Troppo spesso nelle serie tv si abusa di un termine (“capolavoro”) che comporta il rischio di sminuire un capolavoro effettivo quando se ne incontra uno. Non bisogna temere di sbilanciarsi di fronte ad After Life, l’ultima serie di Ricky Gervais, da poco rilasciata su Netflix. Una serie con un plot semplice, che si basa su un antefatto semplice: il dolore dinanzi alla cosa peggiore che ti può capitare nella vita.
Nel caso di Tony parliamo della perdita della moglie Lisa, il suo centro e il suo tutto, la sua unica ragione di vita. Al punto tale che lo stesso protagonista, magistralmente interpretato da un Gervais nella sua versione forse più cupa sul piccolo schermo, rimette in discussione la sua stessa esistenza. Tutto ciò che ne deriva è la consueta mistura tra lo straziante e il geniale che ricorda molto Derek, il suo precedente lavoro (datato ormai 5 anni fa).
After Life, pertanto, è interamente e volutamente giocata sull’elaborazione del lutto.
L’elaborazione del lutto, in After Life, passa inevitabilmente dalla razionalizzazione del suicidio. Una quotidianità che prima era colorita dalla spontaneità di un legame, tanto vario quanto saldo, diviene d’un tratto opprimente. Insostenibile. E l’apatica espressività di Ricky Gervais trasmette tutta l’autenticità di un dramma che può colpire davvero chiunque. Per questo la serie funziona. Per questo la serie colpisce durissimo. Dai racconti degli altri personaggi, dai video messaggi che Lisa gli ha lasciato, ci viene espressamente detto che Tony un tempo era un brav’uomo. Quel surrogato di essere che adesso si trascina per la cittadina inglese non è un brav’uomo. O, quanto meno, fa di tutto per non esserlo.
Pur tuttavia è umano e in quell’ottica vanno inquadrati sia gli atteggiamenti positivi (come l’affetto per il proprio cane o la devozione nei confronti di un padre che nemmeno lo riconosce più) sia quelli negativi, come l’insofferenza verso tutto ciò che lo circonda o gli insulti senza filtri a chiunque gli capiti a tiro (diabolica ed esilarante, in pieno stile Gervais, la minaccia di prendere a martellare il bambino bullo). Gli unici esseri umani che sono degni di ricevere la sua empatia sono quelli che hanno subito la sua stessa sorte, nelle rare occasioni in cui ne incontra qualcuno. Tutti gli altri con cui si interfaccia, amici o meno, sono una massa informe di ciccioni, noiosi, pedanti o, all’occorrenza, semplicemente stronzi.
Ciò nonostante Tony non riesce a nascondere un velo di ipocrisia.
Tony parla di suicidio e l’avrebbe pure tentato, stando alle sue parole e a quelle degli altri. In una puntata sembra essere in procinto di tagliarsi le vene con una lametta, anche se in entrambe le occasioni ha desistito per amore del proprio cane. Ma la realtà è che non ne ha il coraggio. Gli piace spaventare le persone minacciando le sue tendenze autodistruttive, eppure questo è soltanto il suo modo disturbato (per quanto assolutamente comprensibile, è sempre bene sottolinearlo) che ha trovato per ricevere affetto. Come gli spiega la donna dell’appuntamento al buio, suicidarsi non è neanche lontanamente facile come si crede dall’esterno.
Così Tony sublima il suo suicidio invitando a compiere l’atto Julian, un fattorino della piccola redazione giornalistica in cui lavora. Soddisfa il suo desiderio latente di farla finita fornendo al povero tossico, anch’egli ha perso la donna che ama, i soldi che gli serviranno per spararsi in vena una dose letale. Parliamo forse della scena più disturbante di tutta After Life. Eppure è lì che si racchiude il messaggio ultimo della serie ed è un messaggio fortissimo, anche più forte del retorico lieto fine che sembra permeare la storia di Tony. Un lieto fine che passa inevitabilmente anche dal suicidio di Julian: è così che Tony mette a tacere le sue pulsioni autodistruttive.
E per quanto si possa parlare di lieto fine stiamo parlando pur sempre di una visione parziale.
La conclusione di Tony è che niente e nessuno potrà rimpiazzare la perdita di Lisa. Nessun cambio di vita, nessun’altra donna. Eppure il suo processo di re-umanizzazione è tutto al femminile. Sono tante donne che, da oggi in poi, riempiranno la vita di Tony. La giovane aspirante giornalista Sandy terrà occupata la sua sfera professionale; Daphne, la prostituta, gli ricorderà di tenere in ordine la casa; con Anne condividerà l’importanza del ricordo sulle tombe dei propri cari; con l’infermiera di suo padre potrà nascere un affetto importante con cui tenersi reciproca compagnia; senza dimenticare la cagnolina, che c’è stata anche nei momenti più bui; senza dimenticare Lisa che vivrà attraverso il suo videomessaggio loopato all’infinito.
No, non dobbiamo avere paura di sbilanciarci: After Life nella sua semplicità e nel suo messaggio così penetrante non può essere definito in altro modo. È un capolavoro e basta.