And Just Like That, mi sembra di essere sulle montagne russe. Ogni episodio è una storia a sè stante, come aggiungere ogni volta un piccolo pezzo del puzzle che da solo ha un suo senso ma che nel complesso ci lascia un po’ confusi.
Quello che sto imparando dalla visione del revival di Sex and The City è sicuramente il fatto che non ci sia un’età specifica per capire chi siamo o come gira la vita.
Quest’ultima assomiglia a una partita a Monopoly, in cui non sai mai cosa ti capita a tiro quando peschi la carta degli imprevisti. Ormai abbiamo capito chiaramente che il tema centrale su cui gli autori hanno voluto prestare attenzione è la tematica LGBTQ+, e in particolare la spinosa questione del genere non binario. Ovviamente è una scelta che ha senso, perchè sono tantissime le persone che ancora oggi stentano a comprendere come una persona possa trovarsi in difficoltà nell’identificarsi con un genere specifico. Il fine di sradicare una volta per sempre la mentalità del “o sei maschio o sei femmina” è un fine lodevole, ma non sono pienamente convinta in merito al modo in cui si tenta di fare ciò.
And Just Like That scardina la tematica in questione grazie a tre personaggi in particolare: Rock, Che e Miranda.
Rock in verità rileva solo in via indiretta, puntando più che altro a far emergere il punto di vista e le difficoltà dei genitori che non sanno in che modo muoversi e come affrontare al meglio la situazione. A tal proposito è doverosa anche una nota di demerito verso chiunque si occupi dei sottotitoli in italiano, che vanificano totalmente tutti gli sforzi degli autori sbagliando continuamente pronome in ogni discussione che riguarda Rock. Elemento che rafforza ulteriormente la necessità di prodotti di questo tipo per una sempre maggiore sensibilizzazione e scolarizzazione della popolazione al rispetto reciproco.
Dall’altro lato abbiamo Che e Miranda, che continuano il loro perdurante flirt e vanno anche ben oltre. Ormai non è un mistero che Miranda, puntata dopo puntata (qui le nostre precedenti recensioni), rafforzi sempre di più il suo ruolo di miglior personaggio di And Just Like That. La sua vita è un caos totale mascherato da quiete. A volte non è una questione di età, ma una questione di mentalità. Non importa l’essere adolescenti, giovani, di mezza età o anziani, a tutti prima o poi capita di sentirsi incastrati nella propria vita come in un vicolo cieco.
Quante volte vorremmo solo chiudere una valigia e scappare lontano da tutto e da tutti e ricominciare ogni cosa dal principio. Siamo tutti come Miranda, intenti a sprofondare nella palude della nostra vita cercando di dimenarci ma finendo sempre più a fondo nella melma. Ci sentiamo impotenti e cerchiamo un qualche rifugio segreto che ci aiuti a nasconderci dalla realtà che detestiamo. Agli occhi di molti il suo personaggio potrebbe sembrare snaturato, ma pensandoci bene non ritengo sia così.
La vita non è una linea retta che prosegue lineare e coerente rispetto alle nostre scelte. Non siamo ciò che eravamo ieri e non saremo ciò che siamo oggi, e questo, per quanto spaventoso possa sembrare, è uno degli aspetti più elettrizzanti della vita. La libertà di essere fluidi nella mente e nel corpo è un dono meraviglioso che dovrebbe invitarci a continuare l’avventura della nostra esistenza giorno dopo giorno, anche quando le cose non sembrano affatto andare per il verso giusto. Solo in questo modo saremo in grado di cogliere l’esperienza del nuovo e gettare via ciò che ci fa del male con lo stesso coraggio con cui Miranda rovescia nel lavello tutte le sue bottiglie di alcolici.
In questo contesto una nota negativa in And Just Like That risulta essere proprio il personaggio di Che.
Non che si tratti di un personaggio in sè negativo, ma in ogni puntata aspettiamo che esploda, che emerga dal velo del piattume e assuma un po’ di carattere proprio. Le potenzialità ci sono tutte, ma è come se gli autori avessero timore di approfondire il personaggio e, così facendo, appare solo come una pedina al servizio del politicamente corretto, strumentale al far emergere le tematiche appena descritte e a trascinare Miranda nel turbinio della passione. Che sicuramente non merita questo, e limitarsi alla superficialità in questo caso è un’occasione sprecata.
A margine di tutto ciò, come sempre, c’è Carrie. Senza dubbio la delusione più grande di And Just Like That. Tutto capita quasi per caso: le muore un marito, vende la casa, si sottopone a un’operazione, fa fisioterapia e poi finalmente torna sui suoi tacchi alti (che dobbiamo dirlo, sono spettacolari). Tutto sembra lasciato lì quasi per sbaglio, senza struttura che regga. È come un continuo voler girare pagina ma continuando a fare l’occhiolino al passato. No, questa Carrie non ci convince anche e soprattutto perché la nostra Carrie ha smesso di scrivere. Il podcast è certamente meraviglioso, nonchè un magnifico espediente per dare quel tocco di modernità. Ma una scrittrice è sempre una scrittrice e nella solitudine del dolore ogni scrittrice ha sempre e solo la sua penna a farle compagnia. Quindi, a questo punto, chi si chiede se Miranda sia stata o meno snaturata probabilmente ha sbagliato il soggetto della frase, o noi non avevamo capito assolutamente nulla di ciò che Sex and The City era ed è ancora.