Dio benedica Louisa che ha deciso di mollare l’ormai non più piccolo Brady ad Amsterdam, causando il ritorno di Miranda in quel di New York: ecco cosa ho pensato dopo aver visto il finale della terza puntata di And Just Like That la scorsa settimana. Ma quando ho messo in play l’episodio 02×04, diffuso in Italia su Now e Sky da venerdì 7 luglio, ho capito subito che no, neanche la mia adorata Miranda Hobbes sarebbe riuscita a fare il miracolo di portare la serie, se non ai livelli di Sex and the City, almeno sul giusto binario. Eh già, siamo ancora in quel limbo nel quale la serie è caduta praticamente con il primo episodio della prima stagione, in quello spazio di nulla seriale nel quale crollano tutti i prodotti che guardiamo non perché ci interessino davvero, ma perché speriamo possano cominciare a darci qualcosa in più. E questo, signori miei ve lo dico già, a mio parere non è ancora successo. Ma prima dei giudizi – che come forse avrete già capito non saranno poi così positivi – facciamo il giro lungo e capiamo cosa è successo nell’episodio appena uscito.
La trama dell’episodio
Come sempre partiamo da Carrie, perché in una serie come And Just Like That – ma anche come il suo adorato prequel – non si può cominciare da qualcuno che non sia Carrie Bradshaw. Anche se in realtà, va detto, questa settimana la sua trama è la meno avvincente delle tre principali. Conclusa l’esperienza podcast a suon di mancati spot sui prodotti vaginali, la protagonista indiscussa della serie è alle prese con l’uscita del libro che tratta la morte di Big, con la sua vecchia caporedattrice a Vogue e con la possibilità di lavorare in una rivista per donne anziane. Il fatto che la sua beniamina poi volesse da lei un contributo più economico che artistico è abbastanza irrilevante, fatto sta che la situazione fa sentire la over 50 Carrie ben più vecchia di quanto sia, cosa che le causa un po’ di crisi di accettazione del tempo che passa.
L’invecchiamento non è invece il topic d’eccellenza quando parliamo di Charlotte, che dopo aver mandato Lily e Rock al campo estivo può godersi finalmente la tanto agognata libertà insieme ad Harry. E proprio in relazione al godimento si apre la sua prima dinamica, con il tentativo di risolvere un piccolo problema di eiaculazione di suo marito. Rivedere Charlotte, Miranda e Carrie sedute di nuovo insieme – stavolta non con Samantha ma con Anthony, meglio di niente – a parlare delle problematiche sessuali di una di loro sembra quasi un piccolo ritorno al glorioso passato. Sembra, appunto, perché qualcosa manca ancora. A prescindere dal sesso e dalla vita di quella che è la coppia meglio assortita della serie, Charlotte si ritrova anche per la prima volta dopo tanto tempo a riflettere sull’ipotesi di tornare a lavorare nel mondo dell’arte, in quell’ambiente nel quale l’abbiamo conosciuta in Sex and the City e in cui si trovava così tanto a suo agio. Qualcosa mi dice che l’attuale no dato alla richiesta di collaborazione ricevuta durante la spiacevolissima festa per l’anniversario di Lisa ed Herbert (dopo due stagioni fatico ancora a ricordare i loro nomi, il che la dice lunga) potrebbe essere ritrattato in futuro.
E veniamo infine a Miranda che, ormai stabilitasi sul divano della casa che condivideva con Steve, sembra non riuscire a uscire ancora dal guscio. Le sue vicende sono senza dubbio le più interessanti, anche se lei non è proprio quella che siamo stati abituati a conoscere. La terapia familiare intrapresa per aiutare Brady a superare la rottura con Louisa (addirittura c’è bisogno di terapia familiare quando due diciottenni si lasciano?!) prende una strada diversa nel momento in cui proprio Brady mette i genitori davanti alla verità sul loro rapporto. Una verità che Miranda non sembra del tutto pronta ad affrontare, considerando il senso di colpa per aver messo fine al suo matrimonio. Ma per una relazione finita ce n’è una che va avanti: parlo di quella con Che, tra i personaggi più difficili da comprendere che questa serie abbia mai visto. A volte egoista e altre volte amorevole, Che torna a New York con l’accompagnamento del suo ex marito e propone a Miranda di fare una cosa a tre, con un iniziale benestare ma risultati finali a dir poco deludenti. E tuttora non si capisce quanto in questa relazione Miranda stia davvero bene e quanto invece si faccia andare bene le cose che vuole Che. Per adesso diamo a questa coppia il beneficio del dubbio e lasciamo i giudizi cattivelli ai prossimi episodi.
And Just Like That proprio non riesce a carburare
Ora che abbiamo raccontato come stanno le vite delle nostre protagoniste possiamo tornare da dove siamo partiti, vale a dire alla critica di una serie che è un po’ come quelle storie d’amore ormai palesemente giunte al capolinea ma alle quali non riusciamo a mettere un punto. Sappiamo che insieme siamo stati bene, viviamo nel ricordo dei bei vecchi tempi andati, ma quando si tratta di presente e futuro ci annoiamo e rattristiamo all’idea che le cose ormai stiano così e non possano cambiare. E se né le storyline principali né quelle dei personaggi secondari della serie – ripeto, il fatto di non ricordare i loro nomi e di non sentirne la mancanza quando non ci sono non è assolutamente un buon segnale – riescono a ridarci quel brio dei primi periodi, io davvero non so di quale colpo di scena abbia bisogno questa serie per risvegliare le antiche gioie. Non ci è riuscito nemmeno Steve, che per grazia divina in questo episodio è riuscito ad avere un suo spazio, seppure davvero minimo.
È vero: un breve, brevissimo momento di felicità derivato da quel pranzo tutte insieme c’è stato, e mi ha riportato dritta al 2003. Ma è vero anche che si è scontrato in tempi troppo brevi con tutta una serie di dubbi che questa serie proprio non riesce a togliersi di dosso. Primo fra tutti: cosa c’è davvero che non va? È una questione di chimica, dell’assortimento perfetto tra i personaggi che solo con Samantha si riusciva a realizzare davvero? È lo stile patinato con il quale la narrazione viene portata avanti? O semplicemente non si è preso in giusta considerazione il tempo che è passato? Il fatto è che a quel tavolo mi è sembrato più di vedere tre ragazzine alle prese con i primi discorsi sul sesso che le tre protagoniste di una serie che alla fine degli anni Novanta ha rivoluzionato il modo in cui si parla dell’argomento in tv. Questa sensazione di avere a che fare con tre donne adulte che sembrano delle adolescenti c’è, un po’ come nel finale della terza puntata con Carrie e Seema pronte a flirtare con un gruppo di (molto più giovani) atleti e a prendersi il Covid. Insomma, forse è davvero semplicemente una questione di età, nel senso che sembra quasi che gli autori stiano dimenticando quella dei loro personaggi. E questo dispiace tanto, soprattutto in onore di tutto ciò che è stato.
Sembra quasi paradossale che Carrie lotti con la paura di invecchiare quando quello che noi spettatori ci troviamo davanti sembra quasi uno show adolescenziale. E dunque anche questa puntata si conclude con un po’ di amaro in bocca: ancora non ci siamo. Ma per quanto io continui a fare la critica non so chi voglio prendere in giro, lo sappiamo tutti che la settimana prossima sarò di nuovo lì pronta per il prossimo episodio. Sperando arrivi presto il momento di Samantha Jones.