Un ritorno in grande stile quello di American Horror Story che, con questa prima parte della dodicesima stagione conclusasi ieri 27 dicembre 2023 in Italia su Disney+, sembra finalmente aver ritrovato la verve che ha reso indimenticabili le prime annate. Nel 2011, io e alcuni altri (chi siete, alzate la mano) cercavamo avidamente uno show che fosse davvero spaventoso e che portasse davvero l’horror in tv. Così, l’uscita di quella prima stagione sembrava la risposta ai nostri più oscuri desideri, ma era ancora lontana anni luce l’idea, anche solo la possibilità, che alla prima ne sarebbero seguite altre undici. Non so quanti altri, ma personalmente ero fermamente convinta che la storia dei Langdon sarebbe stata al centro del racconto anche di eventuali future stagioni, nel più classico stile televisivo. L’idea che il progetto di Murphy fosse pensato come un’antologia non mi aveva nemmeno sfiorato la mente, tantomeno credevo che quel season finale potesse trattarsi di un series finale. Invece, con grande anzi enorme sorpresa ecco che American Horror Story ritornava con una seconda stagione. Le facce erano le stesse ma la storia era tutta diversa tant’è che, improvvisamente, compare un sottotitolo per distinguere la prima e la seconda tornata di episodi.
La storia televisiva di America Horror Story, però, ha vissuto una parabola discendente, a partire da quel “Roanoke” che spaccò il pubblico a metà (o forse già prima, con Hotel?). Una stagione diversa da qualsiasi altra vista prima destinata a segnare il futuro dello show di Ryan Murphy. Tra chi l’ha ritenuta geniale e chi invece un mappazzone mal riuscito, rimane indubbio che “Roanoke” abbia idealmente incarnato il giro di boa per la American Horror Story venuta dopo. Una serie tv che, ormai, appariva sempre più stanca e svogliata, dalle idee pur sempre accattivanti ma gestite in maniera imbarazzante: da “Cult” che si perdeva sul più bello alla kitsch “1984”, per finire con “Double Feature” e la sua confusione. Dopo dieci stagioni, sembrava quindi che la serie tv antologica non avesse più nulla da raccontare pur con la possibilità di rinnovarsi tra nuove trame e nuovi personaggi. L’undicesima ci ha riportato un po’ indietro nel tempo, tra il volgare e il gore che avevano fatto la fortuna, per esempio, di “Asylum”. Ma è questa freschissima dodicesima stagione a farci finalmente tirare un sospiro di sollievo. Almeno per il momento.
American Horror Story: Delicate è il bicchiere d’acqua dato agli assetati dopo un lungo viaggio nel deserto, e il merito è anche di Emma Roberts.
Alla donna disse: “Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli…” – Genesi 3:16
Dopo essere apparsa per l’ultima volta nella nona stagione, Emma Roberts torna assoluta protagonista all’interno di una stagione che si concentra sulla maternità, sui rapporti di genere e la cara vecchia magia nera. In “Delicate”, Anna Alcott è una giovane attrice dalla carriera in ascesa, con un futuro roseo davanti e una campagna in corso per la candidatura agli Oscar. La sua vita privata, però, non è altrettanto felice perché Anna desidera più di ogni altra cosa un figlio che tarda ad arrivare. A nulla valgono gli svariati tentativi di inseminazione artificiale in clinica o altri metodi più assurdi, tutti lasciano Anna sempre più sconfortata e triste, sicura che l’assenza di un figlio non la renda in qualche modo completa. Le cose cambiano quando, finalmente, la donna riesce a concepire un bambino e, anche dopo un avvenimento terrificante e un aborto, la sua gravidanza sembra proseguire come se nulla fosse. Ma la finta infermiera (Cara Delevingne) che effettivamente le ha procurato l’aborto è solo uno dei tanti strani accadimenti che la incalzano, ormai, sempre più da vicino. Convinta che qualcuno la stia seguendo, Anna viene attaccata in casa sua, vomita una poltiglia nera ai Gotham Awards e qualcosa inizia a crescerle sotto pelle come una verruca.
L’orrore di Anna è sempre più tangibile, assumendo le fattezze di due donne vestite interamente di nero e di un’oscura grotta sotterranea dalla quale riesce ad accedere da una porta nella sua cantina. Qui trova barattoli di feti umani e mostruose creature, mentre si addentra tra i cunicoli bui in cerca di risposte. Risposte che, però, non sembrano arrivare spingendo la donna, ormai sempre più stremata, giù per una spirale di isolamento e paranoia. Nessuno vuole crederle. Né il premuroso compagno Dex che la tratta con insopportabile sufficienza, né la manager Siobhan (un’insospettabilmente convincente Kim Kardashian) che alterna amicizia e ricatto psicologico, né i medici a cui chiede spiegazioni per il male lancinante che sente al fianco.
Senza amici e senza una famiglia, Anna è completamente sola, in balia del male che sta avvelenando la sua vita e il suo corpo. Emma Roberts ci trasmette queste sensazioni di disagio con disarmante umanità, rendendoci partecipi delle vicissitudini del suo personaggio tanto da arrivare a gridare allo schermo “Anna svegliati ti prego!”. Le nostre urla rimangono, però, inascoltate e non possiamo che assistere inermi alla disfatta, ormai apparentemente inevitabile, di una donna che vorrebbe solo essere madre. Eppure è anche evidente come l’ingenua Anna nasconda, in realtà, delle contraddizioni e dei lati oscuri non del tutto esplicitati ma intuibili. La sua ambizione è pari al suo desiderio di maternità, tanto da non farsi scrupoli nel dire a Siobhan che è disposta a tutto pur di vincere lei l’Oscar. L’abbiamo vista capace di gesti estremi pur di raggiungere i propri scopi e preda di macabre allucinazioni che la spingono a cibarsi di animali morti.
Il nostro orrore cresce di puntata in puntata, merito soprattutto dell’interpretazione poliedrica dell’ex bambina prodigio Emma Roberts che passa dall’essere la ragazza acqua e sapone alla machiavellica star di Hollywood. Qualcosa, in questo personaggio, non ci convince del tutto e siamo abbastanza certi che la seconda parte di stagione potrebbe davvero scoperchiare un vaso di Pandora riguardo la vera natura di Anna Alcott. Dolce, amorevole e sensibile, Anna non è del tutto ciò che sembra muovendosi nello spazio in maniera fin troppo infantile per essere credibile. Siamo molto lontani dai tempi in cui la Roberts interpretava la cinica Madison in “Coven” ma il talento non è di certo diminuito con gli anni.
Non sorprende affatto che la stagione abbia ottenuto il punteggio più alto degli ultimi anni su Rotten Tomatoes. Riprendendo i temi del satanismo e della stregoneria già affrontati in passato, Ryan Murphy è riuscito ad adattarli all’interno di una narrazione contemporanea e attuale. Il bisogno da parte di tante donne di diventare madri, alimentato da falsi stereotipi e aspettative da parte della società, si trasforma qui in un incubo che vi farà passare qualsiasi voglia di andare a una visita dalla ginecologa. La seconda parte potrebbe ribaltare le carte in tavola e rappresentare il tracollo dell’intera stagione, come già accaduto sfortunatamente in passato. Finora, però, possiamo ritenerci più che soddisfatti di una storia che ci inquieta e turba più che a sufficienza.