Cosa saresti disposto a fare per salvare chi ami?
La domanda è quella che tutti noi ci poniamo nel momento in cui iniziamo a provare un sentimento fortissimo, di qualsiasi tipo, verso qualcuno. Chiunque almeno una volta nella vita si è soffermato a pensare su cosa fare nella probabile ipotesi in cui qualcuno di amato corra un pericolo. Quante volte un essere umano nella propria vita contorce la propria mente e altera la propria realtà per pensare a “cosa fare”? Tante, tantissime, forse troppe. Talmente tante che spesso ci si arrende all’inflessibilità del tempo e dello spazio, cosa che ci rende inermi, inutili, privi di potere davanti a ciò che accade e ciò che è. Perché nulla, neanche il più grande cataclisma naturale o la forza di un dio può piegare, scalfire, o fermare per un millesimo di secondo il tempo, una delle pochissime cose che non può essere in nessun modo sottomessa. Siamo tutti schiavi e prigionieri di esso, l’unico vero giudice con l’autorità di emanare qualsiasi sentenza. Steins;Gate però è la storia di un uomo che è riuscito a trovare una crepa nell’inscalfibile muro che protegge la concezione di tempo come noi lo intendiamo.
Il racconto andata e ritorno di un viaggio ciclico e ripetuto nell’arco di un’ora per farsi beffe del più grande tiranno e carnefice di qualsiasi essere mortale.
Rintarō Okabe ci mette davanti a un uomo in grado di rispondere alle domande poc’anzi esposte dimostrandoci che l’ostinazione ad amare può in qualche modo scavalcare qualsiasi temibile barriera: una metafora piuttosto abusata in contesti narrativi, letterari e cinematografici ma che qui viene spinta un po’ più in là regalandoci una rappresentazione ipotetica ma comunque fantasiosa di essa.
In Steins;Gate il tempo è caratterizzato da una minuscola sfumatura di malleabilità che non lo rende tuttavia soggiogabile. Le regole sono sempre inflessibili, infrangibili e imperdonabili ma vi è un piccolo spiraglio per “circuirlo”.
Rintarō trova accidentalmente il modo per effettuare una sorta di viaggio nel tempo attraverso una sottospecie di risveglio in quella che potremmo quasi definire come una versione alternativa di se stesso. L’imponente scoperta si scontra però con tutta una sequela di possibili ritorsioni ed effetti collaterali che metterebbero i brividi anche allo scienziato più visionario e bramoso; ed è qui che la fantascienza e l’irrealtà si scontrano con una delle cose più reali e al contempo misteriose che esistano: l’amore. Neanche chi è in grado di spaccare il tempo può rispondere a tutti gli interrogativi legati al sentimento più intricato e spigoloso della psiche umana.
Solo l’amore può spingere un uomo a eludere persino le fondamenta della realtà spaccando il confine che separa scienza e mistero.
Kyōma Hōōin balza avanti e indietro un’ora per volta pur di salvare Mayuri da una morte che sembra inesorabile e inevitabile. Steins;Gate è dunque una partita a scacchi inusuale in cui il contendente che perde può rimandare lo scacco matto di un turno a patto però di ripercorrere sempre la stessa strada. Non può dunque riassemblare tutte le sue pedine per organizzare una nuova strategia, può soltanto affrontare sempre lo stesso destino deviando di poco il suo percorso, giusto una casella, per perire sempre di fronte al medesimo destino.
Vincere questa partita diventa dunque una sfida impossibile in cui bisogna sacrificarsi migliaia di volte, in cui bisogna assistere migliaia di volte alla morte della propria regina, in cui bisogna per mille volte ancora bagnarsi le mani col sangue di chi stai cercando di proteggere. Ciò che è reale diventa ambiguo e disconnesso quando la tua esistenza stessa si chiude in un circolo infinito di effetto e reazione effimero che porta sempre allo stesso risultato. Rintarō baratta la sua umanità accettando di sacrificare Mayuri un numero imprecisato di volte per avvicinarsi un millimetro alla volta alla vittoria contro un nemico per natura imbattibile.
Passa tutto in secondo piano. Tutte le cospirazioni, le profezie apocalittiche, le violenze, i tradimenti, le vite altrui, diventano una virgola dinanzi al viaggio di un uomo e alla sua sciocca lotta per soverchiare l’ordine naturale delle cose.
Mayuri muore e muore nuovamente in un ciclo infinito di dolore. La sua morte è il pretesto meschino richiesto dal tempo a colui che prova a infrangere il suo volere.
Nel mosaico di intrecci complessi che è Steins;Gate la linea orizzontale che lega tutto è la rappresentazione della volontà di sconfiggere quella paura insita nella nostra profonda coscienza che accomuna tutti gli esseri senzienti. Chiunque esiste passa la vita a costruire il suo piccolo mondo dove includere tutte quelle persone che possano dare senso e importanza a ogni istante pur sapendo che prima o poi nessuno potrà opporsi a un’inevitabile addio. Diventa dunque lecito riproporre la domanda posta in apertura.
Cosa saresti disposto a fare per salvare chi ami?
Siamo impotenti dinanzi al destino che ci attende ma Steins;Gate ci mette davanti a una storia dove persino la morte deve rimandare la sua ineluttabile vittoria, illustrandoci però l’orrendo prezzo da pagare. Siamo disposti a soffrire miliardi di volte lo stesso trauma? Siamo disposti a perderci in un labirinto dove ogni volta che sbagliamo strada il nostro cuore si spezza? Non è più facile arrendersi a ciò che non si può fermare?