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American Horror Story 9×09 – Una ragione per cui vivere

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Attenzione: questo articolo contiene spoiler su American Horror Story 9×09!

È giunta l’ora di tirare le somme. In American Horror Story 9×09 succedono molte cose e ne vengono raccontate altrettante, in un susseguirsi di omicidi truculenti e abbracci di riconciliazione. Nel complesso, Final Girl risolleva i toni di 1984 e ci regala un finale di stagione esauriente, anche se molto lontano dalle aspettative.

Nonostante ci siano voluti tre decenni, sembra che i fantasmi intrappolati a Camp Redwood siano finalmente riusciti, se non a far pace con sé stessi, almeno a riconciliarsi tra loro. Gli ex capigruppo hanno ora un obiettivo comune: sorvegliare, torturare e uccidere a ripetizione Richard Ramirez, per impedirgli di fare ritorno nel mondo dei vivi e mettere in atto la sua vendetta su Bobby, il figlio di Mr. Jingles. Si direbbe che, dopo tutto il sangue versato, la banda desideri riparare ai suoi misfatti. Anche i morti, tutto sommato, hanno bisogno di un motivo per tirare avanti.

American Horror Story 9×09 è ambientata ai giorni nostri

American Horror Story 9x09

Proprio così, i fantasmi degli anni ’80 sbarcano nel moderno 2019. O, per meglio dire, è il 2019 a fare irruzione nel famigerato campeggio. L’ormai adulto Bobby Richter (Finn Wittrock, nel suo debutto stagionale) torna infatti a Camp Redwood per rintracciare suo padre e per scoprire l’identità del misterioso benefattore che da sempre gli invia somme di denaro. Sarà l’incontro con Montana e Trevor ad aprire gli occhi al ragazzo, finalmente posto di fronte alla cruda verità degli avvenimenti passati.

L’episodio si divide abbastanza uniformemente tra i flashback riguardanti l’Halloween del 1989 e il presente, in cui Bobby cerca di sfuggire alla sete di vendetta di Ramirez e di Margaret, protetto da tutti gli altri abitanti di Camp Redwood. Quando Bobby lascia il campeggio, lo fa solamente per ottenere ulteriori informazioni all’ospedale psichiatrico, dove ha l’opportunità di confrontarsi con l’unica sopravvissuta alla strage (in teoria): Donna Chambers.

Il sadismo “creativo” dei fantasmi di Camp Redwood

In American Horror Story 9×09, l’autore John J. Gray ha deciso di divertirsi con le apparizioni e i trucchi da fantasmi, veri protagonisti dell’episodio: basti pensare alla magica evasione del Night Stalker o alle entrate in scena improvvise dei non-morti durante la permanenza di Bobby al campeggio. Anche il modo in cui Montana e Trevor spiegano la situazione al figlio di Mr. Jingles è decisamente appropriato, in puro stile slasher: con un ampio sorriso sul volto, la prima si spara in testa, seguita immediatamente dal suo amante, il quale si taglia allegramente la gola. Il tutto solo per ricomparire pochi istanti dopo.

La rabbia degli spettri del campo si riversa però nel modo più sadico e crudele nei confronti dei due personaggi che, per tutta la serie, hanno rappresentato il male assoluto. Prima della cattura, Ramirez viene ucciso con il contributo di tutto il gruppo, diventando una vera e propria maschera di sangue e ferite. L’assassinio di Margaret assume tratti ancor più fantasiosi: la donna viene fatta a pezzi e triturata in una cippatrice, così che i suoi “scarti” possano finire fuori dal campo. Quest’ultima fase del piano però non va come previsto, e nel 2019 una spettrale e nevrotica Margaret Booth ancora vaga per Camp Redwood.

1984 propone un lieto fine di cui non sentivamo proprio il bisogno

American Horror Story 9x09

Nella sceneggiatura di Crystal Liu emerge una forte dedizione dei personaggi nei confronti di Bobby: un uomo che non conoscono, il figlio di qualcuno che ha stravolto in un modo o nell’altro la vita di tutti. Nell’episodio precedente erano stati i fantasmi, in particolare Montana, a decidere di intervenire per permettere al bambino una vita normale. Più tardi si scoprirà che la stessa Brooke, vera Final Girl della serie, è sopravvissuta ed è la benefattrice che sostiene Bobby da sempre. Ma perché i veterani di Camp Redwood si prodigano tanto?

Bobby è, in fin dei conti, un simbolo: il segno che l’odio e gli omicidi possono e devono cessare, che tutte le carneficine avvenute fino a questo momento non sono state altro che una fase intermedia al fine di trasformare il mondo in un luogo migliore, senza Night Stalker, senza Margaret, senza serial killer. Tutto il marcio è contenuto nel campeggio e i suoi residenti possono in qualche modo contribuire, per una volta, facendo qualcosa di buono e disinteressato. Possono redimersi.

Insomma, è tutto molto dolce. Anche la scena finale in cui Bobby e Mr. Jingles si scambiano un ultimo saluto silenzioso è sicuramente piena di pathos. Ma 1984 avrebbe dovuto essere una commedia oscura, spaventosa, dove la paura e la violenza gratuita regnano sovrane. Ci ritroviamo invece con un tenero lieto fine (non stucchevole, questo lo concedo), che risolve ogni questione con un sorriso e gli occhi lucidi.

Ciò che si salva della stagione (che con tutta probabilità dovrebbe stare in fondo alla classifica di American Horror Story), è la storyline di Benjamin Richter, che sarebbe davvero interessante ritrovare in qualche futuro crossover. L’atmosfera slasher si riconosce a tratti, le sottotrame sono deboli e dispersive. L’ultimo episodio risolve alcuni problemi strutturali, ma non ripara ai danni fatti in precedenza. In conclusione, se siete alla ricerca di una serie tv da guardare col fiato corto la notte di Halloween, AHS: 1984 non fa al caso vostro.

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