Dal nostro inviato Francesco Gullo
Mentre sono a casa seduto alla mia scrivania tentando di metabolizzare quello che è successo martedì 24 Maggio a Milano, al Teatro Franco Parenti, penso a ciò che ho visto, a ciò che ho sentito. Sono stato inviato come stampa da Hall of Series alla settima edizione dei Diversity Media Awards, i premi per diversità e inclusione nei media. Dalle serie tv ai lungometraggi, arrivando ai podcast, programmi di informazione e tanto altro. Un evento fortemente voluto da Francesca Vecchioni (figlia di Roberto ndr) che dal 2013 ha iniziato il suo percorso fino a far diventare i DMA un evento atteso, ricercato, voluto, e che quest’anno è andato in onda su Rai1 in seconda serata. Un traguardo notevole per tutte quelle persone che per troppo tempo sono rimaste nell’ombra, che si sono ritrovate a fare i conti con una società e con contenuti multimediali che troppe poche volte le ha rappresentate. Grazie ai Diversity Media Awards queste persone hanno potuto brillare, hanno potuto far sentire la propria voce, il proprio nome. Ed è stato proprio questo lo slogan ufficiale della settima edizione: Just Name It. “Basta nominarlo”, basta dire il nome di queste persone, ammettere e accettare che esistono, che siamo tutti diversi e unici e che non è più il tempo del privilegio nel cinema, nelle serie tv, non è più il tempo di un’unica rappresentazione che più e più volte ha tenuto fuori persone appartenenti alla comunità LGBTQ+, persone disabili, persone che fanno parte della società, che vivono e hanno un cuore che batte come tutti gli esseri umani.
E tutto sta nell’introduzione di un Diego Passoni, che insieme alla spumeggiante Michela Giraud, e all’animo sgargiante di Myss Keta, ha condotto egregiamente questa edizione appena conclusa. Diego – aprendo l’evento – ha detto: Buonasera a tutti, a tutte e a tutt*. Un piccolo passo, piccolo ma importantissimo.
I DMA hanno premiato queste persone. Hanno dato voce a chi l’ha usata per farsi sentire, per battersi, a chi ha avuto il coraggio di stare in prima linea. Sul palco ho potuto ascoltare tante storie. Storie di rivalsa, di coraggio, storie che devono essere raccontate. Abbiamo potuto ascoltare la storia di Roman, ragazzo che durante il lockdown – un periodo che aveva messo a dura prova tutti e tutte – ha trovato la forza di fare coming out come persone trans con la sua famiglia, e lì su quel palco era con la sua mamma. La mamma che ha raccontato il percorso da lei fatto per capire che chi aveva di fronte era sempre la stessa persona che amava e che aveva messo al mondo. Abbiamo ascoltato la voce calma ed emozionata di Michele Bravi che ha raccontato di quanto fosse spesso spaventosa l’invisibilità, abbiamo ascoltato la voce di Djarah Kan, scrittrice e giornalista nera che ha spiegato in poche ed emozionanti parole perché anche la sua voce è importante, perché non si chiede rispetto, ma lo si pretende in un mondo che troppe volte ha tarpato le ali a tante persone.
La cerimonia è andata avanti con una serie di premiazioni (trovate tutte le vittorie alla fine dell’articolo). Le categorie erano tante, e i premi importanti. Da Giorgia Soleri che ha trionfato grazie al suo impegno costante e decisivo nel portare malattie da sempre poco note nella società e trascurate dalla stessa medicina, come la vulvodinia e l’endometriosi, all’attenzione del grande pubblico, tanto sui suoi canali digitali che nelle piazze di Italia. Un punto di riferimento per tante giovani donne e non solo. Fino a Zerocalcare che con la sua meravigliosa Strappare Lungo i Bordi ha trionfato. Una serie che ci parla di una generazione, quella dei Millenials, e delle sue contraddizioni; di una società spesso spietata e incurante dei singoli individui, del dover scendere a patti quando aspettative e desideri si scontrano con i bisogni della vita di tutti i giorni.
Fino ad arrivare alla serie tv statunitense Maid che si porta a casa la statuetta dei DMA come miglior serie tv straniera regalando una vittoria simbolica anche a tutte quelle donne che – come Alex – protagonista della serie, trovano il coraggio di fuggire da una relazione sbagliata, violenta e tossica, ed è anche un barlume di speranza per chi ancora non ha il coraggio di farlo e ci sta provando. Maid porta alla luce una serie di problemi legati alle violenze domestiche, e sottolinea che non bisogna sminuire la violenza verbale e psicologica rispetto a quella fisica: sono entrambe forme di abuso inaccettabile.
In poche parole i DMA sono stati colore, diversità, gioia, un arcobaleno di arte, di parole, di coraggio. I DMA esistono perché finalmente chiunque può guardare una serie tv, un film, e dire: “Mi riconosco in quel personaggio!”. Quando ciò succede, vuol dire che siamo dalla parte giusta, e i DMA lo sono stati per la settima trionfale volta.
TUTTI I VINCITORI DI DIVERSITY MEDIA AWARDS 2022:
Miglior Programma TV – Ex Aequo Drag Race Italia e Geo
Miglior Film Italiano Maschile Singolare
Miglior Serie TV Italiana Strappare lungo i bordi
Miglior Serie TV Straniera Maid
Miglior Programma Radio e Podcast New G
Creator dell’anno Giorgia Soleri
Miglior Prodotto Digitale Sio, Cos’è lo Schwa?
Miglior Serie KIDS Aventure Time – Distant Lands
Miglior Campagna pubblicitaria Idealista – Ciao papà