Season 2 (Asylum):
l’istinto materno di
Lana Winters
L’ultimo episodio di Asylum è assai più complesso rispetto a quello della prima stagione: vi troviamo diversi flashback che ci rivelano eventi estremamente importanti, quali il destino di Jude fuori dal manicomio o la natura particolare dei figli nati da Kit e dalle sue donne grazie all’intervento di creature aliene.
Questi fatti vengono spiegati con tranquillità, quasi fossero dettagli di modesto interesse anzichè parti fondamentali della trama… Però non si tratta di un errore di esposizione, bensì di una scelta accorta che vuole mostrare allo spettatore il potere del tempo: gli avvenimenti raccontati sono accaduti a distanza di molti anni l’uno dall’altro, e ormai non sono che ricordi nella memoria della narratrice (la nostra Lana Winters, che parla della propria vita durante una lunga intervista); il tempo ha il potere di rendere tutto più insipido, meno sconvolgente.
Persino quando in tale passato è racchiuso il senso dell’intera stagione, ovvero il motivo per cui gli alieni hanno scelto di manipolare la nascita dei figli di Kit: i due ragazzini sono infatti esseri speciali, sensibili, intelligenti e dotati di poteri sovrannaturali che potrebbero, se l’umanità sarà fortunata, dare inizio a una specie più evoluta.
Ciò che è invece dipinto a tinte forti, ciò che è pressante, è come sempre il presente: Lana non sa che Johnny è nascosto in casa sua e attende solo che i giornalisti se ne vadano per uccidere la donna che quarant’anni prima lo abbandonò… L’ansia del pubblico riguardo le sorti di Lana cresce istante dopo istante, fino al momento in cui inaspettatamente è lei, la madre, a sparare al figlio indesiderato prima che sia lui ad assassinarla.
Se il finale di Murder House era psicologico, relativamente povero di eventi concreti, Asylum si conclude in modo più tradizionale e movimentato, consono a una vera american horror story.
Preferire l’uno o l’altro dipende dai gusti personali, ma di certo non possiamo ignorare l’aspetto che essi hanno in comune, in questo caso veicolato dall’attore Dylan McDermott: nella prima stagione egli interpreta Ben Harmon, uno psichiatra idiota e libidinoso che non capisce nulla di ciò che sta accadendo finchè non sono la moglie e la figlia morte a spiegarglielo; nella seconda invece è Johnny, un pazzo altrettanto imbecille la cui più grande aspirazione è emulare la vita criminosa di un padre che non ha mai conosciuto… Solo che mentre Ben riceve un premio immeritato nel finto lieto fine del quale abbiamo parlato, Johnny viene ucciso a sangue freddo da sua madre.
Sarà forse una coincidenza, ma pare che anche in storie differenti e attraverso identità diverse i nodi vengano sempre al pettine.
Comunque, a prescindere dal significato profondo del finale di Murder House, dobbiamo riconoscere che a livello di trama e rappresentazione quello di Asylum è un po’ più convincente… Quindi gli daremo un bel 9, assolutamente guadagnato!