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ATTENZIONE: proseguendo nella lettura potreste imbattervi in spoiler su 1923.
Il terzo episodio della seconda stagione di 1923 è un capitolo intenso, quasi soffocante, che lascia poco spazio alla speranza e mostra ancora una volta la brutalità del mondo in cui si muovono i protagonisti. Se gli episodi precedenti avevano esplorato il conflitto tra passato e futuro, questa puntata si concentra su un altro tema altrettanto universale: la sopravvivenza.
Sopravvivere non è solo una questione di forza fisica. È una battaglia che si combatte con la volontà, con l’astuzia, con la determinazione di non piegarsi. E questo episodio di 1923 lo mostra chiaramente attraverso i suoi personaggi.
Alexandra lotta per entrare in un’America che si rivela ben diversa dal sogno venduto dai giornali. Zane Davis combatte contro il tempo e il dolore dopo l’aggressione subita. Spencer affronta le conseguenze di un mondo in cui il destino non fa sconti a nessuno. E nel cuore del Montana, Elizabeth e Cara si trovano a confrontarsi con la stessa, crudele verità: questa terra non è per tutti.
Le donne, in particolare, sono il fulcro di questa puntata. Come spiega Cara, sia Alexandra che Elizabeth devono affrontare le proprie paure e imparare a sopravvivere. Il mondo non è un posto giusto, e gli uomini – siano essi predatori in carne e ossa o bestie travestite da esseri umani – non devono avere il potere di umiliarle. Questa contrapposizione è straordinariamente simbolica: mentre Alexandra sta lottando contro ogni previsione per raggiungere il ranch di Yellowstone, Elizabeth sta già pensando di andarsene, di arrendersi. Forse la terra stessa sta selezionando chi è destinato a sopravvivere, chi è abbastanza forte da resistere.
E tutto questo accade sullo sfondo di un’America che sta cambiando. Noi spettatori sappiamo cosa diventerà questa nazione: un gigante pieno di contraddizioni, grande e terribile allo stesso tempo. E 1923, attraverso la sofferenza di Alexandra e degli altri personaggi, ci mostra come nasce davvero un paese: non con la retorica del sogno americano, ma con il sangue, il dolore e la volontà di resistere.
Alexandra e l’illusione americana

La nave inglese attracca finalmente al porto di New York, e per Alexandra inizia una nuova odissea. Crede di essere arrivata nella Terra della Libertà, ma scopre presto che l’America non è il paradiso promesso. Per entrare nel paese deve passare per Ellis Island, un inferno burocratico che non risparmia nessuno.
Alexandra è giovane, bianca e colta, ma nulla di tutto questo la protegge dal trattamento riservato agli immigrati. Gli ufficiali non si fanno scrupoli a colpire una donna se necessario, e la dignità viene strappata via come un vestito troppo stretto. La legge dell’America è chiara: per esistere bisogna dimostrare di meritarselo.
Ed è qui che Alexandra affronta una delle prove più dure della sua breve vita. Umiliata, picchiata, molestata, offesa, privata del suo rango e delle sue origini, si ritrova completamente sola. È il momento in cui chiunque crollerebbe. Ma Alexandra no.
Quando l’ufficiale dell’immigrazione tenta di ridurla all’ennesima preda facile, lei reagisce. Non con la violenza, ma con l’intelligenza e la determinazione. Legge Walt Whitman, dimostra di essere colta, di avere una vocazione, di non essere una donna qualsiasi. E, con un colpo di scena, smaschera l’ipocrisia del suo carnefice: vede una macchia di rossetto sul suo collo, lasciata da una delle donne che probabilmente ha ricattato. Lo espone, lo umilia, lo rimette al suo posto. Gli ricorda che non è altro che un essere umano, come lei, senza alzare la voce.
Perché l’ufficiale decide di lasciarla passare? Perché Alexandra gli salva il matrimonio? Per un moto di pietà? Non importa. Ciò che conta è che abbassa la cresta e pronuncia le parole che le cambieranno per sempre la vita: welcome in America.
Alexandra lascia Ellis Island più forte, forse più cinica. Non ha più tempo per illusioni: deve solo arrivare nel Montana. Compra una mappa, sale su un taxi e si dirige alla stazione ferroviaria, pronta a un viaggio che sarà lungo, difficile e, come scopriremo presto, pieno di pericoli.
Nelle poche ore che passa a New York, incontra persone buone, gentili, che si prendono cura di lei. Persone concrete, che le raccontano senza mezzi termini che il mondo in cui è appena entrata non è fatto di sole e fiori. Ma forse, senza volerlo, la illudono. Forse la convincono che il peggio è ormai alle spalle.
Certo, come no. Proprio come l’uomo che la segue nel bagno delle donne, alla fine di questo episodio di 1923. L’ombra che si muove alle sue spalle, lenta, sicura, con un’aria che non promette nulla di buono. Perché l’America non è solo una terra di opportunità. È anche una terra di predatori.
Il ranch: un altare di dolore e sopravvivenza
Mentre Alexandra combatte per il suo posto nel mondo, al ranch di Yellowstone un altro uomo lotta per la propria vita. Zane Davis (Brian Geraghty), il braccio destro di Jacob Dutton (Harrison Ford), ha subito un violento pestaggio nella stagione precedente e ora ne sta pagando le conseguenze.
Quando il gruppo riesce finalmente a tornare al ranch dopo la tormenta di neve, il dottor Miller (Patrick Murney) lo esamina e dà un verdetto spietato: ematoma subdurale. Il sangue si sta accumulando nel cranio e, se non viene rimosso, lo ucciderà. Ma la salvezza ha un prezzo.
Ci sono due notizie: una buona e una cattiva. La buona è che l’intervento potrà essere eseguito lì, nel ranch. La cattiva è che non c’è anestesia. Il ranch diventa, perciò, un ospedale improvvisato, un luogo di dolore dove la sopravvivenza si misura con la capacità di sopportare la sofferenza. Zane dovrà affrontare il trapano che gli perforerà il cranio il suono assordante del metallo contro l’osso. Non può fuggire. Dovrà solo stringere i denti e resistere. Perché in questo mondo la vita si guadagna con la sofferenza.
E mentre lui lotterà per rimanere in vita, in un’altra stanza del ranch Elizabeth (Michelle Randolph) affronta il suo personale inferno. Il morso del lupo potrebbe averle trasmesso la rabbia, e l’unico modo per salvarsi sono iniezioni dolorose, una dopo l’altra, senza tregua. La paura e il dolore la divorano. Lei non vuole più stare lì. Vuole andarsene, lasciare il ranch, lasciare tutto. E Jack Dutton (Darren Mann), il suo compagno, cerca di convincerla a restare.
Ma Elizabeth non vuole parole. Vuole che Jack veda. Lo costringe a guardarla mentre l’ago le penetra la pelle, mentre il dolore la piega, mentre il suo corpo si irrigidisce per la sofferenza. Vuole che capisca cosa significa vivere nel ranch. Cosa significa sopravvivere nel loro mondo.
Il dolore qui non è un’eccezione. È una regola. 1923 lo mostra chiaramente: non basta voler restare, bisogna essere in grado di farlo. E non tutti ce la fanno.
1923: le dure lezioni di vita

Dopo aver lasciato Galveston, Spencer e Luca (Andy Dispensa) si mettono in viaggio verso Fort Worth. Ma lungo la strada incontrano un posto di blocco della polizia. Rosario, il cugino di Luca, aveva dato loro soldi per corrompere gli ufficiali, ma anche una pistola per difendersi. Spencer, però, rifiuta l’idea di risolvere la situazione con la violenza. Non vuole essere marchiato come un criminale nel suo stesso paese. Propone a Luca di abbandonare il carico di alcolici e proseguire senza rischi. Ma il ragazzo palermitano non vuole deludere la sua famiglia. Decide di tentare il tutto per tutto e affrontare il posto di blocco da solo. Lo fa per la famiglia, buona o cattiva che sia. Dimostrando a Spencer che si è disposti a tutto pur di non tradire la propria parentela.
I due si separano. E quando Spencer sente gli spari in lontananza, capisce subito cosa sia successo. Luca non ce l’ha fatta. Forse ha cercato di corrompere gli agenti e la situazione è degenerata. Forse ha provato a scappare. Ma il risultato non cambia: la sua lealtà gli è costata la vita. E Spencer ha appena imparato un’altra dura lezione: non può salvare tutti.
1923: il prezzo della sopravvivenza
La sopravvivenza non è mai gratuita. Ogni passo avanti si paga con un pezzo di sé. 1923 ci mostra che chi sopravvive non è mai la stessa persona di prima. Si arriva dall’altra parte, sì, ma cambiati. Più duri, più soli, forse persino più spietati. Non necessariamente migliori.
Alexandra non è più la ragazza ingenua che ha lasciato l’Inghilterra. Spencer sta imparando che la lealtà ha un prezzo che non sempre vale la pena pagare. Elizabeth, se resterà, non sarà più la donna che sognava una vita felice tra le praterie.
Ma il passaggio è obbligato. Non c’è scampo. Taylor Sheridan, in questa puntata di 1923, ce lo racconta con brutalità e senza illusioni: non si sopravvive senza lasciare qualcosa indietro. Un pezzo di anima, un’innocenza perduta, un’idea di sé che non tornerà mai più.
E alla fine, quando tutto questo sarà finito, chi saranno diventati? Lo scopriremo la prossima settimana.