Se sei debole di cuore o ti impressioni facilmente non guardare Ares.
Questa è una delle tante frasi circolate sul web poco dopo l’arrivo di Ares, la serie tv olandese uscita nel 2020 su Netflix. Una presentazione niente male, aiutata da un trailer che incuriosisce il pubblico amante del mistero e turba chi invece non ama molto le atmosfere buie e ciò che possono nascondere, ma che comunque in qualche modo ne viene attirato. Ed è su questo che gioca lo show di Pieter Kuijpers, Iris Otten e Sander van Meurs: il mistero.
Un palazzo antico che immerge il visitatore in un’atmosfera arcana, sostenuta da colonne bianche e pavimenti in marmo, pareti che circondano qualcosa di pericoloso e invisibile, ma che riesce a far sentire la sua pesante presenza. Questa è la casa di Ares, la confraternita d’élite a cui la protagonista, Rosa Steenwijk, vuole unirsi.
Ares: una storia raccontata dai lunghi silenzi
Rosa è una studentessa di medicina, caratterizzata da una grande forza di volontà che la spinge a impegnarsi il doppio dei suoi compagni di corso nel perseguimento dei propri obiettivi, convinta di dover faticare di più rispetto ad altri a causa della propria condizione sociale e familiare che non è delle migliori. Infatti ci viene subito mostrato l’ambiente pesante in cui vive la ragazza, con una madre malata e un padre completamente risucchiato dal proprio lavoro in ospedale. Riusciamo subito a percepire il suo forte desiderio di evadere da una realtà che la soffoca e ciò non ci viene palesato tramite parole bensì attraverso i suoi lunghi silenzi accompagnati da un’atmosfera tesa e pressante che è il leitmotiv della serie.
Ed è proprio tramite una serie di sguardi e enigmatici silenzi che la nostra protagonista entra in contatto con parte della confraternita per la prima volta. Durante una cena con il suo migliore amico, Jacob Wessels, Rosa si rende conto di essere osservata da un gruppo di ragazzi seduti a un tavolino poco distante e il suo amico sembra molto turbato. Al contrario lei rimane subito affascinata dal loro modo di porsi e sopratutto dagli abiti eleganti che indossano. Di lì a poco scoprirà che sono membri di Ares, la confraternita, di cui lo stesso Jacob fa parte. La narrazione è affidata a sorrisi enigmatici, allusioni e poche, criptiche, parole. Una scelta di regia interessante, ma che alle lunghe può stancare e perciò trasformarsi in un punto debole che ne ha frenato la piena comprensione da parte del pubblico.
Per questo Ares diventa un involucro ben rifinito che contiene alcune pecche
Senza alcun dubbio è una serie tv che colpisce tramite l’immagine. Una location curata che trasporta in una dimensione straniante, i costumi (che sono un po’ un mix tra la pomposità barocca tipica del ‘700 e quelle maschere che ricordano il teatro greco e romano) non lasciano indifferente quella parte di pubblico attento all’estetica. Il continuo rimando al blu, un colore che è un po’ il simbolo dell’equilibrio e della calma, fa da rivestimento e unisce l’essere umano al luogo di appartenenza. Non a caso infatti, oltre a essere il colore dominante del palazzo della confraternita, gli stessi membri vestono quasi esclusivamente di blu. Quindi sul lato visivo questo show si merita senz’altro una lode.
Il problema di fondo è che tutte queste rifiniture poggiano su basi poco solide che rendono Ares un castello di sabbia, bellissimo all’esterno ma dalla struttura fragile.
Uno dei motivi più evidenti è la scelta di una narrazione un po’ confusa: senza un background solido è veramente difficile capire il significato delle cose. Che cosa è veramente Ares? Questa è la domanda più importante e che risuona nella mente dello spettatore fino alla fine.
In un primo momento ho pensato che fosse una setta di fanatici dalle strane abitudini (sacrifici e cose del genere) e ammetto anche di aver rivisto molto di Eyes Wide Shut, il ché mi è parsa un’ottima scelta. Andando avanti si intuisce che c’è qualcuno, o meglio, qualcosa che guida le loro azioni, una creatura malevola con cui forse hanno fatto un accordo in cambio di fama e successo garantito, che poi sarebbe una trama già vista e rivista. Ma anche in questo caso non ci ho pienamente azzeccato. C’è invece un pozzo (“il Beal“) in cui tutti i membri della congrega riversano i loro sensi di colpa, liberandosene attraverso una specie di bile nera che va ad alimentare questa conca apparentemente senza fondo. Ma qual è il vero significato di questo elemento metaforico non lo si capisce bene sino in fondo e una causa determinante è la breve durata di ciascun episodio (che va dai trenta ai trentacinque minuti, al massimo)
Tutto questo porta a un finale confuso.
Affidare agli ultimi episodi la spiegazione del sgnificato di un’intera stagione è veramente un’impresa ardua. Già altre serie tv ci hanno provato e il risultato è stato spesso fallimentare. Purtroppo Ares non esce indenne da questa scelta che ha fatto calare l’entusiasmo di chi la seguiva. Per ben sette episodi lo show ha generato molteplici domande, senza mai dare una vera e propria risposta. Personaggi, situazioni, azioni confuse che si andavano a incastrare l’una nell’altra generando molta confusione.
Nell’ultimo episodio, dopo una serie di azioni e atteggiamenti contraddittori, vediamo Rosa rinunciare alla sua parte “buona” per concedersi definitivamente alla congrega, (e se proprio vogliamo dirlo il fatto che la protagonista sia la prescelta è un enorme cliché). Come ultima prova la protagonista deve uccidere Jacob, il suo migliore amico. Il ragazzo tra l’altro ha uno strano dono: è in grado di mettere di fronte ai propri errori i membri di Ares; per questo è un peccato che il personaggio sia così poco approfondito.
Una volta commesso il terribile atto, Rosa è pronta a diventare presidentessa e decide di voler vedere Beal. A questo punto le viene spiegato che il Beal è una specie di contenitore dei segreti sporchi e orribili dei potenti membri di Ares, i quali in qualche modo tirano le fila del mondo, piu che altro questo lo si legge tra le righe. Poco prima della fine la ragazza si getta nel pozzo e rinasce, completamente ricoperta dalla bile nera contenuta nel pozzo. Da qui parte una escalation di suicidi da parte dei membri che al suo solo sguardo sembrano desiderare la morte, una sequenza finale ad hoc per gli amanti dello splatter ma che, sinceramente, lascia ancora più confusi (qui un articolo interessante per gli appassionati).
Se dovessimo dire che Ares è un totale fallimento cadremmo in errore, perché è un prodotto nuovo e comunque riesce nell’obiettivo prefissato all’inizio, spaventare o quantomeno creare ansia in chi lo guarda. Purtroppo però non possiamo dire che sia lo show dell’anno anche perché, per affermare ciò, quantomeno avremmo dovuto comprenderlo a pieno. A proposito di questo, sul web sono circolate un sacco di teorie su cosa rappresenti realmente il Beal e di conseguenza Rosa, dopo la sua rinascita. Che sia veramente Ares, il Dio della guerra?