L’espressione coda lunga è stata coniata nel 2004 da Chris Anderson, all’epoca direttore di Wired USA, in un articolo della suddetta rivista per dare una descrizione del modello economico e commerciale utilizzato, in primis, dai due colossi Amazon e Netflix, ma applicabile a tantissime tipologie di mercato differenti. Per coda lunga si intende quella parte di prodotti distribuiti sul mercato che, a differenza di quelli in testa, hanno una portata di pubblico ridotta, per via di caratteristiche più “elitarie”, i prodotti di nicchia, per intenderci. In questo articolo proveremo ad analizzare il modo in cui le principali piattaforme, tra cui anche Disney+ e Apple TV+ stanno utilizzando sempre di più tale metodo per accontentare tutti.
Le nicchie sono davvero così sopravvalutate? Le strategie Netlix e Disney+
Netflix produce approssimativamente 6-7 titoli che chiameremo “best seller” ogni anno, contando anche qualche grossa produzione che diventa inaspettatamente (e anche qua andrebbero usate le virgolette) mainstream, contemporaneamente però, alimenta costantemente il bacino delle produzioni di nicchia, con particolare enfasi su miniserie, biopic e sperimentazioni più o meno esotiche. La strategia di Netflix è sempre stata quella di espandersi il più possibile e con ogni mezzo possibile in tutto il globo, cercando di accaparrarsi il pubblico mainstream con colpi da novanta del calibro di Stringer Things, La casa di carta, Narcos e chi più ne ha più ne metta. Ma a un mercato sempre più esigente bisogna rispondere con altrettanti colpi ben assestati, suddividendo per genere e mantenendo costante la produzione per ognuno di essi. Basti pensare al filone del k-drama, che se da una parte propone titoli colossali come Squid Game, d’altro canto accontenta anche i più appassionati con Sweet Home e compagnia bella. Poi ci sono quei mercati che sono pane per i denti delle nicchie, come quello nordico, totalmente a servizio degli amanti del genere noir nordico e del giallo. E’ interessante anche il risultato ottenuto dalla serie su Jeffrey Dahmer, che di mainstream ha più che altro il tono scandalistico, quello che genera discussione attorno al prodotto, ma che ha ottenuto un successo (forse) insperato grazie alle firme prestigiose di cui gode e al confezionamento di altissima qualità.
E poi c’è Disney+, che nel momento in cui viene al mondo dispone già di una library letteralmente colossale (per la rubrica: quelli nati con la camicia), e che decide di puntare sia sull’enorme proliferazione nei vari mercati nazionali (si Boris, stiamo parlando proprio di te), sia su quella che ci piace definire la più grande nicchia del mondo, ovvero quella dei fan della Marvel. Titoli come WandaVision, Moonknight e la più recente She Hulk, per intenderci, fanno capire come Disney punti davvero tanto sul mantenimento e la fidelizzazione del proprio pubblico, che è tutt’altro che ristretto, visti i numeri da capogiro del MCU, ma che fa pur sempre parte di una nicchia di fan che non si perdono nemmeno uno dei titoli disponibili sul mercato. E lo stesso discorso si potrebbe fare con l’universo di Star Wars, altro fiore all’occhiello del colosso streaming. Potremmo dire, per scendere a compromessi, che Disney+ sia riuscita a basare la sua strategia su un vero e proprio tentativo di espansione delle nicchie, rendendole in questi casi delle platee molto vaste e rumorose.
Prime Video e Apple TV+: la ricerca della raffinatezza
Amazon ha studiato da Netflix ma ha cambiato le regole del gioco. Prime Video ha puntato fin da subito sulla possibilità di creare un’alternativa credibile al mainstream, con una produzione originale sofisticata, talvolta contenete grossi nomi e firme, ma sempre molto sperimentale e spregiudicata. Già basterebbe considerare il fatto che Prime goda di un rapporto decisamente più coeso con l’industria cinematografica di spicco, ed infatti anche in quel senso le produzioni hanno portato a ottimi risultati, quanto meno di critica. Ma anche in ambito seriale la strategia è ben delineata: rendere il prodotto sinonimo di qualità. Eppure, in questo caso, bisogna considerare che in Italia Amazon ha dovuto ricorrere a diversi mezzi per fare breccia nel cuore del pubblico, prestando parecchia attenzione al mondo dell’intrattenimento e proponendo titoli originali e non che non si discostano troppo dalla tradizione televisiva italiana, come per esempio LoL e Dinner Club. Ma più in generale, il colosso americano ha sempre investito tantissimo sulla propria produzione originale di contenuti, alternando rumorosi colossal a raffinati e ricercati prodotti che, tuttavia, nello sconfinato catalogo delle piattaforme, non sempre trovano la fortuna che meritano.
Un altro esempio interessante è quello di Apple TV+, che adotta un metodo decisamente unico, proponendo esclusivamente contenuti definibili di nicchia, di grande qualità e con grandi nomi tra attoroni di Hollywood e grandi firme, che possono approfittare dello scarso impegno in termini di tempistiche, per la realizzazione dei prodotti. Apple TV+ ha un abbonamento decisamente basso rispetto al mercato, questo perché l’obiettivo è quello di fidelizzare il suo già vastissimo pubblico, “regalandogli” una possibilità in più, appunto un plus, destinata a chi possiede un dispositivo Apple. E questa strategia incontra il favore degli appassionati, che possono godere di una miriade di prodotti di eccelsa qualità, difficilmente progetti a lungo termine (il che per molti è soltanto un bene), ma comunque altamente godibili e spesso davvero sorprendenti, basti pensare al successo di critica ottenuto da Ted Lasso e Scissione. Insomma, tra i tanti colossi che si menano a suon di successi con numeri da capogiro, la Svizzera delle piattaforme è proprio Apple TV+, che si gode la sua pace solitaria in compagnia dei suoi fedelissimi, che più fidelizzati non si può.