Per uno show come American Horror Story il finale di ogni stagione è qualcosa di molto importante: parliamo infatti di un telefilm antologico, in cui le cinque stagioni rappresentano delle storie a sè stanti, ognuna diversa dalle altre (anche se, lo vedremo, qua è là sono stati inseriti collegamenti assai significativi); perciò quando arrivano all’ultima puntata gli autori hanno a disposizione un’unica opportunità per terminare in modo soddisfacente la loro narrazione: qui non è possibile lasciare tutto in sospeso e rimandare il momento culminante all’anno seguente, prassi invece abbastanza comune e fastidiosa nel mondo delle serie tv (The Walking De… *Colpetto di tosse*)…
No, in American Horror Story la resa dei conti è una soltanto, ed è essenziale che contenga le spiegazioni non fornite in precedenza e il recupero delle storyline e dei personaggi minori, ovviamente riservando il giusto spazio all’approfondimento psicologico ed evitando di esporre a mo’ di elenco una sfilza di avvenimenti senza senso. Il cerchio deve chiudersi in maniera naturale, deve esaurire in un episodio tutto ciò che i protagonisti hanno da dire e da fare; nello stesso tempo però occorre che lasci allo spettatore un po’ di nostalgia, di curiosità che lo induca ad attendere la stagione successiva con impazienza.
Se avete mai provato a scrivere racconti brevi, forse capite cosa intendo.
Comunque, la scelta di realizzare un telefilm antologico ha i suoi lati positivi, perchè permette di ricominciare ogni volta daccapo aggirando l’ostacolo della noia, dei personaggi sempre uguali, delle trovate improbabili necessarie a mantenere desta l’attenzione del pubblico… Tuttavia, American Horror Story è stata creata così anche per un altro motivo, il quale ha poco a che vedere con strategie commerciali e simili: questa serie è infatti la summa degli elementi spaventosi insiti nell’immaginario di un popolo (quello americano, ma non solo); abbiamo dunque i fantasmi, le streghe, gli alieni, i pazzi assassini, i vampiri.
Ecco un prodotto che si propone, con alti e bassi che non ne minano la qualità generalmente buona, come una grande antologia delle paure e delle perversioni nascoste nella mente dell’americano medio, e oserei dire anche di chiunque altro.
Concentriamoci ora sui finali delle cinque stagioni di AHS, confrontandoli e tentando di scovare il sottile filo rosso che li unisce tutti!
Season 1 (Murder House):
l’illusione di Violet e i capelli di Constance
La prima stagione di American Horror Story è a mio parere davvero molto bella, e a dire la verità l’ultima puntata può sembrare inferiore rispetto alle precedenti… In pratica tutto si risolve con un “e vissero felici e contenti” per i tre Harmon, che vivono serenamente da fantasmi nella casa stregata (in compagnia degli altri spettri, i quali continuano a seguire ognuno la propria ossessione); Tate rimane con il cuore spezzato a guardare Violet che prepara l’albero di Natale insieme ai suoi genitori, e Moira può finalmente essere se stessa, far parte di una famiglia senza sentirsi un oggetto sessuale.
Poco più in là, Constance cresce il nipotino trattandolo come una specie di miracolo (cosa che è, in un modo un po’ blasfemo…). La presenza del bambino la rende così raggiante che decide di concedersi un nuovo taglio di capelli: attraverso lo specchio sorride alla parrucchiera, bionda e bella più di una ventenne.
Un finale fuori luogo per un telefilm dell’orrore, vero? Apparentemente, ma in realtà tutto ciò nasconde una perversione immensa.
Tanto per cominciare, il fatto che gli Harmon riescano ad andare d’accordo soltanto dopo essersi emotivamente distrutti a vicenda ed essere morti è piuttosto inquietante: come abbiamo sottolineato in un precedente articolo, Violet abbandona Tate perchè non accetta la sua follia e non può perdonargli alcune mancanze effettivamente gravi, tipo l’essere andato a letto con Vivien… E questo è comprensibile, però la ragazza non si rende conto che i genitori con cui decide invece di trascorrere l’eternità non sono poi così migliori dell’ex fidanzato, e a essere sinceri non lo è neppure lei.
Gli spettri di American Horror Story sono tutti in qualche modo pazzi o malvagi, infatti la Murder House non fa che contenere e amplificare le deviazioni mentali che essi avevano in vita: la felicità di Violet è un’illusione, dato che lei e i genitori sono in grado di stare bene insieme solo quando non possono più farsi del male, ovvero dopo la morte.
D’altro canto anche la gioia dei vivi, di Constance per esempio, è sinistra… Tornata dal parrucchiere ella scopre che l’amato nipote ha già cominciato a manifestare i propri poteri maligni uccidendo la baby-sitter, e nonostante questo l’espressione con cui gli si rivolge non perde nè l’affetto nè la bellezza: quindi ha sempre saputo che prima o poi sarebbe finita così, e non le importa assolutamente nulla; ciò che desidera è solo continuare a essere la madre adottiva del bambino, realizzando se stessa attraverso di lui.
Insomma, non si tratta affatto di una conclusione dolce e fiabesca… Anzi, è abbastanza scioccante.
Pertanto il voto del finale di Murder House è 7,5!