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American Horror Story – Cult 7×05: siamo una famiglia

American Horror Story
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Questa puntata di American Horror Story – Cult sembra creata apposta per scardinare le nostre certezze. Veniamo subito demoliti nelle nostre sicurezze non appena abbiamo la prova innegabile che Ivy fa parte della setta di Kai; il dubbio ci era venuto nella precedente puntata, e altre figure chiave erano state in qualche modo rivelate, ma vederla al fianco di Kai, a compiere con lui gli atti di morte che lei rivendica come “azioni radicali”, fa tutto un altro effetto.

Ultima arrivata nella setta, Ivy è sensibile al sangue e il suo stomaco non regge proprio durante quello che potrebbe essere l’omicidio della svolta per la setta, l’uccisione del capo di Beverly. La sua debolezza viene notata da Kai, ma Bev la giustifica come l’ansia del principiante: ben altri sono gli anelli deboli del gruppo, e la loro eliminazione è un male necessario per rendere sempre più forte la setta.

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In primo luogo c’è Meadow, che inizia a dare segni di cedimento già durante la sortita in casa dei coniugi poi chiusi nelle bare, e che cerca di avvertire Ally del pericolo di avere sua moglie nella setta. Ally che, nel frattempo, è sempre più disperata, ma inizia a vedere più chiaro, e quello che vede non le piace affatto: il sospetto che la sua Ivy non sia quello che sembra è sempre più forte, e l’avvertimento di Meadow scava un buco sempre più profondo nella fiducia che Ally ha in lei.

Questa stagione di American Horror Story si diverte a sovvertire la realtà, mostrandoci prima una donna fragile come Ally combattere contro l’irrazionalità per fare luce nelle menzogne che avvolgono la sua vita, per poi presentarci il voltafaccia clamoroso di Ivy, apparentemente moglie premurosa e ingiustamente tradita, che si dimostra invece una subdola manipolatrice, ma una non altrettanto efficace killer.

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La scena della sparachiodi, perfettamente eseguita da tutti gli attori, ti prende allo stomaco e ti fa venire voglia di gridare “basta!”; una sensazione così, American Horror Story era tanto che non riusciva a suscitarla. Siamo esterrefatti di fronte al dominio incontrastato di Kai sui suoi adepti, incantati dalla recitazione perfetta di Evan Peters, disgustati e sconvolti per quello a cui stiamo per assistere, e riusciamo a sentire alla perfezione la disperazione di Ivy, il suo odio per se stessa, e la sua paura. In questa stagione di American Horror Story sono tante le immagini che non ci toglieremo così facilmente dalla testa, e questa è sicuramente una delle più indelebili.

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E proprio quando credevamo di aver capito, avevamo chinato la testa alla supremazia di Kai, American Horror Story ci ricorda che niente è come sembra, e rimescola ancora una volta le carte in tavola. Scopriamo che l’unica persona in grado di mettere in difficoltà Kai, al momento, è Beverly: li vediamo fare il gioco del mignolo e pensiamo di sapere a cosa andremo incontro: una lunga serie di confessioni da parte di Bev delle sue paure, e l’intercessione di Kai per sconfiggerle. E invece no.

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È Kai a confessarsi, a piegarsi al potere di quella donna d’acciaio, e quello che confessa ci riempie di orrore: il leader che conosciamo è una creazione del fratello maggiore (lo psicologo: ci avevamo visto giusto!), elaborata dopo la morte dei genitori, un omicidio-suicidio che il fratello decide di occultare per non sconvolgersi vita e carriera. Kai si ritrova a fare visita ai genitori, blindati dentro la loro camera, assistendo alla loro eterna decomposizione, vaccinandosi in questo modo contro la morte, il dolore, la rabbia, e tutte le emozioni che un tempo avevano fatto di lui un essere umano.

Lui e la sorella sono un solo essere, contorti l’uno sull’altra come gemelli siamesi, e siamo davvero curiosi di vedere come sarà delineato il rapporto tra questo inquietante essere a due teste e il criptico psicologo che li rifornisce di carne fresca da sbranare.

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Un saluto agli amici di American Horror Story ITALIA