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Alias Grace: nei margini delle vite degli altri

Mindhunter
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Se avete letto libri o articoli di Margaret Atwood o visto l’incredibile adattamento de Il racconto dell’ancella, sapete che l’autrice non va tanto per il sottile quando si tratta di denunciare condizioni di relegazione o sottomissione. Sebbene sia principalmente nota per utilizzare il genere distopico come mezzo per esasperare situazioni già esistenti nel presente, Margaret Atwood in Alias Grace, invece, ritorna nel passato. E questa volta viene ispirata da una storia realmente accaduta.

Il racconto dell’ancella segna per la prima volta la storia televisiva nel 2017, diventando un cult. Lo stesso anno, in casa Netflix seguono l’onda e adattano a miniserie un altro romanzo di Atwood (1996): esatto, proprio Alias Grace. Un po’ messa in ombra dalla sorella, un po’ confinata nell’ignorato mondo delle miniserie, questa piccola gemma riprende i temi e i ritmi de Il racconto dell’ancella. Tuttavia, nella miniserie di Sarah Polley si aggiungono il genere investigativo e una narrazione che apre sempre più quesiti invece di portare risposte.

Alias Grace esplora la condizione di obbedienza e sottomissione, estraniando e relegando allo stato di altro la protagonista.

Alias Grace

Alias Grace esamina le complesse dinamiche di genere e classe attraverso la storia di Grace Marks, una giovane domestica irlandese immigrata e accusata di omicidio. La miniserie è ambientata nella Canada di metà Ottocento, durante il quale la condizione femminile era tutt’altro che rosea. In una società rigidamente strutturata, i ruoli – di genere e classe – sono ben definiti. Confinate all’ambiente domestico, le donne sono prive di alcun diritto legale e lo sostentamento, per le più ricche e fortunate, dipende completamente dall’uomo. Invece, le più povere si mantengono con lavori umili, spesso massacranti e sempre estranianti. Oltre dalle restrizioni di genere, questa realtà si fa ancora più dura per le immigrate, come Grace, che affronta anche le sfide dell’integrazione in un nuovo Paese.

La non ancora sedicenne Grace Marks (Sarah Gadon) lavora come domestica presso i Kinnear, insieme alla collega Nancy Montgomery (Anna Paquin) e il tuttofare James McDermott (Kerr Logan). Nel 1843, Grace e James vengono arrestati. L’accusa è omicidio. I due amanti Thomas Kinnear (Paul Gross) e Nancy Montgomery vengono trovati morti. Il corpo della donna, che risulta essere incinta, è stato fatto a pezzi e gettato in cantina. Si scopre che l’esecutore materiale dell’omicidio (e si ipotizza della distruzione del corpo di Nancy) è il tuttofare James McDermott, condannato a morte per impiccagione. Invece Grace viene incarcerata (forse ingiustamente) e anche lei inizialmente viene condannata a morte. La pena successivamente viene commutata all’ergastolo. Ma come?

Il punto di vista di Alias Grace gioca proprio sull’estraneazione della protagonista.

Alias Grace si sviluppa attraverso le sessioni tra Grace e il dottor Simon Jordan (Edward Holcroft), uno psichiatra incaricato di valutare la sua sanità mentale e quindi la sua capacità di intendere e volere e il suo eventuale coinvolgimento volontario negli omicidi. Durante gli incontri con il dottore emergono i traumi e le difficoltà che hanno segnato la vita di Grace. La miniserie infatti non osserva la vicenda dalla prospettiva di Grace, ma da quella dei racconti e delle analisi del dottor Jordan.

Questo significa che sia il narratore – il dottor Jordan -, sia noi spettatori non abbiamo il permesso di accedere direttamente alla mente di Grace, enfatizzando ancora di più la dissociazione della protagonista. Rimanendo distanti dalla ragazza, veniamo allontanati ancora di più dalla realtà effettiva dei fatti. Siamo costretti a mettere in dubbio questa assassina innocente. Cos’è giusto? Cos’è sbagliato? Abbiamo avuto un giudizio troppo affrettato o Grace si è presa gioco anche di noi?

Il trauma e la dissociazione dell’identità

Numerosi traumi segnato l’esistenza di Grace: dalla morte della madre durante il viaggio verso il Canada, agli abusi subiti dal padre, fino alla perdita della sua amica più cara, Mary Whitney. Ogni singolo evento contribuisce a spezzare la giovane donna. Esistono diverse Grace, in base al momento della sua vita. Prima e dopo: il trauma è un cancello che divide il vissuto e, di conseguenza, l’identità di una persona. Nel caso di Grace, i traumi sono molteplici e il meccanismo di difesa che il cervello della ragazza aziona è la dissociazione dalla realtà. L’amnesia, lo stordimento e la depersonalizzazione/derealizzazione sono solo alcuni dei sintomi, ma la miniserie li esplora tutti. Tanto che siamo costretti a mettere in dubbio la veridicità dei ricordi di Grace e l’intera costruzione della sua storia personale.

Le visite del dottor Jordan fanno affiorare diversi ricordi della ragazza, ma insieme alle prove e alle diverse testimonianze, siamo messi costantemente di fronte a versioni contrastanti degli eventi. L’ambiguità che percorre i sei episodi di Alias Grace si propone come base per riflessioni più ampie: giustizia e moralità sono veramente imparziali? Quanto il pregiudizio (qui di genere e di classe) può influenzare la nostra percezione dei fatti?

Alias Grace è una storia di oppressione, sia interna che esterna.

Il caso giudiziario di Grace Marks diventa un mezzo, tipico di Atwood, per fare critica sociale. Tuttavia, a differenza della sorella Il racconto dell’ancella, qui non viviamo gli eventi dall’interno della mente della protagonista. Alias Grace ci fornisce versioni e sprazzi, veritieri o meno, dell’identità della protagonista. I traumi, causati da fattori esterni e sociali, distruggono la mente della giovane donna, che, in tale oppressione, sviluppa una sorta di risposta che potremmo inserire nella dimensione della resilienza auto-conservativa. Questa miniserie pone quesiti su quanto e fino a che punto l’esterno e gli altri possano plasmare l’identità. Costretta fisicamente, ma anche psicologicamente, Grace Marks è ai margini sia delle vite degli altri, ma anche della propria, nascosta in una delle tante versioni di sé.