperversa
Credits: Paramount+

Nel mezzo di questa tempesta di sangue e disperazione, gli unici che sembrano avere ancora il controllo sono Jacob e Cara Dutton. La scena iniziale a tavola è uno dei momenti migliori dell’episodio. Jacob, con il suo pragmatismo da uomo di frontiera, impartisce lezioni di vita, mentre Cara si conferma come la vera colonna portante della famiglia. Il momento del ricordo, della tavola apparecchiata e al completo, li porta lontano da lì, in un momento di sincera commozione. Breve, perché viene interrotto dal rumore di un’auto che si avvicina. Ma molto sentito e carico di pathos.

Il loro rapporto è un esempio di forza e rispetto reciproco, qualcosa che tutte le altre coppie della serie dovrebbero prendere come riferimento. La loro esperienza li ha resi più saggi, meno sognatori, più realisti. Ma basterà questo per affrontare lo scontro finale con Whitfield?

1923: a qualcuno, per ora, le cose stanno andando bene

Se c’è un personaggio che sembra momentaneamente al sicuro, è Spencer. Il suo viaggio continua con una certa calma, rallentato dalla neve ma senza particolari ostacoli. Questo è significativo: lui è l’unico che può davvero cambiare il destino dello Yellowstone, e Sheridan sembra volerlo preservare per il gran finale.
Interessante anche il rispetto che gli viene mostrato come reduce di guerra. Per quanto si trovi lontano da casa, è come se il mondo in cui si muove ora fosse finalmente il suo. Un mondo dove ha un posto e dove viene riconosciuto come tale. Ma più si avvicina al Montana, più il suo destino si fa cupo. La sua battaglia finale non è ancora iniziata, e sarà sicuramente la più dura di tutte.

Un episodio ambivalente

Con una sola puntata rimasta, 1923 mette da parte la sua solita costruzione lenta e stratificata per abbracciare il dramma più puro e incisivo. Alcune scelte sono efficaci, altre lasciano qualche perplessità.
Ci sono momenti di grande impatto, come la morte di Padre Renaud e il confronto tra Teonna e la sua coscienza. Ma ci sono anche situazioni che risultano poco credibili, come l’imprudenza di Jack o l’intera sottotrama di Alexandra. O il fuoco acceso nel mezzo della notte, nel deserto.

Eppure, una cosa è certa: Taylor Sheridan non ha pietà. Né per i suoi personaggi, né per gli spettatori. Prende e disfa senza rimorsi, come se ci volesse ricordare che la storia degli Stati Uniti non è mai stata una favola, ma una sequenza di tragedie e battaglie.
Ora manca solo un episodio. Chi sopravvivrà? E soprattutto, Sheridan riuscirà a chiudere questa enorme stagione in modo soddisfacente?