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Anna è una favola amara

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Attenzione: l’articolo contiene spoiler sul finale della prima stagione di Anna.

Nicolò Ammaniti – nel 2015 – pubblica un romanzo dal titolo Anna, una storia intensa e profondamente drammatica destinato a diventare una delle serie televisive Sky – e non solo – più promettenti di questo 2021 ma – soprattutto – spaventosamente simile alla situazione pandemica vissuta oggi da tutto il mondo. Anna, con la sua protagonista Giulia Dragotto, è qualcosa di straordinariamente singolare nel panorama seriale italiano. Un esperimento realizzato con coraggio e originalità capace di farci rimettere in discussione le qualità delle produzione italiane, spesso considerate non all’altezza dei prodotti internazionali. Ammaniti si riconferma – dopo Il Miracolo – un regista di grande pregio e spiccata singolarità. La cura dimostrata nella scelta delle ambientazioni, la perfetta ricostruzione del degrado di un mondo abbandonato e sull’orlo del collasso ci portano a parlare di un’ “estetica del brutto”, dove anche l’imbruttimento dei paesaggi urbani conserva qualcosa di poetico e trascendentale. La fotografia così crea uno scenario post apocalittico non banale ma narrativamente funzionale a calarci nel pieno del racconto.

Siamo in una Sicilia atemporale, fuori dal mondo, quasi fosse un lembo di terra abbandonata che ha tagliato ogni legame col resto. La devastazione ha penetrato ogni piccolo scorcio di territorio e ovunque la macchina da presa indaghi, quello che ci restituisce è distruzione, orrore e morte. La Rossa è l’emblema di una inevitabile fine: un’umanità condannata all’estinzione. Gli adulti non hanno scampo, i bambini possono godersi la loro infanzia, affacciarsi all’adolescenza e poi seguire il tragico destino dei loro genitori.

Anna è la nostra porta d’accesso a questa realtà, è attraverso i suoi occhi che riusciamo a penetrare nel vivo della sua storia e della sua Terra.

La sua più grande responsabilità è prendersi cura di Astor, suo fratello, e per questo rischia ogni giorno la vita per procurare ad entrambi il necessario per sopravvivere. Il rapporto tra Anna e Astor è uno dei punti fermi di tutto il racconto. Anna inizia il suo viaggio, un lungo e doloroso cammino per riportarlo a casa. È il legame fraterno più profondo di qualsiasi altro a innescare l’affannata ricerca per mettersi al riparo da tutto. Fuori dal bosco che li ha sempre isolati dal resto, il mondo è spaventosamente crudele e irrimediabilmente devastato. I bambini vivono senza regole, sono in preda a un’incontrollata e feroce anarchia. Ammaniti non ci risparmia la loro cattiveria, la parte peggiore del loro animo, quella più selvaggia e indomabile. I più piccoli smettono di essere l’esempio della bontà, l’incarnazione della parte migliore dell’umanità. Diventano, anzi, la testimonianza di una società estinta di cui hanno conservato le qualità più arcaiche, ancestrali e animalesche.

Anna

Senza freni inibitori, i bambini danno sfogo alla loro assurda smania di libertà, ogni desiderio diventa reale indipendentemente dalla sorte degli altri. Hanno imparato a dominare, a esercitare il loro illusorio potere su chiunque e sono animati da deliri di onnipotenza e velleità quasi divine. Ne è il caso più clamoroso quello di Angelica. La vediamo, sin da piccola, arrogarsi la scelta di decidere di far vivere o morire una sua coetanea e quando la vernice blu le viene gettata addosso in segno di umiliazione, in realtà, quello si trasforma nel suo rito di iniziazione. La sua brama di dominio la trasforma in una perfida e spietata “capobranco” – della tribù dei Blu – che esorcizza la desolazione della devastazione con una macabra normalizzazione della morte.

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La diffusione di questo virus è un pretesto che Ammaniti sceglie per raccontarci di una realtà spettrale e spietata. Il mondo che in realtà lo scrittore – e regista – vuole metterci davanti pullula ancora di vita, nonostante la morte sia dilagata ovunque. Gli episodi di macabro terrore ne sono comunque una manifestazione, come nel caso del Gemello che decide di tenere in ostaggio Anna, riducendola a un animale da compagnia. Tuttavia, disseminare qualche briciola di speranza qua e là per tutta la storia è sintomo della sopravvivenza di uno spiraglio di luce in un buio così pesto. Anna costruisce con Pietro – un giovane ragazzo del posto – un rapporto di fiducia reciproca che si dimostra capace di superare ogni ostacolo. Poco prima che la Rossa si porti via anche lui, tra i due nasce un dolce bacio, un sentimento puro e innocente che fa da contrasto ai toni duri e forti di tutto quanto il resto.

Anna ci insegna anche che essere diversi può essere una enorme sofferenza e – allo stesso tempo – una via di salvezza. La Picciridduna ha vissuto la sua vita prima della Rossa col timore che la sua diversità potesse essere rivelata a tutti ma ora, al contrario, la vediamo come l’unico essere umano adulto ad essere sopravvissuto al contagio. Il suo ermafroditismo la distingue da chiunque e ciò che in tutta la sua vita l’aveva costretta alla solitudine, adesso sembra averle regalato una seconda occasione per rinascere. Come se, in un mondo ridotto allo stato primitivo e antichissimo, la sua natura bisessuata potesse essere accettata senza alcuna riserva.

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Senz’altro, un ulteriore ed importante punto fermo del racconto è il Libro delle Cose importanti. Si tratta di un manoscritto della madre di Anna e Astor prima di morire per insegnare ai suoi figli – ancora molto piccoli – a cavarsela e sopravvivere anche dopo la sua morte. Questo quaderno – nell’episodio finale – finisce in mare proprio durante la traversata dello stretto di Messina che i due decidono di compiere, lasciandosi alle spalle la Sicilia, per scoprire cosa ci sia al di là del mare. Le parole che la mamma aveva scritto per loro avevano avuto lo scopo di proteggerli, di renderla presente nelle loro vita e insegnare loro tutto quello che non avrebbe avuto il tempo di fare. Anna però è pronta a lasciare che quelle pagine si dissolvano nell’acqua del mare perché ormai lei ed Astor sono sulla strada della loro rinascita. Non sanno ciò che li aspetta oltre quell’enorme distesa blu ma sono lì, insieme, e niente potrà separarli.

La protagonista ha mantenuto la promessa fatta a sua madre: proteggere suo fratello e prendersi cura di lui. Adesso si dirigono verso l’orizzonte che sembra essere un nuovo inizio. In un periodo storico come il nostro, un messaggio di speranza e di rinascita come quello di Anna sembra essere più cruciale che mai. Il racconto di Ammaniti è una favola amara, ossia un racconto il cui fine è far comprendere in modo immediato un messaggio: anche dopo l’atroce arrivo della morte, la vita trionfa sempre.

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