Nel 2017 Netflix trasmette su scala internazionale Chiamatemi Anna, Serie Tv canadese prodotta dalla Northwood Entertainment. È basata sul romanzo Anna dai capelli rossi di Lucy M. Montgomery, scritto nel lontano 1908. La storia parla di un’orfana affidata per sbaglio a due anziani fratelli, che attendevano invece l’arrivo di un giovane aiutante per la fattoria di proprietà.
L’adattamento si rivela attuale perché pensato per un pubblico diverso da quello del libro e delle precedenti trasposizioni su schermo.
Spesso idealizziamo i tempi andati: complice una maggiore esposizione alle informazioni, siamo convinti di vivere in una società più violenta che mai. In Chiamatemi Anna si parla di lavoro minorile, discriminazione sessuale e razziale, abusi e bullismo. Un background davvero disincantato dell’epoca: a detta di alcuni persino disturbante.
In realtà sono inquietanti alcuni dettagli fuori dalla narrazione: pensiamo all’uomo che prova ad adescare Anna alla stazione. Non riuscendoci, tenta la stessa trappola con bambini più piccoli e il seguito possiamo solo ipotizzarlo. Oppure alla confusa descrizione che fa l’orfana della vita matrimoniale della sua ex famiglia: dei probabili abusi sessuali a cui ha assistito non vediamo nulla.
Un altro segno di realismo lo vediamo nei suoi terribili flashback. Sono dei chiari sintomi di disturbo da stress post-traumatico e Anna li combatte attraverso la sua unica arma: l’immaginazione.
“Non so cosa farei senza. La vita sarebbe un’agonia”
Proprio questa le permette di deformare la realtà a suo piacimento e di colmare i vuoti affettivi. Nella prima puntata la ragazza si dà dei pizzicotti per distinguere la realtà dalla fantasia, talmente è immersa nel suo stesso immaginario. Spesso non capita, viene bollata come stramba e i capelli rossi non aiutano (ricordate Rosso Malpelo?).
Pian piano la giovane impara a trasmettere agli altri l’amore per le parole e per le infinite possibilità che l’immaginazione offre. Anna è irritante, chiacchierona, orgogliosa, eccessivamente emotiva ed è attraverso questi difetti che arriviamo a conoscerla nel profondo. Così ritroviamo una ragazza stimolante, comunicativa, fiera e appassionata.
Ognuno di noi ha dei lati che possono essere considerati allo stesso tempo positivi e negativi e Chiamatemi Anna insegna l’accettazione del sé.
Per un’analisi più approfondita della protagonista date un’occhiata a questo articolo.
L’attrice canadese di origini irlandesi Amybeth McNulty riesce a incarnare appieno la complessità del suo personaggio. In questo è accompagnata dall’estetica della serie, che riflette il temperamento della protagonista. La fotografia assume i toni della terra: brillanti e luminosi quando Anna è felice o s’immerge nelle sue fantasie, diventano freddi e bui nei momenti di rabbia e annichilimento.
Se non vi abbiamo convinto a seguire Chiamatemi Anna, potreste cambiare idea guardando la sigla. Si tratta di una gradevole raffigurazione della serie ricca di simboli e citazioni. I ritratti sono ad opera dell’artista Brad Kunkle, ispirato dalla natura del North Carolina. Questi sono stati poi proiettati in sequenza su modelli digitali in 3D dallo studio di produzione Imaginary Forces, lo stesso che ha creato le iconiche opening di Mad Men, Stranger Things e Jessica Jones.