Questa puntata di American Horror Story – Cult riesce nuovamente a rimescolare le carte in tavola, presentandoci una serie di eventi che vengono smantellati subito dopo, lasciandoci smarriti e confusi, ma abbagliati dall’abilità di Ryan Murphy e dei suoi attori. Ma procediamo con ordine.
La realtà che ci viene proposta all’inizio ci spiazza: ma come, Ally ha definitivamente perso la testa, imbracciato una pistola e fatto fuori Kai durante un comizio? Non può essere! E infatti non è così.
Ally ci è sempre stata presentata come una donna pazza, instabile, paranoica, piena di paure assurde e irrazionali, capace di distruggere una famiglia per via delle sue manie. Invece è lucida, forse non sveglissima, ma animata da buone intenzioni e pronta a lottare per la sua famiglia e per la sua dignità. Ci ricorda un barlume di Lana Winters, e percepiamo la stessa tensione che avevamo provato in Asylum, nella scena a casa del dottor Threadson, quando la vediamo a colloquio con il suo psicologo. I due hanno qualche elemento in comune: ma approfondiremo questo aspetto in un articolo a parte, intanto leggetevi cosa ha detto Ryan Murphy a proposito dei collegamenti tra le stagioni di American Horror Story.
Il personaggio centrale di questa puntata è però lei, Meadow: l’insicura casalinga disperata, pazza di gelosia per il suo prezioso e unico Kai, che non può accettare di sentir ripetere ad un’altra donna le parole che lui le aveva rivolto con amore un attimo prima. Un’altra donna, passi; ma una lesbica, proprio no. Meadow non può accettare di essere messa di nuovo da parte per questo motivo, e la sua gelosia viene utilizzata da Kai come uno strumento per aiutarlo a realizzare i suoi piani, emanciparla dal marito ormai definitivamente perso tra le braccia del poliziotto, e inaspettatamente dare una mano proprio ad Ivy, che vuole liberarsi di Ally e ottenere l’affidamento di Oz, facendo leva sull’infermità mentale della moglie.
Il primo incontro di Ivy e Kai è emblematico della capacità di Ryan Murphy di farci vedere i personaggi sempre da un’angolatura diversa, centellinando le informazioni in modo da poter stravolgere le carte in tavola senza tornare a fare lo spiacevole e snervante gioco della trama infinita e inconcludente che aveva condannato le precedenti stagioni al flop.
Evan Peters in questa puntata di American Horror Story è superlativo: ci chiediamo se sia veramente uscito mai dal personaggio, perché vediamo brillare nei suoi occhi una febbre fanatica che raramente si vede in un attore ( in questa intervista Evan parla anche del rapporto di Kai con un altro membro cardine della setta, Beverly). Ivy odia Ally, scopriamo, fin dal giorno in cui è arrivata la gioia più grande della sua vita, Oz. Una gioia che avrebbe voluto concepire lei, allattare lei, e che non avrebbe mai cercato di togliere all’altra sua madre come invece aveva fatto Ally, con il suo istinto di protezione eccessivo e patologico. Quello che ha in mente di fare Ivy è forse ancora più terribile dell’omicidio: smantellare la reputazione di sua moglie, farla passare per pazza, avere Oz tutto per sé e per la sua nuova amante, Winter. Questo è il volto del vero amore.
Il magistrale incastro di pedine che porta a scoprire che la mano armata dietro l’attentato al comizio di Kai è quella di Meadow è un fine lavoro di cesellatura di Murphy, che non ci dà mai più di quello che gli serve, e se lo dà è solo per toglierlo subito dopo, per togliere la maschera a tutti e mostrare quello che c’è sotto. Come Ally, che scopre il vero volto di sua moglie solo quando la vede con la maschera. Come Meadow, che dietro alla maschera della moglie svampita e insoddisfatta nasconde un lato oscuro troppo grande per poter essere contenuto, e che nella sua immensa ingenuità forse riesce davvero a vedere Kai per quello che è: un sognatore, in definitiva, come lei. E per lei, aiutarlo a realizzare il suo sogno più grande, val bene un suicidio.
Questo è il volto del vero amore.