All’interno del panorama seriale contemporaneo, un ruolo di spicco è sicuramente ricoperto da American Horror Story. La serie tv creata da Ryan Murphy e Brad Falchuk ha portato un contributo significativo al genere, affermandosi come un prodotto rivoluzionario e capace di diventare un vero e proprio punto di riferimento nel proprio ambito. American Horror Story è arrivata in un momento in cui si avvertiva prepotentemente il bisogno di una forte componente horror anche in televisione, sulla scia di grandi successi al cinema come le saghe di Insidious e The Conjuring. La prima stagione della serie è arrivata nel 2011 e da lì hanno fatto seguito altri nove capitoli di un’avventura che sembra ancora lontana dalla propria conclusione.
Ryan Murphy e Brad Falchuk hanno scelto una struttura particolare per il loro capolavoro: quella antologica. Ogni stagione di American Horror Story rappresenta un universo a sé, con una propria trama, personaggi precisi e ambientazione dedicata. Il segreto del successo, però, sta nell’armonia con cui queste singole stagioni si susseguono, andando a creare un corpo armonico anche nel suo complesso tramite un accurato gioco di rimandi. Un’operazione riuscita grazie anche all’uso di attori ricorrenti, che appaiono in diverse stagioni, e di stilemi che si intrecciano tra i diversi capitoli, riprendendosi senza mai dare l’idea di qualcosa di ripetitivo.
Sul piano della qualità c’è poco da discutere. American Horror Story sin dalla sua prima stagione ha ottenuto un incredibile successo sia in termini di pubblico che di critica, vantando anche moltissimi premi tra cui ben 16 Emmy e 2 Golden Globe. Trattandosi di una serie horror, però, c’è anche un altro parametro da considerare. La serie va vista anche sotto il profilo della tensione che incute negli spettatori, nei brividi che gli fa vivere davanti allo schermo. Tralasciando dunque altri elementi come la trama, la resa complessiva o l’apparato scenografico, andiamo a classificare le dieci stagioni di American Horror Story dalla più alla meno spaventosa. Un criterio fondamentale nel genere horror, capace di indicare il buon esito o meno di qualsiasi prodotto.
1. S2 – Asylum
In gergo musicale si dice che il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista. Questa massima potrebbe essere traslata anche nel campo delle serie tv, soprattutto quelle antologiche. Dopo l’enorme successo di Murder House, American Horror Story ha saputo non solo ripetersi, ma ha anche alzato il tiro con Asylum.
Il secondo capitolo della saga di Ryan Murphy viene costruito su un’ambientazione da brividi: quella del manicomio di Briarcliff. Qui la vita scorre tra macabri esperimenti, oscuri segreti e una tensione che rimane altissima per tutta la stagione. Lo spavento viene reso non tramite meccanismi più semplicistici quali jumpscare o scene splatter, ma attraverso un’atmosfera continuamente creepy, che si evince sin dalla sigla iniziale.
Ad aumentare il livello di tensione ci sono poi i misteriosi personaggi che popolano il manicomio. Dal terribile killer Bloody Face all’oscura Suor Jude, fino al sadico Dr. Arden. Personaggi prodotti e fagocitati dal manicomio, un universo oscuro che fa ancora più paura al pensiero che ha costituito, in passato, una realtà effettiva.
2. S6 – Roanoke
Non si tratta probabilmente di una delle stagioni qualitativamente migliori della serie, ma è una di quelle che senza dubbio mette più paura. Roanoke arriva dopo la discussa Hotel, stagione che per la prima volta ha palesato un calo di qualità in American Horror Story. La produzione ha dunque reagito recuperando in maniera sostanziale le proprie radici horror e offrendo una stagione molto dark, completamente incentrata sul terrore.
Roanoke attinge a piene mani da alcuni stilemi del genere horror: una casa isolata in campagna, fatti spaventosi e misteriosi che iniziano ad accadere, forze misteriose che sembrano spingere i personaggi a compiere gesti inauditi. Tutti elementi che concorrono a creare un horror molto godibile, con momenti di tensione significativi. Per la prima volta, la serie ricorre in maniera massiccia all’utilizzo di jumpscare e sfrutta l’ambientazione oscura della serie per portare a livelli altissimi l’elemento thrilling della produzione.
L’operazione consumata con Roanoke è significativa perché in qualche modo rilancia un lato di American Horror Story che con le precedenti stagione era via via scemato: quello, appunto, capace di instillare paura nello spettatore.
3. S1 – Murder House
Se American Horror Story è diventata la serie di culto che è oggi, gran parte del merito va dato senza dubbio a questa sensazionale prima stagione. Un esordio col botto per AHS, capace di confezionare un primo capitolo coi fiocchi, che resta ancora oggi forse la massima espressione della serie.
Oltre a un aspetto qualitativo sopraffino, Murder House presenta anche un altissimo livello di tensione, che viene creato mescolando sapientemente alcuni elementi fondamentali del genere horror e altri più caratteristici della serie. La serie muove dal sottogenere delle case infestate e poi esplora meandri più reconditi, entrando nelle menti dei personaggi e di conseguenza degli spettatori, che si trovano più volte a dubitare di quale sia la realtà.
La tensione, come detto, è garantita da alcune componenti insite nel sottogenere scelto, dagli spettri ai fenomeni paranormali fino ai grandi segreti celati da una casa infestata. Poi ci sono gli elementi originali, i personaggi inquietanti come Rubber Man, i tormenti psicologici dei protagonisti. Murder House è una delle massime espressioni della serialità horror e rimane una perla del genere, sotto tutti i punti di vista.
4. S3 – Coven
La terza stagione di American Horror Story segna una sorta di cesura, perché a posteriori chiude un trittico qualitativamente altissimo, che probabilmente non si ripeterà più nel futuro della serie. Dopo due capitoli sublimi, Ryan Murphy e Brad Falchuk scelgono le streghe per continuare la loro narrazione a apportano anche alcuni cambiamenti significativi al copione, che caratterizzano in maniera ampiamente riconoscibile Coven.
C’è, in particolare, un elemento che emerge con forza in questa stagione. Affacciatosi in Asylum, si consacra in Coven e poi continuerà a sfogare in maniera sostanziosa anche nelle stagioni successive, andando piano piano a scemare dopo Roanoke. Si tratta dell’elemento del macabro, capace di spingersi anche alle soglie dello splatter, una componente rimasta in ombra nelle prime due stagioni.
Lo spavento in Coven è assicurato sostanzialmente da un personaggio: Delphine LaLaurie, interpretata da una fantastica Kathy Bates. Si tratta di una sadica strega dell’età colonica, che per mantenersi giovane si nutre del sangue dei propri schiavi, massacrandoli con oscuri riti. Lo spavento, rispetto a Murder House e Asylum è diverso: una tensione meno costante, ma con dei picchi assicurati proprio dall’aumento di questo elemento macabro.
5. S9 – 1984
Arriviamo al giro di boa di questa classifica con una stagione recente. 1984 rappresenta una sorta di unicum all’intento della serie, perché riprende un sottogenere praticamente mai toccato prima. Si tratta del genere slasher, in auge soprattutto negli anni ’80, che ha in Halloween di John Carpenter il suo illustre capostipite.
1984 attinge a piene mani da questo sottogenere, recuperandone tantissimi elementi. Dall’ambientazione del camping estivo fino alla furia omicida del killer (ben due per l’occasione), la tensione è assicurata proprio da questi elementi insiti nel genere. La caccia all’uomo che contrassegna i film slasher crea di per sé ansia, poi vanno aggiunti alcuni elementi più tipici della serie che aumentano ancora di più il livello di tensione, da perversioni dei protagonisti all’immancabile presenza degli spettri.
Il risultato di questa operazione è convincente. Grazie al genere slasher 1984 riesce a mantenere alta la tensione, creando situazioni spaventose che agli spettatori del genere horror piacciono sempre. Con l’aggiunta di elementi più personali, American Horror Story tira fuori un’altra stagione di buon livello.
6. S7 – Cult
Iniziamo la discesa nella seconda metà di questa classifica. Cult è una stagione particolare, perché s’intreccia in maniera profonda con la realtà contemporanea, quantomeno del tempo. Il racconto prende vita a partire dalla notte delle elezioni che portano alla nomina di Donald Trump come presidente americano. Una notizia che scuote il mondo e che comporta delle conseguenze importanti, che vengono delineate in questa stagione.
A far paura, dunque, in questo preciso contesto non è tanto la finzione narrativa, quanto gli scenari effettivi che vengono tratteggiati. A partire dall’elezione di Trump, viene dipinto un quadro sempre più pessimistico, con oscure conseguenze che vengono presagite che spaventano molto soprattutto gli spettatori americani. Col senno di poi, sicuramente, questo effetto viene smorzato da quella che è stata la realtà dei fatti, ma questa settima stagione di American Horror Story è andata in onda dal 5 settembre al 14 novembre 2017, a un anno dall’elezione di Donald Trump alla presidenza, quando il futuro del paese era ancora tutto da scrivere. Con l’incertezza davanti, i timori narrati erano vivissimi.
7. S4 – Freak Show
Dopo Coven, Ryan Murphy e Brad Falchuk attingono da un nuovo immaginario collaterale al mondo dell’orrore. Dalle streghe al circo, con tutte le sue misteriose e inquietanti creature. Freak Show offre sostanzialmente una carrellata di personaggi a dir poco peculiari, dei “mostri” che però, come spesso accade in narrazioni di questo tipo, sono solo un parafulmine per la mostruosità dilagante in tutto il mondo.
Questa stagione, globalmente, fa molta meno paura delle altre. È affascinante l’ambientazione circense, inoltre iniziano a emergere dei primi legami con le altre stagioni (in particolare Asylum) che concorrono a creare quel complesso armonico di cui si parlava prima. In generale, però, la tensione è quasi sempre bassa, si punta più sulla repulsione che determinate creature possono suscitare piuttosto che sul brivido.
L’unico personaggio veramente terrificante è Twisty il clown. Anche qui, l’elemento spaventoso viene ripreso dalla grande tradizione horror, in questo caso quella dei pagliacci killer, e Twisty in questo senso è veramente molto riuscito, regalando agli spettatori gli unici istanti di puro spavento in Freak Show.
8. S5 – Hotel
È probabilmente la stagione più discussa dell’intera serie, con gli spettatori che si sono divisi tra chi l’ha amata e chi l’ha odiata. I fatti prendono vita all’interno del famigerato Hotel Cortez, un albergo con una tradizione sanguinaria e un passato fatto di omicidi brutali e morti spaventose. A ciò si aggiunge un’altra componente classica degli horror, solo parzialmente affrontata nelle stagioni precedenti: il vampirismo.
Siamo lontani dalle macabre esecuzioni di Delphine LaLaurie, qui abbiamo una serie di personaggi squilibrati, dal diabolico Mr. March ai vari fantasmi che popolano la struttura e che sono stati vittime o artefici di efferati omicidi. Hotel prova a mescolare una serie di elementi terrificanti, senza però ottenere il risultato sperato.
La stagione risulta sottotono in termini di tensione, mantenendo il trend in calo dopo Coven e Freak Show in tal senso. L’elemento horror è debole, tanto da portare poi nella stagione successiva all’esaltazione di questa componente con Roanoke.
9. S10 – Double Feature
Con la decima stagione della serie, i creatori portano la struttura antologica a un nuovo livello, spezzando in due il racconto in due tronchi ben distinti. Double Feature si divide dunque in Red Ride e Death Valley, offrendo due storie diverse agli spettatori. Il risultato è un po’ disorientante.
L’operazione di per sé è interessante, ma se dobbiamo giudicare solo il livello di tensione di questa stagione, è chiaro che la cesura inficia moltissimo. Il passaggio da una parte all’altra si avverte, ci vuole tempo per costruire un apparato che generi la giusta inquietudine, un contesto adeguatamente oscuro. Con la stagione divisa in due parti questo tempo oggettivamente non c’è e quindi la componente thrilling viene accantonata in nome di una trama da far filare in maniera adeguata.
Soprattutto la prima parte ha buon potenziale, ma la storia si esaurisce presto e non permette l’analisi di meandri più oscuri. Discorso simile per la seconda parte, che però di suo offre un livello di tensione più basso.
10. S8 – Apocalypse
Chiudiamo con quello che, con tutta probabilità, è l’unico grande passo falso di American Horror Story. Richiesto a gran voce da anni, Apocalypse offre l’attesissimo crossover tra due delle stagioni più amate della serie: Murder House e Coven. Il risultato, però, non è andato nemmeno lontanamente vicino a quanto sperato.
Apocalypse è una stagione scarica, che offre molto poco. Il livello di tensione è ai minimi storici, oscurato dal tentativo di far convivere coerentemente due universi narrativi diversi, con l’aggiunta degli altri immancabili legami con le altre stagioni. Dal calderone in cui vengono infilate Murder House e Coven esce fuori un prodotto che non rende giustizia alle due creazioni originali e che in generale segna uno dei punti più bassi dell’intera storia narrativa di una serie pazzesca come American Horror Story.