Chi era William Bonin, psicoanalizzato da Donna Chambers in American Horror Story?
Nasce l’8 gennaio 1947 a Willimantic, in Connecticut, da Robert e Alice Bonin, entrambi alcolizzati. Il padre ha problemi di gioco ed è violento sia con la moglie che con i tre figli. I ragazzi vengono lasciati a loro stessi, curati solo dalla carità dei vicini. Come se questo degradante quadro familiare non bastasse, i ragazzi sono affidati spesso alle cuore del nonno, un pedofilo confesso che ha abusato della madre e, in un secondo momento, anche dei tre nipoti.
Nel tentativo di proteggere i figli da questa situazione terribile, Alice affida i bambini a un orfanotrofio, che però si rivela un luogo di abusi e violenze sia fisiche che mentali.
William Bonin resta in orfanotrofio fino ai 9 anni e ritorna a vivere coi genitori a Mansfield.
Il primo arresto risale alla tenera età di 10 anni. William finisce in un riformatorio minorile per svariati reati minori. Anche qui gli abusi non cessano perfino da parte degli adulti.
Nel 1961 la famiglia Bonin si trasferisce in California, dove, poco dopo, il padre muore di cirrosi epatica. La spirale autodistruttiva in cui William cade in modo inevitabile lo porta a fare agli altri ciò che ha subito sulla propria pelle: molesta il fratellino minore e altri bambini del vicinato, si dà all’alcol e commette vari furti.
Si diploma nel 1965 e si fidanza con una ragazza, soprattutto grazie all’intervento della madre che tenta in ogni modo di coprire l’evidente omosessualità del figlio. Nello stesso anno si arruola nell’Air Force americana e viene spedito in Vietnam. È lì, tra gli orrori della guerra, che scopre che la vita umana vale davvero poco.
Resta nell’esercito tre anni e viene congedato con onore nell’ottobre del 1968.
Si sposa poco dopo, ma il matrimonio ha brevissima durata. Le sue aggressioni sessuali continuano ai danni di giovani, se non giovanissimi, che sottopone a ogni tipo di tortura e violenza sessuale immaginabile. Viene arrestato, ma la sua viene considerata una malattia mentale.
Sottoposto a esame psichiatrico, rivela di avere un IQ superiore alla media, di soffrire di disturbi maniaco-depressivi e danni alla corteccia cerebrale perifrontale (che dovrebbero ridurre la sua capacità di trattenere gli impulsi violenti). Da un accurato esame fisico, si scopre che ha il corpo ricoperto di cicatrici, risalenti al periodo in carcere minorile. Lui, però, non ricorda nulla.
Dopo un breve lasso di tempo trascorso in galera, viene lasciato libero perché non costituisce un pericolo per gli altri.
Non è così, ovviamente, perché William Bonin è pericoloso, molto pericoloso.
Ritorna in carcere dopo aver rapito e stuprato il quattordicenne David Allen McVicker, ma sconta solo tre anni di prigione (malgrado una condanna a quindici).
È proprio in questo periodo, nel 1978, che frequenta una ragazza e conosce Vernon Butts e Gregory Miley che diventeranno suoi complici. Solo allora inizia la carneficina vera e propria.
Le sue vittime sono solitamente adolescenti, autostoppisti, studenti o prostituti. Il “rituale” è sempre lo stesso: sequestro, aggressione sessuale, botte, torture e, infine, l’omicidio, per accoltellamento o percosse. A volte usa tecniche ancora più tremende per uccidere le vittime.
Perché William Bonin, anche in American Horror Story, viene chiamato il killer dell’autostrada?
Perché è lì che trova le sue vittime. L’elevato numero di vittime e il modus operandi del carnefice fanno pensare presto a un serial killer, sul quale è fissata una taglia di 50.000 dollari. William ne è quasi lusingato e colleziona in un raccoglitore gli articoli sulla caccia all’assassino.
È l’arresto di uno dei suoi complici che segna la sua fine: non passa inosservato il suo lungo curriculum di stupratore sessuale.
La polizia arresta in flagranza di reato William Bonin l’11 giugno 1980. Tutti gli indizi portano a lui, che non può fare a meno di confessare.
Le sue accuse sono 16 omicidi, 11 furti, 1 atto di sodomia e 1 di rissa.
Le indagini aumentano il conto dei reati, incluso quello degli omicidi. Mentre Butts si toglie la vita e il 5 novembre 1981 inizia il processo nei confronti di William Bonin.
Senza mai esprimere rimpianto o rimorso per le proprie vittime, viene condannato a morte per iniezione letale e, malgrado gli svariati appelli, viene sempre confermata.
Il 23 febbraio 1996 viene ucciso con iniezione letale nella camera a gas della prigione di San Quentin, il primo ucciso in California con questo metodo.
La sua ultima intervista lo vede sereno: accetta l’ineluttabilità della condanna a morte e non ha un briciolo di cuore nei confronti delle famiglie della vittime. Come ultima cena ordina pizza, Coca Cola e gelato, resta in compagnia del suo avvocato, del cappellaio e del suo potenziale biografo.
Ha ucciso un totale di 21 adolescenti, impossibile elencare gli altri reati correlati, troppo per una lista esaustiva.