Attenzione: l’articolo contiene spoiler sul finale di Una Serie di Sfortunati Eventi
Chi ha seguito le (dis)avventure di Violet, Klaus e Sunny Baudelaire in Una Serie di Sfortunati Eventi non può aver fatto a meno di notare la complessità dell’antagonista: il Conte Olaf. Si tratta di un personaggio talmente sfaccettato, interessante e difficile da categorizzare che spesso si è preso tutta la scena, come se fosse lui il vero protagonista della serie. Non per niente è stato interpretato da un attore versatile e talentuoso come Neil Patrick Harris e ricordiamo che nella trasposizione cinematografica del 2004 a prestargli il volto è stato Jim Carrey. Grandi attori per un grande cattivo… o forse no. Perché Olaf, alla fine, è davvero cattivo?
Quando il Conte Olaf fa la sua prima apparizione in Una Serie di Sfortunati Eventi (anche voi avete pensato queste 10 cose vedendo il primo episodio?), la prima cosa di cui ci si rende conto è quanto sia bizzarro e stravagante. Si presenta come un attore pienamente convinto del proprio talento, accompagnato da una serie di personaggi altrettanto strani, suoi scagnozzi. E forse si potrebbe provare simpatia per un soggetto del genere, che si mette addirittura a cantare all’improvviso, non fosse per un piccolo problema. Il Conte Olaf, designato come tutore dei tre orfani Baudelaire, ha un unico interesse: impossessarsi della loro fortuna economica.
E così lo vediamo cercare di mettere in atto un piano ben architettato per sposare Violet Baudelaire, la maggiore dei tre fratelli, fingendo che si tratti di una recita teatrale. Non gli importa che Violet sia solo una ragazzina, non gli importa di quello che potrebbe capitare ai tre orfani se dovessero restare senza il patrimonio lasciato dai genitori, gli importa soltanto di arricchirsi. E per Olaf, il fine giustifica i mezzi, per quanto deprecabili e malvagi essi siano. A questo punto, diventa difficile per lo spettatore stare dalla parte del Conte Olaf e, seppur ne apprezzi la peculiarità, si distanzia dal personaggio a livello emotivo: è chiaro che qualcosa non funzioni nella personalità del conte, c’è del marcio, c’è della cattiveria che crea il motore di ogni sua azione. Il tifo del pubblico, dunque, è tutto per i Baudelaire.
Nel corso della prima stagione di Una Serie di Sfortunati Eventi l’opinione del pubblico verso Olaf resta pressoché invariata.
Questo perché non sono ancora stati forniti a livello narrativo degli elementi che consentano di comprendere e approfondire la personalità del Conte Olaf. Anche se, osservando questo adulto così ridicolo e strano che si traveste di volta in volta per cercare di ingannare i Baudelaire e chi si trova attorno a loro, sorgono delle domande. Perché si comporta così? Perché investe tutto il suo tempo nella missione folle e crudele di catturare quei tre ragazzi orfani? Non può cercare un altro modo per guadagnare qualcosa? Sembra quasi che cambiare aspetto ogni volta e perseguitare i Baudelaire sia l’unica cosa che gli riesca di fare. Ma è normale avere come unica abilità quella di saper fare del male agli altri?
I travestimenti sono proprio il suo asso nella manica. Anche se i Baudelaire e lo spettatore riconoscono Olaf a colpo d’occhio, qualsiasi sia il personaggio che cerchi di interpretare, gli adulti di Una Serie di Sfortunati Eventi (di cui parliamo qui) si lasciano ingannare. Ma perché tutto questo talento nel prendere le sembianze di qualcun altro? Forse Olaf, in qualche modo, cerca di fuggire da se stesso. Recitando e mettendosi nei panni di qualcun altro, riesce a fingere di essere un’altra persona. Inoltre, l’inseguimento dei Baudelaire fornisce uno scopo ben preciso alla sua vita. Olaf si ritrova impegnato in una grande caccia che dà un senso ai suoi giorni…o meglio, quello che per lui può essere un senso, perché è chiaro che lo scopo di una vita non può essere rendere l’esistenza di tre ragazzini un inferno e lasciarsi dietro una scia di omicidi. Queste ipotesi, tuttavia, trovano una conferma man mano si prosegue nella visione.
La terza e ultima stagione permette finalmente di comprendere le motivazioni del comportamento di Olaf.
A questo proposito diventa fondamentale una serie di flashback che indagano sul passato del Conte Olaf. A sorpresa, si scopre che l’attore (così come Esme, una dei suoi alleati antagonisti) era in buoni rapporti con gli Snicket e gli altri membri del V.F. Diventa subito chiaro che Olaf non è stato cattivo fin da principio, ma si è trasformato nel corso del tempo. E il motivo di tale cambiamento si presenta nei panni di Uomo Senza Capelli Ma Con La Barba (sì, è il nome del personaggio) e Donna Con I Capelli Ma Senza Barba.
I due non sono nient’altro che i genitori adottivi di Olaf, due figure che hanno, consapevolmente o meno, plasmato l’oscura personalità del Conte. Durante il ritrovamento tra genitori e figlio, Olaf appare intimorito. Capiamo subito che c’è qualcosa che non va. I due lo interrogano su cosa stia facendo e gli ricordano l’elemento fondante del loro addestramento: appiccare fuochi. Sì, il più grande insegnamento che questi due hanno dato a Olaf è stato quello di diventare un piromane per distruggere vite e sogni di altre persone.
Oltre a questo, dalle parole di Olaf – che per la prima volta dall’inizio della serie si mostra più fragile e quasi non riesce a trattenere la propria emotività – scopriamo che queste due strambe figure genitoriali lo hanno abbandonato, causando in lui una grande diffidenza verso gli altri e facendogli credere che l’unico modo per riguadagnare la loro fiducia fosse quello di compiere malefatte. In fin dei conti, Olaf è un orfano, proprio come i Baudelaire, che è stato affidato a due persone poco raccomandabili (come lui per i Baudelaire stessi). A differenza dei Baudelaire, però, Olaf non è stato in grado di rimanere se stesso e lottare contro le avversità con coraggio e speranza. Al contrario, il conte si è lasciato trascinare nella girandola del male, per lui è diventato impossibile fermarsi e riflettere prima di compiere qualche azione malvagia: non lo vediamo mai esitare o porsi il problema davanti alla possibilità di arrecare danno a qualcuno.
Olaf è davvero cattivo? Alla luce di tutto questo ci accorgiamo che sì, lo è. Ma ci sono un’infinità di ma, anche se gli atti che compie sono terribili e deprecabili da ogni punto di vista possibile. E se ne accorge anche lui al termine della terza stagione di Una Serie di Sfortunati Eventi, quando è riunito a Kit Snicket, con cui aveva una relazione ai tempi della sua partecipazione al V.F. A quel punto, lo spettatore si trova in una posizione diversa rispetto a quella di partenza perché prova tristezza davanti a un personaggio che, inizialmente buono, ha perso sé stesso e si è allontanato dalla strada del bene. Ed ecco quindi che la morte di Olaf è un momento di pathos e commozione. I Baudelaire stessi, nonostante tutto quello che hanno passato proprio per colpa del Conte, mostrano una grande pietà. Quindi, tirando le somme, è vero che dopo la terza stagione abbiamo avuto le idee più chiare riguardo ciò che ha portato il conte Olaf a comportarsi in un determinato modo, ma è altrettanto vero che la sua storia non lo giustifica: Olaf ha causato la morte di persone e ne ha torturate altre, accumulando sempre più oscurità dentro di sé. E l’unico momento di pace per lui, forse, è proprio quando si ritrova a lasciare il mondo dei vivi.