Ryan Murphy è uno dei registi, sceneggiatori e produttori più in voga degli ultimi anni. La sua carriera ha raggiunto fin da subito vette altissime, concretizzandosi con la Serie Tv di successo Glee e i successivi prodotti come The Politician, Ratched, American Crime Story e American Horror Story. Proprio riguardo ad American Horror Story – che è giunta quasi alla sua decima stagione – c’è da approfondire un aspetto molto interessante.
Murphy si è sempre contraddistinto per la sua spiccata originalità, ed è riuscito a regalare momenti forti all’interno delle sue creature. Utilizzando un occhio attento, scopriremo che alla base la sua originalità potrebbe aver subito un’importante influenza: quella teatrale. Molti elementi di American Horror Story, infatti, ci hanno fatto notare questa affascinante caratteristica che – chiariamo – non è mai stata confermata dal regista.
Dove si nasconde la teatralità, quindi, nella serie horror di Murphy? Andiamo a scoprirlo!
I protagonisti all’interno di uno stesso palco
Guardare American Horror Story significa interagire con qualcosa che è sempre più di quel che sembra. Non è solo una storia horror, ma qualcosa che – tramite la trama – racconta ogni individuo nella sua umanità. Ognuno, a modo suo, cercherà di essere parte integrante della storia e, proprio come in un palco teatrale, metterà in luce la propria essenza interagendo direttamente anche con il pubblico. Questo lo vedremo soprattutto quando – nella prima stagione, Murder House – perfino i non morti avranno un contatto diretto con noi rimanendo sempre nello spazio – l’unico che conosciamo, la casa – dei vivi. Gli attori faranno finta, inizialmente, di non notare la presenza degli altri trattando l’ambiente come un palco da dividere destinato comunque a tutti.
L’antologia della serie
American Horror Story è una serie antologica: ogni stagione ha una storia, una trama e un contesto completamente differente rispetto alle altre. Proprio come in teatro, lo spettatore assisterà sempre a messe in scena differenti. Questa pluralità di argomenti darà vita a una dinamicità che non farà mai annoiare il pubblico regalandogli sempre delle sensazioni nuove che fluiranno scorrevolmente ma al tempo stesso con un tocco lento e descrittivo nei dettagli. Spiegandoci meglio: ogni storia viene sviluppata e compiuta in circa 10/13 episodi. Proprio su questa base, la trama di American Horror Story – così come le opere teatrali – avrà un tempo prestabilito importante che darà due risvolti: una lentezza che possa descrivere l’animo dei protagonisti e le varie vicende, e al tempo stesso un ritmo incalzante che dia scorrevolezza alle storie.
I dialoghi
Andiamo ad analizzare un altro aspetto che sembra aver subito particolarmente l’influenza teatrale: quello dei dialoghi.
Questi, infatti, sembrano un mezzo di Ryan Murphy per coinvolgere il pubblico nelle vicende, e ciò lo si noterà soprattutto negli specifici momenti in cui i personaggi daranno l’impressione di parlare non solo tra di loro ma anche con chi li guarda. Tate in Murder House in questo senso è l’esempio calzante.
“Uccido le persone che mi piacciono. Qualcuno mi implora di non ucciderlo, ma io non provo dispiacere. Non provo niente. Viviamo in un mondo schifoso, questo mondo è schifoso e debole. E, sinceramente, mi sento come se li stessi aiutando, sottraendoli alla m***a, e al vomito che riempiono le strade.”
Tate sembra spiegare la sua condizione non solo alla sua interlocutrice ma anche al telespettatore stesso. In questa maniera si ha la sensazione di sentirsi coinvolti nella storia e di percepire quella frase come un modo, da parte del protagonista, di farsi comprendere e portarci dentro la sua testa. Il teatro fa tutto davanti al pubblico portandolo con sé. Così facendo il flusso di parole sarà il tramite per trasportare il telespettatore dentro la storia coinvolgendolo con sguardi diretti e concetti chiave che – grazie alla solennità della voce – riescono a dare quella sensazione teatrale e a far apparire i protagonisti come attori di teatro alle prese con un progetto seriale. Tate si servirà infatti di tutto questo per raccontarci il suo passato. Lo farà volgendoci un suo sguardo diretto, facendoci così entrare dentro la sua sfera emotiva.
Gli abiti, gli oggetti di scena e le ambientazioni
Gli abiti utilizzati in American Horror Story danno l’impressione di essere dei veri e propri vestiti di scena teatrale. Al tempo stesso, in alcuni casi potremo dire la stessa cosa delle ambientazioni: spesso queste sembreranno proporci oggetti di scena proprio come in un gran palcoscenico! Partendo da Apocalypse, infatti, noteremo che gli indumenti ci porteranno in un mondo alternativo non solo per via della trama in cui sono utilizzati, ma anche per quella sensazione che rievocano: non vi sembrano proprio gli abiti tipici di una lirica teatrale? Al contempo, l’ambiente spesso si servirà di luci interne deboli e soffuse: ciò sembra portarci all’interno di un’opera che, cercando di essere più realistica possibile all’interno di uno spazio ridotto come il palco, farà proprio questo gioco di luci.
Coven racconta la storia della stregoneria nel mondo moderno ma per farlo non utilizza jeans e maglioncini, bensì vestiti neri e cappelli a punta. Ciò è evidente anche tramite l’introduzione di Papa Legba, personaggio travestito in modo inquietante il cui segno distintivo è l’utilizzo di un trucco e un abbigliamento spaventoso che si ricollega allo scenario horror teatrale. Questo dettaglio ci porta così in uno spazio creato solo per la rappresentazione della trama che sceglie di dimenticare il contesto e far prevalere il mondo alternativo centrale. Le ambientazioni saranno per lo più sale normalissime allestite in maniera tale da ricordare il mondo della stregoneria, proprio come un palco pieno di oggetti di scena. Su questa base, è importante sottolineare quello che accade di fronte a una rappresentazione teatrale: tutto, al di fuori del palco, è normale ma all’interno si costruisce un universo completamente diverso che sceglie di distaccarsi da tutto quello che sorge davanti a lui.
La quarta stagione – che alla stessa stregua della terza, è ambientata nel mondo normale – mette in scena indumenti e oggetti imponenti: lo vedremo, soprattutto, nella protagonista indiscussa Jessica Lange che utilizzerà spesso abiti lunghi da sera – a volte, anche travestimenti – con accessori eccentrici come copri spalle pieni di piume, il tutto retto da una protagonista che utilizzerà una gamba di legno. Stessa sorte è toccata a Lady Gaga che nella quinta stagione – nelle vesti di vampira – userà abiti lunghi accompagnati da accessori come guanti particolari, maschere e trucco estremo.
Il Musical
American Horror Story spesso ha utilizzato la musica non come un normale sottofondo, ma come un vero e proprio atto da parte dei protagonisti. Più volte, a partire da Asylum, i protagonisti si sono immedesimati nelle vesti di cantanti: in particolar modo la star in questo senso è sempre stata Jessica Lange. La seconda stagione, ambientata in un manicomio, vedrà la protagonista iniziare a cantare la canzone “The Name Game”: momento corale in cui tutti i detenuti balleranno e canteranno, portandoci definitivamente nel contesto del Musical. La quarta stagione concretizza più e più volte questo aspetto coinvolgendoci in cover di David Bowie e Lana Del Rey. I momenti musical con cui avremo a che fare in Freak Show saranno rivolti direttamente al telespettatore: i protagonisti, infatti, faranno un vero e proprio spettacolo esibendosi su di un palco. Questo aspetto è uno dei più belli in quanto ci darà la sensazione di essere trasportati in un vero e proprio show teatrale.
American Horror Story Freak Show
La quarta stagione è probabilmente l’esempio più concreto in termini di opera teatrale. Ambientata in un circo, ci coinvolgerà spesso non solo nelle esibizioni canore – come detto poco fa – ma anche in veri e propri show che vedranno ogni componente del circo esibirsi nella propria abilità. Questo ci darà modo di superare lo schermo che ci divide dalla serie portandoci così a tutti gli effetti all’interno della vicenda. I vari spettacoli proposti, infatti, sembreranno esser pensati per intrattenere a tutti gli effetti lo spettatore, quasi come se fosse a uno spettacolo dal vivo fatto apposta per lui.
Ryan Murphy non ha mai proferito parola rispetto alla possibile influenza teatrale subita da American Horror Story, ma questi aspetti appaiono quasi una vera e propria conferma o omaggio a quest’ultima. Non sappiamo cosa abbia pensato il regista o se queste siano in realtà solo delle coincidenze, ma quel che appare chiaro è che – in qualsiasi maniera la si ponga – American Horror Story, per noi, rimarrà un pezzo di teatro di successo.