Come ormai si è detto e ripetuto, Altered Carbon è l’adattamento del romanzo Bay City, di Richard K. Morgan. Inizialmente doveva essere adattato per il cinema, ma la complessità della trama ha scoraggiato gli studios. Ed ecco che Netflix, cogliendo l’occasione, ha deciso di farne una Serie. Con un buon risultato.
Una menzione doverosa è per la scenografia di Altered Carbon. Si vede che Netflix non ha davvero badato a spese. Il livello tecnico è incredibile, sia per quanto riguarda la ricostruzione di Bay City che per gli interni, sempre curati. Anche l’oggettistica è curata, volutamente retrò, esattamente come se ci si trovasse in una versione spuria di Blade Runner. E sempre da Blade Runner è stata presa l’estetica di Bay City: immensi grattacieli nuovi che sovrastano quelli vecchi, che ormai sfigurano vistosamente. Alcuni superano le nuvole e qui ci sono le dimore dei Mat, i più potenti tra gli umani.
Poi, sempre da Blade Runner, la pioggia perpetua e i negozietti cinesi in strada che vendono noodles, oltre alle insegne al neon e agli ologrammi che rappresentano le prostitute dei bordelli. Tutto questo da un lato è reso con una perizia e una precisione incredibile e porta a chiedersi se si stia guardando una Serie o un film al cinema, dall’altro ovviamente sa di già visto. Che non è per forza una pecca, anzi si finisce per riconoscere aspetti simili ad altre opere e riferimenti anche molto desueti. Uno di questi, è sicuramente quello ad Alita: l’angelo della battaglia e Alita: Last Order, l’opera manga di Yukito Kishiro, da cui sono palesemente tratti sia l’aspetto della città dei Mat che la questione dei corpi intercambiabili.
Ed è proprio la questione dei corpi l’idea forte alla base di Altered Carbon. Ormai, i corpi sono solo custodie e la propria coscienza può essere trasferita da uno all’altro. La morte è, in pratica, stata sconfitta. E che cosa potrà mai succedere, che dinamiche sociali si potranno creare in un futuro dove l’umanità non conosce la morte?
Proprio in queste tematiche ritroviamo i conflitti di Altered Carbon. Ci sono i Neocattolici, che rifiutano di cambiare custodia perché affermano che ribellarsi alla morte sia un atto contrario al volere di Dio. E poi c’è chi approfitta che i corpi ormai sono solo involucri, speculandoci. L’esempio più grottesco è quello dei bordelli: in alcuni di essi c’è la possibilità di torturare fino alla morte le prostitute, perché comunque alla fine la loro coscienza sarà trasferita in un nuovo corpo.
Tra queste controversie, spicca quella legata ai Mat: loro riescono, ogni quarantotto ore, a trasferire automaticamente la loro coscienza a un satellite che poi la reinserisce in una nuova custodia. E di custodie sostitutive ne hanno a centinaia, visto che sono multimiliardari. Questo comporta che sono al mondo ormai da centinaia di anni anche avendo corpi giovani e che non conoscono vecchiaia, malattia, morte. Sono, a tutti gli effetti, degli dei che vivono separati dal resto dell’umanità, nei loro castelli sopra le nuvole.
Per quanto riguarda la storia in sé, però, abbiamo alti e bassi. Un Mat, il signor Bancroft, viene ucciso e, una volta che la sua coscienza si è trasferita in una nuova custodia, decide di ingaggiare uno Spedi, ossia un antico guerriero di una ribellione avvenuta centinaia di anni prima, per scoprire chi è l’assassino.
E allora viene riportato in vita Takeshi Kovacs, il protagonista. Nulla di nuovo anche qui: è riluttante, si ritrova in un mondo troppo diverso da quello che ha lasciato, non vuole fare nulla, anzi preferirebbe tornarsene congelato. In qualche modo gli viene fatta cambiare idea, inizia così un’indagine che si protrae per diverse puntate senza nessun colpo di scena degno di questo nome, con sottotrame parallele un po’ confuse e qualche momento morto.
Qui l’unica cosa degna di nota, anche questa già vista, è che viene mostrato come, per quanto la tecnologia permetta di sconfiggere la morte e la società si evolva, sempre la povera gente ci rimette. Kovacs incontra molte vite al limite, rovinate spesso dalla volontà dei Mat che trattano i comuni cittadini come fossero giocattoli. Ma in ogni opera di fantascienza che si rispetti questo viene mostrato.
Più interessante dell’indagine è, alla fine, il lungo flashback sul passato di Takeshi Kovacs, che ci racconta di questa ribellione avvenuta in un’altra epoca. Gli Spedi sono guerrieri addestrati a capire le persone e usarle per i propri scopi, per poi sacrificarle in caso di bisogno. Il loro scopo finale è quello di distruggere il sistema di trasferimento di coscienze e interrompere il ciclo di immortalità degli umani. Molto interessante la storia di questi ribelli che combattevano per riportare gli umani alla realtà della morte, non si è ancora vista una cosa del tutto simile. Inoltre, è proprio in questo passato così lontano che si finisce per avere empatia per un personaggio freddo e scostante come Kovacs. Lui almeno nel presente sembra un Rick Deckard con più soldi.
Invece i protagonisti femminili sono davvero ben costruiti. Kristin Ortega, la detective che indaga sulla morte di Bancroft da prima di Kovacs è la solita donna tosta che si dimostra più forte degli uomini che ha attorno, anche lei già vista da tutte le parti, ma vive un conflitto interessante. Ossia, la nuova custodia di Kovac è la stessa del suo precedente fidanzato, Riker, di cui era innamorata. E quindi si ritrova il corpo del suo uomo con la testa di un terrorista galattico riportato in vita dopo duecento anni. Tutto questo è allo stesso tempo ironico e complesso.
Ciò che funziona meglio in tutta la Serie, che di fatto la tira fuori dal dimenticatoio, è però la villain. Si chiama Reileen ed è una persona molto importante del passato di Kovacs, a cui lui è stato sempre molto legato. Lei ha vissuto gli ultimi duecento anni incamerando ricchezze e diventando una dei Mat più potenti. Al punto da considerarsi un dio. Nel suo delirio di onnipotenza, considera gli altri esseri umani come comuni pedine sacrificabili, che siano uomini, donne o intere famiglie. Basti pensare che gestisce un bordello di quelli dove si possono uccidere le prostitute, con la differenza che le sue MUOIONO DAVVERO. Inoltre, ha un servo che la venera come un dio affermando che: “l’umanità per tutta la sua storia ha venerato le divinità. Con la differenza che adesso ci rispondono”
Reileen è la risposta ad una domanda ancora più interessante, a cui ci porta direttamente il tema della storia: che cosa farebbe un uomo se avesse il potere di un Dio?
Un villain funzionante, interessante e facile da odiare ma anche da capire. E quando il villain di una storia è grande, la storia è grande. Reilenn probabilmente salva Altered Carbon.