Siete liberi di criticare la CBS su qualsiasi cosa vi venga in mente, siamo d’accordo? La prosecuzione della messa in onda dei polpettoni ormai creativamente naufragati Beautiful e Febbre d’Amore e il logo ufficiale del network che fa l’occhietto a George Orwell e al suo Big Brother sono, ad esempio, ragioni più che condivisibili per un’arrabbiatura bella consistente.
Ma se c’è una cosa di cui si intendono i vertici degli uffici della CBS Corporation, quella è l’ironia nelle sue molteplici sfaccettature, dal nonsense all’equivoco, fino a sfiorare punti come il grottesco e la secca dialettica.
Dopo il successo planetario di How I Met Your Mother, la rivoluzione culturale targata The Big Bang Theory, le esilaranti vicende di Tutti amano Raymond e l’umorismo al limite del paradosso di Due uomini e mezzo, l’emittente tv con sede a New York assesta un altro duro colpo alla concorrenza just for laugh inserendo prepotentemente nel mercato televisivo le vicende di due ragazze molto, molto particolari. 2 Broke Girls – creazione del tanto chiacchierato creative team King-Cummings – è una sitcom fresca e indisponente, un guanto bianco che sfreccia verso i volti dei telespettatori e che li sfida a una visione costante.
L’incipit è elementare: Max Black è una cameriera sarcastica e sfacciata che con l’arrivo di Caroline Channing, rampolla decaduta in seguito al fallimento economico di suo padre Martin, vede la sua routine sgretolarsi. L’intraprendenza affaristica della Channing e l’abilità nel fare cupcake di Max saranno il pretesto per lo sviluppo di una trama orizzontale caratterizzata da gag molto, molto spassose.
IL SEGRETO: ALTERNATIVE PINK POV
2 Broke Girls è stato fin da subito uno dei successi televisivi della propria stagione d’esordio – la 2011/2012 – e ciò è accaduto perché gli sceneggiatori hanno saputo giocare sul classico assioma ragazza astuta/ragazza ingenua.
Tuttavia questa semplice equazione si è quasi sempre rivelata, nel lungo periodo, ridondante ed esagerata. La possibilità di fare autogol da un punto di vista dell’entertainment è di solito parecchio elevata e il rischio di proporre in tv cose già viste o comunque non del tutto conformi all’umorismo che si cerca quando si accende la scatola magica si stabilizza più o meno sulle stesse possibilità, ma i writers non sembrano aver sofferto la mancanza di elementi narrativi originali, finendo con il plasmare le due protagoniste a mo’ di show stealer dell’intera serie. Da tutto ciò ne deriva un point of view del tutto alternativo, una sorta di dialogo subliminale immaginario realizzato dalla camera principale, che pone continuamente in essere le differenze caratteriali dei due character, pur non scadendo quasi mai nell’already seen.
Il personaggio di Max Black è cinico, freddo e distaccato, ma nasconde un’aura sognante che viene fuori solo in alcuni, impercettibili momenti. L’interpretazione di Kat Dennings (ve la ricordate in Thor?) è naturale e in alcuni momenti appare quasi improvvisata, nel senso positivo del termine. La ragazza dedita ai cupcake è la trascinatrice comica dello show, una sorta di punto di riferimento cruciale per ogni scena di script.
Parzialmente promossa anche Betha Behrs nel ruolo di Caroline, svampita e ingenua biondina con mentalità manageriale. La Behrs, pur essendo al suo primo ruolo da co protagonista, si rivela adatta al ruolo che le compete, quella di costante spalla comica con margini narrativi pressoché già (quasi) tutti esplorati. Tuttavia è evidente come vi sia una tangibile distanza recitativa a favore della Dennings, performer molto più navigata.
Parlo dunque con coscienza quando definisco 2 Broke Girls una serie godibile e leggera, una ventata d’aria fresca nel mare delle pupe da bar che troppo spesso vediamo sullo schermo e di certo una visione consigliata nel caso in cui vorreste dimenticare per un momento un collega insopportabile o una spasimante che non vi lascia tregua.
MIGLIORARE SI PUÓ, MA È GIÀ TARDI.
Se fino ad ora abbiamo esaltato le qualità indiscutibili della sitcom, ora passiamo alla nota dolente. Abbiamo assodato che lo show intrattiene utilizzando un modus operandi frizzante e scanzonato, ma al tempo stesso tutto l’assetto creativo della serie possiede un difetto non da poco: la mancanza di personaggi secondari all’altezza delle due protagoniste.
Certo, dopo novantasei episodi(!) forse è un po’ tardi, ma migliorare lo spessore umano delle macchiette utilizzate come pezze per ridurre le (inevitabili) infiltrazioni narrative è ancora possibile. Né Earl, né Oleg riescono a proporsi come alternative comiche valide alla premiata ditta Max & Caroline e nemmeno il particolare Han – personaggio al quale è riservato un minutaggio maggiore – è di aiuto. Si assiste dunque ad uno show che corre essenzialmente su due binari, quelli intestati alle due attrici principali.
Sia chiaro, sarebbe errato paragonare il serial in questione a sitcom di diversa impostazione come TBBT e HIMYM, ma è pur sempre vero che una buona storia, per funzionare, necessita sempre di sottotrame e che quest’ultime NON possono sempre derivare dai personaggi più in scena, altrimenti si rischia di saturare la sceneggiatura con avvenimenti misti che riguardano un cast ristretto, scelta controproducente che alla lunga finirà con l’incidere negativamente sul realismo e sul ritmo dello show.
Tirando le somme si può considerare 2 Broke Girls come una sitcom che parte in maniera classica per poi espandersi nettamente verso orizzonti più ampi e particolari. Le due protagoniste sono caratterizzate molto bene, la Dennings ruba la scena e la Behrs non se ne sta certo a guardare, ma un intero show non può reggersi solo su due personaggi o sull’apparizione episodica e impalpabile di altri volti anonimi di transizione, dunque ci auguriamo tutti che nella quinta stagione si possa trovare di cui più necessitiamo: un punto di riferimento alternativo.
Nel frattempo, se non avete nulla da fare, incrociate le gambe, infilate una mano nella vaschetta dei popcorn e godetevi lo spettacolo: niente più stereotipi di donne con il sex killer instinct, solo ragazze provviste di puro e semplice sarcasmo. Per alcuni è solo il prototipo femminile proposto da una sitcom di medio livello, per altri il must implicito della nuova femme fatale.