Ci sono personaggi che restano presenti sulla scena per poco tempo ma che riescono a lasciare un segno indelebile in tutti coloro che li hanno amati e hanno amato la serie che li ha ospitati. Pepper di American Horror Story, sebbene compaia sia nella seconda che nella quarta stagione, è una di questi: la sua storia, ispirata alla vita di una persona vissuta a inizio Novecento, coinvolge e commuove perché mostra tutta l’ipocrisia di una società che condanna a priori chiunque sia diverso.
La storia di Pepper comincia negli anni Cinquanta e viene raccontata nella quarta stagione di American Horror Story, Freak Show, che si ispira in maniera piuttosto evidente al celebre film Freaks di Tod Browning del 1932, in cui sono mostrati alcuni dei sopravvissuti al celebre Circo dei Freak, che tra fine Ottocento e inizio Novecento aveva reso celebri in tutto il mondo persone con disabilità, facendo profitto sulle loro deformità fisiche ma essendo anche, al tempo stesso, l’unica casa che questi reietti della società avessero mai avuto.
Nella serie Elsa Mars, interpretata da una sempre divina Jessica Lange, è la direttrice di un circo di freak che ha l’obiettivo di fornire loro protezione, dignità e, soprattutto, una famiglia. Elsa non è una bieca impresaria approfittatrice e senza scrupoli: lei stessa è un freak e per questo esige che i suoi “fratelli” siano trattati come esseri umani. Trova Pepper (una irriconoscibile e bravissima Naomi Grossman) abbandonata in orfanotrofio dalla sua famiglia, che l’ha ripudiata una volta scoperta la sua disabilità, e le dà un posto nella sua famiglia di “mostri”.
Pepper non è come tutti gli altri, o così almeno il suo aspetto sembrerebbe suggerire: la sua testa piccola e a punta è il sintomo di una condizione genetica rara, la microcefalia, di cui soffriva Schlitzie Surtees, in arte Pinhead, vissuto agli inizi del Novecento. L’uomo ha lavorato come attrazione nei circhi dei freak per tutta la vita ed è comparso nel film Freaks del 1932: si può dire, quindi, che American Horror Story – Freak Show abbia voluto omaggiare la sua figura con il personaggio di Pepper.
Nonostante il suo aspetto, che è costato all’attrice Naomi Grossman ore di trucco e la rasatura totale dei capelli, Pepper è una persona con le sue problematiche, certamente, ma anche con i suoi sentimenti, le sue speranze, i suoi sogni. Il fatto che fatichi a esprimerli non significa che sia malvagia o inferiore alle altre persone: come ogni essere umano Pepper desidera affetto, dignità, comprensione e anche qualcuno che la ami per ciò che è.
Nel circo di Elsa sembra trovare tutto ciò che nella vita le era sempre stato negato: non soffre più il costante confronto con gli altri, la disumanizzazione, la privazione dei diritti, ma anzi si prende cura dei suoi compagni, come di Ma Petite (la donna più piccola del mondo) e di colui che diventerà il suo compagno, Salty, anch’esso microcefalo.
L’incontro e il matrimonio con Salty è la realizzazione di tutti i desideri di Pepper: non solo ha una famiglia che la protegge, ora ha anche un compagno che la ama e che può amare e che comprende come nessuno la sofferenza che ha provato per tutta la vita. Ma quando Salty muore improvvisamente e il suo corpo viene esposto in un museo, anziché ricevere una degna sepoltura, ecco che il mondo dei “normali” torna a farsi sentire per ribadire che no, nessun “mostro” sarà mai degno di ricevere un briciolo di amore e rispetto.
Per Pepper il sogno di una vita vissuta insieme ai suoi fratelli “mostri” si infrange: il ritorno dalla sorella, che già una volta l’aveva rifiutata, sarà la conferma che nel mondo non c’è posto per una come lei e che non avrà mai la libertà. Nove anni dopo, la sorella riuscirà nuovamente a liberarsi di lei incolpandola della morte del figlioletto, anch’esso nato con una deformità, e facendola rinchiudere nel manicomio criminale di Briarcliffe.
Proprio dove la conosciamo all’inizio della stagione migliore di American Horror Story, Asylum.
Una vita spezzata, un rifiuto della società che chiedeva solo di essere trattata come un essere umano anziché come un abominio. Pepper ci spaventa, all’inizio della seconda stagione, perché rappresenta tutto ciò che la società, subdolamente, ci insegna a temere e a tenere a distanza: la deformità fisica, la disabilità, il ritardo mentale, l’indole violenta. E non importa che solo alcune di queste caratteristiche facciano effettivamente parte della storia e della personalità di Pepper: lei è l’incarnazione del motivo per cui esistono strutture come Briarcliffe, che tengono i “normali” lontani e al sicuro dai “mostri”.
Pepper è molto simile a Kit Walker, altro innocente rinchiuso ingiustamente a cui la società attribuisce l’etichetta di violento, assassino, deviato, malato. Nessuno dei due ha potuto scegliere il proprio destino e qualsiasi grido di protesta sarà etichettato dalla società come un’ammissione ulteriore di colpevolezza o, al massimo, come il vaneggiamento di un folle.
Disprezzata e tenuta a distanza da tutti, a Briarcliffe, Pepper sembra destinata a vivere una vita che si spegne lentamente, nell’insensatezza e nella violenza di un manicomio. Finché non arriva, per lei, la speranza di un riscatto: una speranza che viene dal cielo.
L’intervento degli “esseri celesti” a Briarcliffe dà a Pepper la possibilità di potersi finalmente esprimere con chiarezza, colmando il più grande divario che la separava dai “normali”: il dono del linguaggio, che la donna dimostra fin da subito di saper usare, come testimonia la frase, tristemente consapevole, che rivolge al dottor Arden.
“Funziona così con noi mostri: ci date la colpa di tutto”.
Scopriamo così le origini di questo personaggio, fino a quel momento mostrato come poco più di un’inquietante macchietta: la sua storia assume i contorni di un’orribile e crudele ingiustizia, a cui gli esseri celesti hanno voluto in parte rimediare, infondendo in quel corpo martoriato il dono della parola e della consapevolezza. Un dono che Pepper, d’ora in avanti, saprà come usare.
Proprio a lei, la testa a punta, l’assassina di bambini, la povera matta che neanche si rende conto di dove si trova, viene dato l’incarico di badare a Grace, una donna incinta di un miracolo, dagli esseri celesti. Pepper è consapevole del fatto che esiste un potere più grande di quello che l’ha condannata senza appello, un bene superiore che l’ha ascoltata, l’ha amata e l’ha guarita, e che quel bene ha scelto lei per aiutare a proteggere la meraviglia che sta portando nel mondo.
Grazie al rapimento alieno, Pepper riesce a esprimere finalmente la sua personalità, dimostrando di possedere arguzia, capacità di osservazione ed empatia: sarà una delle poche a riconoscere l’oscurità che alberga dentro lo psichiatra Oliver Threadson, il vero Bloody Face, e affronterà con spavalderia il dottor Arthur Arden quando minaccerà di fare del male a Grace e al bambino:
“Ti prenderanno, ti apriranno la testa e ti smuoveranno il cervello con una forchetta. E quando tornerai, sperimenterai in prima persona come le persone trattano noi mostri”.
Pepper diventa l’incarnazione del Fool, il “matto” che dice la verità e dissemina saggezza nonostante l’apparente vaneggiamento, anzi proprio grazie a quello.
L’altra faccia di una delle frasi più iconiche di American Horror Story, “Tutti i mostri sono umani”: lei ne incarna un significato diverso, il mostro come creatura che riafferma la sua umanità, quella che la società gli ha tolto.
Spesso viene criticata la scelta di Ryan Murphy di inserire gli alieni nella seconda stagione di American Horror Story, ma se non l’avesse fatto Pepper sarebbe rimasta una povera microcefala capace di ispirare solo pietà e orrore. Grazie all’intervento degli esseri celesti il personaggio cambia, matura e riesce anche a costruirsi una parvenza di vita, all’interno dell’inferno di Briarcliffe. La sua amicizia con Suor Jude, ormai diventata a sua volta una paziente di Briarcliffe, la più ribelle, ci fa capire come, oltre all’intelligenza, l’intervento alieno abbia potenziato anche l’umanità di Pepper: la donna riconosce il cambiamento profondo della ex suora dal pugno di ferro e decide di volerle bene per ciò che è ora, perdonando i suoi errori passati.
La storia di Pepper si snoda tra la seconda e la quarta stagione di American Horror Story: quando la conosciamo per la prima volta, in Asylum, scopriamo anche il suo destino, che sarà di morire all’interno della struttura. La ritroviamo in Freak Show, ambientato anni prima di Asylum, in cui però viene mostrata anche parte della sua permanenza a Briarcliffe.
Mentre si trova in manicomio, Pepper sfoglia per caso una rivista nella quale vede la fotografia del suo ex capo, Elsa Mars, diventata nel frattempo una stella dello spettacolo: una scena di commiato alla sua vecchia amica che assume un significato ancora più commovente se pensiamo che Elsa Mars e Suor Jude, le uniche figure davvero positive per Pepper, sono la stessa persona, essendo entrambe interpretate da Jessica Lange.
Nonostante Pepper abbia avuto un destino tutt’altro che felice, in entrambe le stagioni di American Horror Story, vogliamo ricordarla sorridente ed entusiasta per essere stata inclusa durante The Name Game, una delle scene migliori di Asylum, una vera boccata d’aria pura nel mezzo di una delle stagioni più angoscianti della serie. L’unica cosa che questo personaggio desiderava era qualcuno che le sorridesse, che puntasse il dito verso di lei e le dicesse “voglio proprio te”. E, in qualche modo, l’ha ottenuto, a dispetto di tutto l’orrore.
Giulia Vanda Zennaro